Scrittura Creativa - del passato

Nei verdeggianti prati

tra le tenere erbette

fan capolino primule e violette

e le bianche e gialle margheritine

schiudon le corolle, bisbigliando gioiose:

che bel tiepido sole! Che bel tiepido sole!

 

Ancora un po' assonnate

guizzano tra i sassi

le risvegliate lucertoline

e, come tanti soldatini

dal formicaio fuoriescon

le laboriose formichine.

Giunta è primavera!

Gridano in coro.

 

Nei boschi animali e piante

tra loro borbottando

si passan voce: orsù

svegliatevi è primavera!

Le brune rondinelle

nell'aria volteggiando festose

salutan tutti

con i loro allegri garriti.

 

A volte un po' bizzarra

sei primavera:

pioggia, freddo e vento

scompigliano il tempo.

Ma al riapparir del sole

il profumo di millefiori

multicolori

inonda l'aria

inebria grandi e piccini.

 

Scintille di sole

scaldano i cuori

e li riempiono

d'immenso amore.

 

Eterna primavera,

puntuale ritorni,

e sempre stupisci;

una soltanto

mai più tornar potrà.

 

 

19.04.2012 Gaetana Fiore

Da un po' volo spesso in aereo e mi prende una forte emozione quando sento il rullare del motore.

Sto x lasciare la terra!!

Quegli attimi di corsa x prendere il volo SONO I MIEI ATTIMI X PRENDERE FIATO per far volare il mio cuore su su su verso il cielo... VERSO IL BLU.

Che meraviglia !!!

MENTRE SI ALLONTANANO I TAPPETI VERDI, MARRONI, (maestria dell'uomo)

IO NEL MIO AEREO SALGO E VOLO sopra LE NUVOLE.

CHE MERAVIGLIA!!

LO SPETTACOLO DELLA NATURA STA X INIZIARE.

IL MIO GIOCO INIZIA.

Seduta VICINO AL FINESTRINO AMMIRO LA DISTESA BIANCA DELLE NUVOLE,

E la fantasia gioca LE NUVOLE SONO DIVERSE UNA DALL'ALTRA, UNA PICCOLA, UNA GRANDE, UNA ARRICCIATA UNA MI FA PERFINO LE SMORFIE...

È UNA DISTESA DI PANNA MONTATA...

EHI MA VEDO ANCHE UNA PECORA, UNA FACCIA UMANA CHE SORRIDE, UNA CHE PIANGE UN'ALTRA È PROPRIO BRUTTA e scopro pure che ci sono le montagne... È UN canyon?

È UN PAESAGGIO LUNARE E IO STO SULLA LUNA.

CORRO, SALTELLO, BALLO SULLE NUVOLE E CON LE MIE NUVOLE

SÌ LA VOGLIO COSÌ LA LUNA.

MA IL SOLE DOV'È? ECCOLO!

NON RIESCO A GUARDARE, MA IO LO VOGLIO GUARDARE PERCHÉ È BELLISSIMO.

LA SUA LUCE MI AFFASCINA E COSÌ GIOCHIAMO IO IL SOLE LE NUVOLE E GODO

SAPENDO CHE PIÙ BELLO DI TUTTO ANCORA PIÙ IN ALTO C'È IL MIO SIGNORE

CHE MI HA REGALATO DI VEDERE TUTTO CIÒ.

GRAZIE SIGNORE!

 

    18.04.2012 Aida Roncone                                                    

Benché

per carattere io sia

ottimista,

l'aria che tira

nel Bel Paese

molto mi rattrista.

La pena di tanti

per i soldi

scarsi

provoca gemiti pianto

disperazione

a alla fine... la soluzione?

Spararsi!


Maggio 2012 Tommaso Giannelli

Intorno a me il silenzio.

Intorno a me l'indifferenza

della gente e del mondo.


               Maggio 2012 Luigia Filieri

Dolore esiste,

è qualcosa di reale e di irreale.

Reale perché lo senti,

irreale perché solo con la tua fede

puoi non sentirlo.

Prega:

si accenderanno in te

tutte le speranze e

la tua fede in Dio non

la si può contrastare.


           Maggio 2012 Luigia Filieri


Lei,

eccola!

incede altera

eppure spera

nel suo assalto.

È infelice!

Lui

l'ammira e l'ama

ma spaventato

perde smalto

e non glielo dice.

 

               Maggio 2012 Tommaso Giannelli

Ti prendo tra le mani

e comincio a sfogliarti

sei il mio libro

l'ho scritto tanti anni fa,

sulla copertina rossa un po' ferita

spicca il mio nome

caratteri dorati e svolazzanti:

è la raccolta dei miei quaderni

della quarta classe elementare.

Pagine fitte di scrittura

di lavoro intenso e attento

pensieri riflessioni quesiti

di tempi passati, realtà

di vita ormai dimenticata.

Valori umani rispetto

lealtà fiducia dignità;

stile e lessico teneramente remoti

nel tempo con sussiego ormai superati.

Continuo a scorrere pagine su pagine

ora sbiadite ora colorite

- dolo dell'inchiostro e del pennino -

e penso al buon "signor maestro"

una sicurezza e una speranza.

 

Haiku

Il cuore batte:

torno bambina

felicemente viva.

1934-35  2011.12

           Anna Maria Rusconi


Il nostro buon "signor maestro"

della terza e quarta elementare

si chiamava Giuseppe Martinelli

di bell'aspetto alto magro

un po' allampanato

viso scavato e olivastro

capelli neri un po' stempiato

occhi cervoni vispi arguti

labbra sottili pronte al sorriso

era senza età il nostro "signor maestro".


Era sempre di nero vestito

dalle scarpe alle calze al cappello

al lungo invernale cappotto

da meno non era la sua cravatta

solo la camicia sforava col suo bianco colletto.

Perché tale mesto abbigliamento?

Per lutto o per diletto?

Quell'ombra scura non ci turbava

tra celati sorrisi e ingenui lazzi

era sempre il nostro buon "signor maestro".


Un maestro a tutto tondo

attento alla nostra cultura

severo nell'esigere la correttezza

puntuale nel correggere gli spropositi

amorevole nell'incoraggiare gli incerti

gioioso e pronto alle facezie:

amava le lezioni all'aria aperta

guidarci nella natura viva

nella realtà delle cose e delle persone

era il nostro buon "signor maestro".


Ero già diplomata, quando un giorno

incontrai il signor Martinelli

su un affollato filobus cittadino

lo riconobbi, volevo salutarlo

ma commossa e dubbiosa, tacqui;

quando ormai decisa alzai gli occhi

lo vidi scendere e avviarsi,

sconsolata lo guardai allontanarsi.

Mai più incontrai

il mio buon "signor maestro".

 

Haiku

intenso ricordo:

il signor maestro

vestito di nero

1933-35  1944

        5 aprile 2012 Anna Maria Rusconi


Sognare viaggi

ritornare nel sogno, felici

dell'illusione che presto svanisce;

Come la tempra del sole

che avvampa nel deserto

e nel silenzio sorge la luce

di una millenaria storia

che graffia gli occhi della favola,

vertiginose cascate

di rosato calcare

e misteriose e celate tombe

di policromie narranti

eterne verità,

tramonti infocati sul sacro fiume

nei profili di feluche

dalle bianche vele

veleggianti lente lente

verso l'approdo.


È bene vivere

quando un viaggio

ti strappa un acuto senso

da mozzare il respiro.

 

             17.04.2012 Anna Maria Rusconi

Magica esplosione di colori:

rosso intenso, lilla,

rosa screziato di bianco,

viola acceso di ciocche

e di grappoli di gerani in fiore.

Candide margherite odorose,

timide, tenere pervinche,

di rosa pallido vestite,

amarilli assetate di sole

protendono verso l'azzurro cielo.

E al di là della ringhiera,

sfrecciare di rondini in volo

con stridenti garriti

quasi ad abbracciarmi.

È il mio balcone

ricco di colori, gioia e delizia dei miei occhi,

denso di profumi

che mi accarezzano

l'anima.


          Maggio 2012 Gaetana Fiore

 

Mi ritorna in mente

quella tua esile figura

vestita di antichi abiti,

e la tua candida capigliatura

raccolta dietro la nuca.

 

Vedendoti, a volte, mi ricordavi

la mia cara nonnina

che come te si abbigliava

e pettinava.


Rivedo il tuo viso scarno

da profonde rughe solcato

e le tue instancabili mani

sulla madia muoversi veloci

a preparar le deliziose orecchiette

che, allineate come tanti soldatini,

ad asciugar sul balcone lasciavi.


Ormai non vedo più

quel tuo stanco volto

e quei tuoi occhi che

di tanto in tanto mi osservan

intenta a sfaccendare.


Ormai non ci sei più,

te ne sei andata anche tu

e quel tenero sguardo

colmo di antica saggezza

mai più incrocerò.


            Maggio 2012 Gaetana Fiore

 

 

La vecchiaredde

Me vene 'mende chedda fina fegura tò

che pertave nguedde andiche veste

che le bianche capidde pettenate

co nu tuppe drete o cuedde.


Certe volde, acquanne te vedeve

me facive recherdà la nonnina mè

che se vesteve e se pettenave

probbie come a te!


M'arrecordeche la faccia tò scavate

e chiene de rughe e po' le mane.

Chidde mane mà stanghe che se meveveme

velosce a preparà le strascenate sope o tavelire

tutte a iune a iune in file come a le seldatine

che mettive po' ad assecuà sope o balcone.


Oramà non vegghe chiù chedda faccia stanghe

e chidde ecchie che ogne tanne se fermavene

pè chiamendà a me che faceve le servezzie.


Eh sì oramà no nge stà chiù

vecchiaredda bella mè

percè te ne sciute pure tu

e cudde dolce sguarde

d'andiche saggezze

non u ià ngrocià ma chiù.


      Gaetana Fiore                                                                                                                     


                                            Tr. di Giuditta Abatescianni                                                                                                                                  

 

A volte ci sono delle sensazioni

a pelle.

Sarà perché mi sorridevi;

sarà perché provavi per me

un senso di tenerezza;

sarà perché mi piaceva

il tuo volto birichino;

sarà perché sorridevo

(a volte amaramente)

quando ci leggevi le tue poesie;

sarà perché provavo ilarità a teatro

per le tue battute e ti ho trovata brava;

sarà perché hai un cuore aperto

e tanta sensibilità;

sarà perché l'altra sera mi sono commossa

a vederti sul palco recitare le tue creazioni;

cara ho trovato un'amica in te.

 

               23.03.2012 Celestina Carofiglio

Di me diranno quando sarò morto

Povero vecchio disperato e solo

Cantava come canta un rosignolo! Saba


Di me diranno quando sarò morto

Peccato, poteva campar ancora

Ebbene, anche lui sarà un risorto! Tommaso


Di me diranno quando sarò morto

Poveraccio ha finito di soffrire

Al Signore dovrà far rapporto! Tommaso


Di me diranno quando sarò morto

Pensava di essere forte ed eterno

Morendo aveva il volto assorto! Tommaso


Di me diranno quando sarò morto

Pace a lui e salute a noi

L'ultimo respiro è stato estorto! Tommaso

 

Di me diranno quando sarò morto

Gli piacevano tutte le donne

Avrebbe voluto portarle tutte in porto! Tommaso


                               Maggio 2012 Tommaso Giannelli

Con il mio dito indice,

ho seguito passo passo

le rughe del mio volto.


Per ciascuna di esse,

ho riconosciuto il momento del concepimento

e ne ho ricordato il destino.


Le ho toccate

come fossero corde d'arpa

e loro hanno vibrato nella mia anima.


Ora un trillo, ora un suono grave, ora profondo,

singolarmente discordanti

ma insieme armonici.


Ho continuato ad accarezzare i brevi solchi

e li ho percorsi fino in fondo

immersa nella sinfonia.


È un'opera incompiuta,

il miglior movimento deve ancora essere scritto,

sono solo all'ouverture.


                            26.04.2012 Anna Gabriella Antonino


Bevo

all'acqua chiara della ragione

e trovo buonsenso

bevo

all'acqua fluente della fantasia

e trovo creatività

bevo

all'acqua leggera del sogno

e trovo il desiderio

bevo

all'acqua sorgiva della tenacia

e trovo energia

bevo

all'acqua fresca della speranza

e trovo conforto

bevo

all'acqua cristallina dell'amicizia

e trovo un sorriso

bevo

all'acqua pura dell'amore

e trovo una carezza.

 

                     Aprile 2012 Marilena Diana

Io ho te

orgoglioso di averti accanto

bella, luminosa come una

stella. Osservo te, il tuo

sguardo il tuo viso bagnato

dalle lacrime di gioia e

pieno di emozioni.

 

Tu, elegante, semplice

come l'acqua pura

bella, simpatica come

una favola.

 

Le musiche, le emozioni,

le passioni, l'espressioni

non cambiano il modo di

viverle con te.


Io vado via orgoglioso

a testa alta cammino

il tempo passa, l'ora

vola senza che me ne

accorga.

Una lacrima scende

sul viso trasmessa dalla

gioia di un sentimento.


La tua personalità è come

la musica romantica

piena di fascino.


L'acqua è fonte, sorgente di vita

come l'alba di un mattino

già bagnato senza un perché

l'acqua scivola limpida tra

la roccia pulita brilla come

una stella. Ovunque sia

osservo l'acqua, forte, rigida

trascinata dal vento, temporale

rappresentato in musica dalla

famiglia degli archi seguendo

un forte tremolio come Vivaldi

scrive una delle quattro stagioni: "L'inverno".

 

 

In viaggio ho preso te per mano

quella mano fresca come una

rosa che trasmette sensazioni

allo sguardo di un mondo

tricolori.


L'amore è come la musica

arriva ovunque, una sensa-

zione, un'emozione cresce

dal cuore profondo.

 

                              Roberto Lanza

 

Di te appariva sempre

prima il sorriso,

rosso corallo

sul bianco delle perle.

E mi avvolgeva una cascata

rapida e argentina

che diventava musica

diventava preghiera.


Ti chiamavamo "la zia buona".


In processione l'avevi cantata

nei giorni tristi dell'abbandono

nei giorni duri delle paure,

nei giorni lieti delle trine preziose

intessute dalle tue dita.


"Mani di fata" ti chiamavamo.


Dolce, serena

ci inondavi sempre di calore

ci avvolgevi nelle strette

che lenivano il dolore

e asciugavano le gote.


Nei pomeriggi scuri

umidi dell'inverno,

si allestiva il teatrino.

Ci donavi festosa i tuoi cassetti

e gli scaffali

nascostamente complice.

I magici bauli

della soffitta della nostra fiaba.

Tu la nostra Fata

noi gli gnometti:

il sipario si apriva

e nove piccoli attori

vivevano gioiosi

sul palcoscenico della vita.


Dicembre ci portava

le preghiere del presepe.

Le lunghe litanie dalle parole antiche

arcane e misteriose

scandite dalla tua voce

e ripetute soffocando il riso.

Hanno adombrato il sorriso

i duri giorni della vita.

 

 La melodia del canto più non risuona.

Ma un ricordo hai vivo.

"Stretta a me ti cullavo

se nessuno ti acquietava".

Ti avvolgono i ricordi

riaffiorano le paure...

... e oggi vorrei ancora

schiudere il rosso corallo

sul bianco delle perle,

stendere sulle tue spalle

un mantello fatato

per ridarti il sorriso

quella gioia che hai profuso,

senza serbarne neppure un poco

per riserva...

 

                         Maggio 2012  Edmea Fantazzini

 


Uno

alla volta

arrivano silenziosi maligni

i malanni della vecchiaia

inesorabili!



Corriamo

tutti assieme

tenaci ottimisti sinceri

la corsa della vostra

Vita!



Scopriamo

gli aspetti

positivi nei caratteri

dei colleghi con cui

operiamo!



marzo 2012 Tommaso Giannelli


Lui, Iddio, sale il Golgota,

piagato, ferito, stremato.

Il rude legno a spalla, sfinito!

Sul Golgota è arrivato:

dopo i chiodi, la lancia nel costato,

così per noi Gesù è spirato.


Tre giorni trascorsi,

rimosso il grosso masso

Gesù nella tomba non c'è più!

È risorto, è risorto per noi,

per dare un senso alla nostra vita!

L'anima, dunque, all'eternità è destinata!

È Pasqua, per i credenti gioia infinita,

auguri a tutti, la festa è cominciata!



marzo 2012 Tommaso Giannelli


Dalle lacrime d'argento

in primavera fiorirono

su un campo solitario

fiori rossi, gialli, arancioni.


La primavera portò la vita

su quel pezzo di terra:

giochi di bimbi

teneri amori

soleggiate passeggiate

momenti di sollievo per gli anziani.


La felicità è come un sogno

basta poco per

poterla assaporare.



21.03.2012 Celestina Carofiglio


Venticello d'aprile

giochi con i miei capelli soffi nel mio naso

scherzi sulle mie gote

copri di baci la mia guancia


10.04.2012 Celestina Carofiglio


 

Ricordo azzurro

 

Tu ricordo azzurro

mi inviti

a ricoprirti di fiori.


10.04.2012 Celestina Carofiglio


Coloro la Pasqua di rosso

perché è la Passione di Cristo

Coloro la Pasqua di giallo

perché è la sua Resurrezione

Coloro la Pasqua di azzurro

perché è il colore del mantello di Maria

Coloro la Pasqua di rosa

perché è il colore dell'albero di Giuda

Coloro la Pasqua di bianco

perché è il colore preferito dall'anima mia

Infine coloro la Pasqua con mille colori

perché è esplosa la primavera.


04.04.2012 Celestina Carofiglio


Donzellette danzanti

abiti variopinti

capelli svolazzanti

al vento vanno

mosca cieca giocano

giardini fioriti


12.04.2012 Angela Colasuonno


Le mani scorrono, s'incrociano sulla tastiera di un pianoforte, le dita pigiano i tasti, il dolce suono della frase melodica rimane solo un ricordo.

 

La mia vita passa e tu non ci sei ogni momento, ogni ora del giorno, sono solo, triste, cammino per la strada solitario, ti cerco.

L'atmosfera è come una luce

che si accende e spegne.

I tuoi occhi brillano nel buio della notte.

 

 Il fiume abbraccia il mare, calmo, immenso, profondo ho un appuntamento. All'improvviso un'onda sbatte nei miei pensieri... svanita.

 

Roberto Lanza

22 marzo 2012


Un bimbo che nasce senza mamma è come avere la campagna senza acqua.

Nel silenzio i miei occhi scrutano la tua immagine illuminata come una stella che brilla. Per sempre indimenticabile.

Guardo gli alberi spogli rivolti verso il cielo, la natura intorno a me, un silenzio cresce all'arrivo di un nuovo giorno.

Il forte vento che alza l'onda del mare, il forte fruscio dei rami ormai non va più via.

Seduto in panchina solo, in un mare profondo in fondo osservo, l'acqua corre dall'alto verso il fiume lontano va.

A volte basta un silenzio, uno sguardo, un sorriso rimasto nell'ombra.

Le mani scorrono sui tasti di un pianoforte e come due onde del mare si incrociano le immagini: un sogno, un flirt, un tocco di classe, spero un giorno di ascoltarti.


Aprile 2012 Roberto Lanza



Una lacrima scende sul tuo bel viso che guarda l'orizzonte, un bimbo piange e tu non ci sei.

Mentre ascolto un brano musicale, osservo una fotografia, l'immagine conservo nell'album dei ricordi.

Le quattro stagioni sono come le persone: crescono, cambiano, poi vanno via.

Ho visto una donna, dai capelli biondi, bella, spontanea, elegante, sempre con il sorriso sulle labbra. Importante è la sua presenza, il punto di riferimento è per me, ma tu, sempre nei miei ricordi resterai.

Alzai gli occhi al cielo per un momento, ti cercai invano, eri lì, nascosto, bello, luminoso, come una stella. Quella stella eri tu. Ovunque tu sia, piccolo ti vedo, pace, forza con un gesto hai donato, sotto l'albero ti ho trovato, tu che porti gioia e allegria, viva il Natale in compagnia.

Squilla, si accende una luce, eri lì fermo, immobile aspetti, piccolo, grazioso rimasto solo.

L'amore nasce, un sentimento cresce a poco a poco, viene e va, mentre, ascolto un sottofondo musicale, osservo la luce di un tramonto.

Una luce spenta, un'anima volata via, tu, che senza dir niente, mi hai abbandonato, adesso, sono solo e triste, ti cerco ovunque, ma non ti trovo, hai lasciato un dolore, un vuoto, quel vuoto, rimasto lì, ad aspettarti.

Una vita che nasce è come un fiore che cresce.

I bimbi piangono, strillano, corrono verso i giochi, io cammino solo e osservo i fiori che risplendono alla luce del sole.

In un prato, pieno di margherite un bimbo raccoglie un fiore, poi, corre verso di te mamma, che stai lì ad aspettarlo.

Mi fermo, guardo te, i tuoi occhi mi colpiscono, sei bella, naturale, come la visione di un bel quadro, che rappresenta la natura, ovunque io vado accanto a te sarò, per sempre.

Mi affaccio alla finestra, osservo uno stormo di uccelli con le ali luccicanti e belle, svolazzano, cinguettano, qua e là, ma uno è lì, malandato e triste, rimasto solo ad aspettarti.

Nel buio, da lontano osservo te, una candela accesa, una fiamma, una luce, rimasta sola.

Cammino per la strada, osservo un fumo in alto lontano, pian piano verso il cielo va, i bimbi guardano, sorridono all'apparir di un treno, che lontano, corre da te.

Prima o poi un amore, sincero, pulito, nei ricordi resta. Ora, seduto solo, penso a te, il tuo sorriso nei pensieri svanito rimane.


Roberto Lanza 29.03.2012

 

La musica non importa da dove si ascolta ma quello che si ascolta. Il suono è come l'amore, nasce cresce poi va via all'improvviso.

Oggi noto una giornata triste, buia, il cielo coperto di nuvole, piove, tu sei a casa lì, silenziosa aspetti il sole, una luce, risveglia te, il tuo silenzio, il tuo sorriso, nel vuoto, lasciato solo.

Leggo, ascolto, osservo te, seduta in riva al mare, un'onda, vedo, lontana da me.

Sei lì ferma, aspetta calma, tranquilla, utile a tutti. Insostituibile, piccolo oggetto, tra le mani ti vedo, bella, graziosa, simpatica, un colore osservo, quel colore per sempre andato via a poco a poco.

Ovunque io vado, osservo una fontana, lì fermo sono, l'acqua scorre, nella notte buia illuminata, bella ti vedo in fotografia, importante sei tu per me, la tua immagine conservo.

Un'ombra è un richiamo, un segno dove darsi un appuntamento, quell'ombra brutta, scura, sola va via, mentre io all'imbrunir del sole rimango lì ad aspettarla.

La donna è come un fiume che abbraccia il mare, bello, chiaro, pulito, osserva te, la tua immagine nota, rispecchiata dalla luce del sole.

Soli nella campagna, una rosa dono a te questo fiore sei tu, donna bella, pulita accanto a te resterò per sempre.

Un bacio all'improvviso è come una rosa che sboccia.

Oggi noto una giornata triste, buia, il cielo coperto da nuvole, piove, tu sei a casa, lì silenziosa aspetti il sole, una luce, risveglia te, il tuo silenzio, il mio sorriso, nel vuoto lasciato solo.

Ogni giorno che passa è un bel ricordo vissuto insieme.

Un pianto bagna il tuo viso, malinconico e triste come un fiume, quel fiume rimasto lì ad aspettare.

Osservo il cielo chiaro, il sole dall'alto rispecchia il mare pulito che brilla, la natura, nella profonda acqua limpida, illumina il mio sguardo, uno sguardo che vede te bagnata per sempre.

Ovunque tu sei mamma un angelo ti è accanto bello come te, lui è lì, ti ascolta, osserva, protegge e dà luce al tuo bel viso, quell'angelo adesso è lì solo ad aspettarti.


Aprile 2012 Roberto Lanza


Sentirsi addosso un tanfo di morte

che imputridisce le membra sfatte

ormai stanche di tanta cattiva sorte

deprivate di dignità e poi ti abbatte.


Svegliarsi la mattina non ha senso

lavarsi e nutrirsi non hanno senso

tutto intorno è squallido e orrendo

suoni frastuoni grida in crescendo!


Lo scorrer delle ore nel fetido ambiente

lacera l’anima, in frantumi va la mente

senza sole senza amore ma solo dolore

tra le sbarre dove è rinchiuso un cuore.


Una corda ammicca, tenta, invita:

è l’unica salvezza è l’ unica uscita

dal palcoscenico assurdo e infame

dove le recite sono ricche di trame.


Nel teatro dell’al di là Egli li aspetta:

per ridare calore conforto e giustizia

a chi non ha saputo trovar la via retta

li accoglie li abbraccia senza avarizia.



 

       26 aprile 2012 Giuditta Abatescianni                                                                                                             

 

La parola donna esprime molti significati essenziali, abbastanza positivi per natura.Basta citarne alcuni: moglie, mamma, casalinga. Spesso le donne sono state violentate perché vogliono ottenere la libertà desiderata. Molte donne, oggi, per fortuna mostrano padronanza, lavorano, sia a casa che in ufficio, e cercano sempre di migliorarsi portando avanti la famiglia sia dal lato affettivo che economico.

Roberto Lanza

8 marzo 2012


Chi è una donna libro?

Se un dì qualcuno

posto m'avesse

simil domanda

un po' sorriso avrei.

Risposto avrei

che ci son donne operaie,

c'è la donna medico,

la donna ingegnere,

la donna poliziotto,

ci sono donne pilota

e tante altre ancora,

ma proprio donne libro...

E invece...

stupita son rimasta

nel veder e ascoltare

persone libro.

Star sotto quella immaginaria

coperta è stato un po' sognare

in alto volare, volare

in un cielo limpido, sereno.

Udire quei libri parlanti:

"Io sono il granaio..."

"Io sono le nuvole..."

è stato come un bel libro aprire

con gli occhi scorrer le pagine

ascoltar intense, dolci

espressive voci.

Beh! ... Mai immaginato avrei

che una donna libro

donato m'avrebbe

non schegge d'emozione

ma grande, grande emozione.


marzo 2012 Gaetana Fiore


Le mani cercano, osservano, le mani ci dicono qualcosa.

Io guardo le mani.

Le mani sono piccole, grandi, con le mani si accende un organo, l'organo della speranza.

Roberto Lanza

8 marzo 2012


A volte penso

di essere stata fortunata.

Nascere in Italia o in Cambogia

non è la stessa cosa.

Essere protetta

da una famiglia che ti vuole bene

non è la stessa cosa

che vivere per strada.

A volte sento storie terribili

di bimbe violentate, di donne

picchiate, di donne lapidate,

di donne seppellite vive

con i loro mariti.

A volte scopro

che anche nel nostro paese

le realtà son tante,

che dietro il sorriso

di donne conosciute

si nascondono

drammi familiari orribili.

Ed ho paura

della mia fragilità.

La vita è per tutti

un terno al lotto.

Ma per noi donne

lo è ancora di più.


Celestina Carofiglio

3 marzo 2012

 


Mario monti

illustre docente universitario

salva la nostra Nazione

dal fallimento.


Marcello Mastroianni

grande attore italiano

indimenticato interprete dei film

di Fellini.


Michele Emiliano

sindaco di Bari

riceve un regalo corposo

da Degennaro.


Marzo 2012 Luigia Filieri


Vorrei essere la ballerina di Degas

del quadro che ho qui vicino.

Volteggiare candida

nel mio tutù immacolato

mostrare a tutti

la mia fragilità;

sfidare libera la società.


Chissà chi eri ballerina di Degas.

Una donna facile

o di buoni costumi.

Il tuo sguardo

mostra fierezza e dignità.

Sei forse tu

l'amica suffragetta,

la donna eroica

dei libri di storia,

hai combattuto tu

per la nostra parità?

O sei il frutto

della prodigalità maschile

ed il tuo sguardo

mostra complicità?


A me piace immaginarti

come nuvola al vento,

figura evanescente

mentre volteggi candida

sulla spiaggia immacolata,

fiera nel tuo sguardo e bella,

osservata da sguardi

inverecondi

che minacciano la tua libertà.


20.02.2012 Celestina Carofiglio





Dicono donna:

una parola sola

per tante vite.


Haiku di C. Carofiglio

marzo 2012




Mi vorrei aprire al mondo

Vincendo il gelo e la tenace scorza

Che costringe il mio frutto più tenero:

Così come fa il mandorlo scuro.

Al primo raggio pallido

Del sole di febbraio

Il suo umore interno

Comincia a scorrere fino all'ultima falange dei suoi rami

Donando vigore ai suoi teneri capezzoli.

Prontamente, nel lungo freddo e nella breve luce del giorno

Si schiude la vaporosa schiuma dei suoi fiori.

Il mandorlo sa che la magia è breve,

Dura per poco più di un giorno.

E il mio TUTTO si muove in tale atmosfera lattea

Come in un caldo bagno rigenerante,

Nell'attesa di un nuovo desiderio.


febbraio 2012 Anna G. Antonino


( Alla scuola elementare Giuseppe Mazzini di Bari )


Un fiocco azzurro e un candido grembiule:

è il primo giorno della scuola elementare.

Una timida bimba siede al primo banco:

la maestra annuncia la visita del direttore

Gaetano Noviello, questo era il suo nome.


La voce severa di Giovina Mastrodonato

donna arcigna occhialuta di grigio vestita

mette fine al brusio e incombe il silenzio:

tutte in piedi è arrivato il direttore e dopo

un battito di mani in coro l'inno nazionale.


Il direttore compiaciuto ringrazia e fa il

discorso inaugurale poi posa lo sguardo

sulla bimbetta al primo banco: è piccina!

Sì è vero ma leggere e scrivere ella sa già,

ecco, un piccolo saggio per lei dimostrerà!


La lavagna era enorme inaccessibile e scura,

soltanto il bianco gessetto non le fece paura:

con dolcezza il direttore la prese in braccio

la pose su di uno scanno e attese incuriosito.

Fiducia gratitudine affetto, e la bimba scrisse:


"Nell'aula non si parla"


La grafia chiara nitida lineare e tondeggiante

spiccava al centro di quel maestoso gigante.

Caro Gaetano Noviello il ricordo di te lo serbo

con grande emozione, avevo bisogno di fiducia

e da allora ho perso la timidezza che inibisce.


15 marzo 2012 Giuditta Abatescianni




Mi ricordo di un viaggio: era d'autunno
era la strada verso il sud.
Lasciavo un'amabile terra del nord
mare e monti e profumo di rose e garofani
lasciavo intensi affetti da non smarrire.
    Era la strada                   
scelta dal destino di un amore.

Ampie strisce di grano mietuto
di terra ocra bruciata assonnata
di distese insolute, e poco verde,
ora dopo ora, inghiottivano
il tempo del viaggio.

    Infine giunta alla meta
un lento brulicar di piatte coppole
lungo la via maestra del borgo
quasi a formar un tappeto mobile.
Perché solo uomini nello svago serale?
Le donne a casa nella loro usitata quotidianità.

L'angoscia mi sorprende e l'ansia
di un incerto destino.
Assetata di nuovi spazi, di ignote realtà
e in me certezze oltre l'inatteso,
compongo immagini del poi
come un mazzo di fiori
colti nel giardino del cuore.

E mi fermo al sud.

ottobre 1947       marzo 2012
     Anna Maria Rusconi

La luna scema, la notte scende;
strane luci stagliano ombre arcane
guizzan baluginar di gialli barbaglii
sguardi aguzzi e immobili
penetrano il buio.
I gufi sono arrivati in città
in affollati e gufanti branchi.
La grande neve tutto ha sommerso,
lascian boschi e impervi monti
per appollaiarsi tra rami di chiomati lecci
nelle riparate cavità dei tronchi
mimetizzati dal bruno maculato piumaggio
a ridosso di tranquilli e sicuri condomini.
Il freddo e il gelo crudelmente incombono
ma nutrirsi dabbene è pur urgente,
a occhio fermo e rotear del capo
piomban rapaci su voluttuosa preda,
quand'anche insolita adattarsi conviene.
Al primo tepor primaverile
torneranno al loro nido natio
tra arruffati cori notturni
e mille sguardi furtivamente amorosi.

Nella tradizione e leggenda fiabesca
simbolo di saggezza ed erudizione
è il gufo tra i suoi simili
talora permaloso pignolo esigente;
compagno del magico Merlino
e perché no
fiero amico delle tre civette sul comò.



Haiku

Due fari immobili
nella notte:
il rapace gufo


29.02.2012      Anna Maria Rusconi
 
Neve:
silenzio assordante
solo lo scricchiolio dei passi
che affondano
nella verginità del manto.
Neve:
cadono i fiocchi sul viso
offuscano gli occhi
si adagiano sulle labbra
che assaporano la purezza del cielo
mentre il voluttuoso respiro
si perde in sfumata nuvola.

07.02.2012    Anna Maria Rusconi
Sotto un cielo ombrato senza sole
lo sguardo si perde nello sconfinato Campo
e in rintocco di campana si perde lontano

ricordare sacrificate anime a noi vuole
da triste destino segnate senza scampo
funeste storie che mille e mille croci cantano

spazi votati a infamie orrori oscurità
umana dignità ferocemente calpestata
in nome di una crudele alienata volontà

pecore e agnelli e falsi profeti
aneliti di vita giustizia umanità
eterna memoria nel cuore di miti poeti

il tempo si ferma un istante: meditare...
    per non dimenticare

27.01.2012          Anna Maria Rusconi
Sui rami sfrondati
solitaria una pica,
quando le foglie
stillano le morte speranze,
gracchia la sua eterna canzone
e anche quando le gocce di pioggia
cadono ossessive sulle sue piume
leggera vola
contro la tempesta
e cerca il suo perduto nido.

08.02.2012    Anna Maria Rusconi
È l'ora di levarsi
e una bella passeggiata farsi.
Finora hai soddisfatto
il tuo dovuto dormito.
È giunto il momento
di mettere le gambe in moto
Dio ce le ha date.
L'uomo custodire deve.
Stamane voglio fare
belle passeggiate
intorno al parco.
Profumata è
l'erba perimetrale
coperta di luccicanti
goccioline bianche.
Toh, il laghetto.
Il paperotto
rincorre papere.
Hanno bisogno
di sgranchire
le zampe.
Giocano soltanto
vanno in cerca
di un po' di cibo.

Sono un po' stanca
mi siedo su
una panchina.

23.02.2012  Angela Colasuonno

Se osservo la mia mano
lo sguardo quasi si smarrisce
tra le linee or lunghe or brevi.
Tanti alberi spogli mi paion!
Una mi colpisce: ma sarà
quella del cuore? Sarà
quella della fortuna o sarà
forse quella della vita?
Di certo la linea del cuore è:
due cuori vi scorgo
un unico abbraccio
insieme palpitar.

20.02.2012   Gaetana Fiore
Apro la mano
tra linee e monti
leggo il mio destino.

Invecchiare:
un dono immenso,
sul volto mite brezza.

Donna
intelletto dignità
certezze di essere.

Armonia di forme
arte e incanto
per la bellezza

Emozioni:
improvvisi brividi
piacere e felicità.

22.02.2012   Anna Maria Rusconi
Ho cercato la tua mano per parlarti
di un amore che stava ormai finendo
di un amore ormai logoro nel tempo
ma ero io soltanto che volevo amarti!

Camminavi dinanzi a me con passo svelto
docile ti ho seguito anelando ai tuoi baci
tu cominciasti a frugarmi con mano audaci
per l'ultimo incontro una pineta avevi scelto!

Lacrime calde e silenziose sul mio viso
aghi di pino come spine sul mio seno
e il mio corpo della tua viltà era pieno
il canto di un passero mi donò un sorriso!

23.02.2012             Giuditta Abatescianni
Adesso sei nel tuo letto di veglia
Dove sei Silvia?
Mi ascolti?
Mi guardavi persa nel buio
Mentre mi stringevi la mano
Volevi sussurrarmi forse una parola?
Ho letto la tua disperazione!
Poi più nulla.
Sei persa non so dove.
Sorridi agli angeli?
Aspetti la tua liberazione?
Cara amica mia
La tua vita è legata a un filo.
Ti parlo ma tu non rispondi
Dov'è la tua allegria,
La tua forza di sempre!
Ricordi sorridevi
Quando ti raccontavo le mie disavventure.
Adesso provo a parlarti, a narrarti storie infinite!
E tu sei assente persa chissà dove!
Ti voglio bene Silvia amica mia.

Adesso sei distesa nel tuo letto di morte
Nuvola bianca rattristata dal nero
Il tuo volto minuto e trasparente
Rievoca te nel tuo splendore
Mi piace ricordarti giovane
Con i capelli al vento
Bella signora elegante
Con la battuta sempre pronta alla napoletana
Piena di vita e di sensibilità
Tu regina con Luigi bambino
Che ti trotterella attorno.

22.02.2012                   Celestina Carofiglio
Linee della mia vita.

... del matrimonio:    luce, sogno, armonia di angeli, arcobaleno di gioia...
    un sussulto, un tonfo, il nulla.

... del cuore:    calore, tremore, mancamento, affogamento, gioia infinita...
    un figlio, una figlia... la vita... luce, sogno, armonia di angeli.

16.02.2012      Carmen Mongelli  
Dopo un lungo periodo di riposo dovuto a
feste natalizie e a clima rigido con
bufere di vento e pioggia, si ritorna alla
scuola degli over. Mi correggo: dei
giovani ultra a cominciare da me
che fra pranzi e festeggiamenti,
baldanzosa ho affrontato un nuovo anno
lasciandomi alle spalle il vecchio.
L'età è come un salvadanaio, nella cui
fessura i piccini infilano le monetine
trovandosi, un bel giorno, rotto il salvadanaio,
un gruzzoletto a sorpresa.
Purtroppo il salvaetà non esiste
viene sostituito dai bei ricordi della
lunga vita.

29.02.2012                 Angela Colasuonno

Era una splendida giornata di febbraio. Io ero libera da scuola. Alle dodici meno venti ho detto a mamma "Dai vestiti! Dopo tanta pioggia andiamo a fare una splendida passeggiata a mare" Mamma con il mio aiuto si è vestita La camicetta viola appena regalata, un po' di profumo, il cappotto di pelliccia ben allacciato, un cappello caldo, sciarpa, guanti, bastone e - vualà -  siamo pronte per la nostra avventura.

Scendiamo lentamente, assaporiamo il sole rapidamente. L'automobile parte serenamente. La strada la conosce è il lungomare. "C'è bell u' mare, Celestina, fermati un poco qui sotto la Muraglia". Abbassiamo il finestrino e l'aria frizzantina, l'adduore du mare ci colpisce. O bella Bari che scorci ci regali! Il pescatore torna col suo carico di pesci. Il polpo intanto viene tormentato da un signore molto raffinato. "Beh basta adesso che poi ci raffreddiamo!" L'auto riparte, costeggia il lungomare, appare il porto e poi lo splendido castello, la Fiera, il CUS e ancora il faro.

Mentre mamma racconta: "Quando aprirono la Fiera a Bari tanti anni fa c'era la barca che ci trasportava da casa della nonna (dal palazzo della Provincia) alla Fiera. Era bello e a noi piaceva molto. Ma un giorno 'benedetto' ci trovammo in mezzo alla bufera... Il mare è triste quando ci sei dentro! Per fortuna fummo tutti salvati! D'allora abbiamo abolito u vaporetto!"

Continua il viaggio in mezzo alla bellezze di un lungomare lungo come il cielo. Ecco San Francesco ed ecco la pineta, la strada prende la birbona (l'auto) per Fesca con le sue belle spiagge. La sosta al pescivendolo "È buono il pesce! Un'altra volta ci veniamo" ed il rallentamento per vedere il mare da vicino.
 
Andiamo a Santo Spirito La giornata è bella "Io veramente avrei un po' di fame" "Non c'è problema ci fermiamo a mangiare qualcosa" Ed ecco un ristorante vicino al mare. "Abbasso l'avarizia oggi è una giornata speciale" Vicino alla finestra ci godiamo lo spettacolo di un mare color bluetto! Intanto assaporiamo la cozza marinata, 'l'allievo' fresco, la linguina con le vongole, la frittura di pesce e il mandarino Perfino il dolce e un liquorino ci offre il ristoratore Poi ci accompagna "State attenta signora" "grazie tante figliolo ci rivediamo". Ma il dire è distante dal fare Non per niente c'è di mezzo il mare!

                                                                                                                                                                                                       28 02 2012
        Celestina Carofiglio

                               
 

La musica descrive le immagini di un tramonto, e i colori con le loro sfumature sottolineano la bellezza del linguaggio musicale.


1 marzo 2012  
Roberto Lanza

Ecco il caffe’, buongiorno vita mia!
Com’e’ il tempo stamattina?
Piove amore, anzi nevica, rimani ancora a letto.
Adesso mi alzo e ti preparo la spremuta di arance.
Indossa la vestaglia e  copriti per favore, fa freddo!
Oggi ti preparo un  bel dolce: e’ san Valentino.
Quale e’ la novita’, quasi ogni giorno prepari dolci!
Lo sai che mi piace quando li sbricioli buffamente!
Va bene ma non ti stancare sai che poi non stai bene.
Che ne dici se stasera andiamo a cinema, ti va?
Preferisco rimanere in casa stiamo così bene al caldo,
possiamo ascoltare musica guardare un film in tivù.
Buonanotte amore mio, dormi sereno;
prego Dio che anche domattina io possa dirti:
buongiorno vita mia!  



Giuditta Abatescianni
09 febbraio 2012
Ho violato la legge per un furto al supermercato: avevo fame!
Breve il passo dalla questura alla prigione, ero muta e attonita.
Non lacrime, non lamenti soltanto dolore e rabbia, tanta rabbia!
Come spiegare che ero disperata  in miseria alla fame:
nessuno mi avrebbe capita, ero giovane ero bella ero scura!
Forte e sentito il mio rifiuto di seguire la via piu’ facile:
la mia dignita’ il mio orgoglio il mio essere donna alla ricerca di
una identita’ in terra straniera, tutto me lo impedivano!
Quegli sguardi lubrichi intorno a me e le mani, quelle mani
che mi frugavano mi offendevano mi facevano sentire sporca!
E piu’ mi ribellavo scalciavo e imprecavo piu’ si accanivano!
E’ questa la giustizia, e’ questo il rispetto dei diritti umani e civili?
Mi chiamo Zakiyyeh, sono araba e il mio nome significa pura.                             


Articolo 13. della Costituzione
( ….e’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di liberta’)



Giuditta Abatescianni
09 febbraio 2012

 
Foglia arsa dal sole
Scricchioli sussurrando qualcosa
Forse un ritornello o un assolo

Ti ascolta il passero
Che echeggia al sole
Il tuo cantico di dolore

Anche tu amica mia
Sussurri al vento
Inutilmente
Le tue parole d'amore

22.02.2012   Celestina Carofiglio
Quante volte ti chiedo amor mio di passeggiare con me!!!
Dove vuoi tu amor mio!!!
Tra i boschi... a sentire gli uccelletti?
In città... tra le strade rumorose... a vedere vetrine per scoprire qualcosa di bello?
Sulla spiaggia? In riva al mare a cercare pietre e conchiglie che le onde lasciano quando giocano con la sabbia?
Dove vuoi tu amor mio!!! Passeggia con me amor mio!!!
Il mare ti piace tanto...
Sì andiamo in spiaggia a passeggiare
all'ora del tramonto!!!
Quell'ora che tanto ti piace a salutare quel sole che per tutto il giorno hai evitato riparandoti all'ombra e che io invece ho sentito caldo sul mio corpo.
Come è bello passeggiare con te amor mio!!!
Quando io e te passeggiamo mano nella mano la pioggia ci viene a salutare.

              
22.02.2012  Aida Roncone
(La linea della vita)


Porgimi la tua mano donna, ti racconto ciò che ancora non sai!
Ecco vedi, questa è la linea di testa: sei salda forte come non mai.

Mentre venivi alla luce un'altra valicava la sua linea di confine:
tu non sapevi che ella era stata una grande donna fino alla fine!

Dure le prove che hai dovuto affrontare: soprusi fame e miseria
e tu non hai mai ceduto: forte salda inattingibile pura e seria!

Donna  questa è la tua forza, ora leggo ancora la tua mano:
irta e lunga la strada da percorrere, sali i gradini piano piano!

A te si aggrappano i deboli gli umili gli sconfitti i delusi:
sei il mistero della vita che rende amore e luce ai confusi!

Non ti svelerò quando giungerai alla fine del tuo sentiero:
sappi soltanto, Donna, che oltre la vita vi è un altro mistero!

22.02.2012        
  Giuditta Abatescianni
Ricordo la mia famiglia d'origine con struggente nostalgia. Eravamo nove figli e mio padre era un agente di custodia, mentre mia madre era una casalinga. Mio padre era un burbero benefico, molto attaccato alla famiglia e al lavoro, mentre mia madre accudiva dalla mattina alla sera il marito e i tanti figli. L'unico suo svago, si fa per dire, era la Messa la mattina presto della domenica e, in tarda età, la funzione serale, presso la Chiesa di Santa Maria delle Vittorie. La mia era una famiglia molto grande, forse troppo. Non era facile per i miei genitori stare dietro a tutti. Non abbiamo mai risentito di problemi economici perché a noi bastava quello che avevamo e che a volte era invidiato dai vicini di casa. Vivevamo nella estrema periferia della città, e vi era parecchia gente disoccupata o sottoccupata. Mio padre tornava tardi la sera e ci voleva vedere tutti a casa, ma spesso mancava qualcuno e a volte questo qualcuno ero proprio io. Mi piaceva uscire con le amiche, andare a ballare e, al contrario di qualche mia sorella, gli studi non mi appassionavano eccessivamente. Eravamo quattro sorelle vicine d'età e a detta dei maschi dell'epoca eravamo belle e simpatiche. I corteggiatori non ci mancavano ma per parecchio tempo li abbiamo lasciati decantare. Certamente non eravamo bigotte, volevamo divertirci e nel contempo, senza falsa modestia, restare serie. A me piaceva molto vestire bene, senza spendere molto. Un'amica mi aveva insegnato a cucire e con poca spesa mi facevo vestiti alla moda. Mi piaceva molto cantare, ma mi esibivo solo in privato: in casa mentre facevo i servizi. Le mie sorelle non erano da meno e in casa mia non c'era mai il silenzio. Cantavamo perché eravamo felici e anche se avevamo poco, non ci mancava niente. Con le mie sorelle c'è sempre stato un forte legame, ci siamo sempre aiutate a vicenda. Avevamo molte amiche e parecchie le rivedo ancora, anche perché sono tornata ad abitare nel quartiere di origine. Conservo con tutte un ottimo rapporto.
Ho vissuto poco con i miei fratelli poché essendo parecchio vivaci e non potendo seguirli i miei genitori li hanno mandati in collegio. A uno di loro è venuta la vocazione ed è diventato sacerdote; è stato Parroco presso la Chiesa di Santa Maria delle Vittorie. L'ultimo, Pierino, è rimasto a casa. Lui era per noi un nipotino; lo abbiamo viziato e riempito di baci e di coccole. Tutto questo non gli ha giovato molto, anche perché lo abbiamo trattato da bambino per parecchio tempo, direi troppo. Ho avuto un senso di protezione verso la sorella più piccola, per il fatto che era un po' timida e bisognosa di aiuto. Attualmente mi vedo spesso con i miei fratelli e sorelle. Ci incontriamo presso la casa di famiglia che abbiamo vicino a "Pane e pomodoro". È mio fratello sacerdote ad invitarci, mentre l'altro fratello, Nicola, mi viene a prendere con la macchina, perché io non guido. Preparo le pietanze che faceva mia madre e che piacciono molto a loro. Mia madre era leccese, così come mio padre. Noi ci sentiamo baresi, ma ci piace gustare la cucina salentina, anche per nostalgia verso la nostra famiglia d'origine.  

Luigia Filieri
Febbraio 2012

Guardano osservano scavano dentro l’anima:
cercano conferme, cercano  risposte, cercano
e scrutano giù  in fondo fino a farsi male!
Scintillano gli occhi delle donne innamorate.
Cupi spenti silenti mesti gli occhi delle donne violate!
Velati disincantati delusi gli occhi delle donne non amate!
Speranzosi vigili attenti gli occhi delle donne sui barconi,
spauriti smarriti disperati  gli occhi delle donne in mare!



Giuditta Abatescianni
 6 febbraio 2012
Il tema "donne"è abbastanza generico da un lato e onnicomprensivo dall'altro. Io lo voglio restringere e parlare un poco delle donne della mia giovinezza e delle donne di oggi.
Negli anni cinquanta la donna già andava a scuola, iniziava a godere di una certa autonomia di movimento e di pensiero e cominciava a vestirsi secondo la moda, abbandonando gli abiti tradizionali. Rimaneva però un'educazione ancorata ai canoni della religione. Il pudore per esempio era una virtù fondamentale della ragazza e della donna in generale; erano inconcepibili i rapporti prematrimoniali e chi si sottraeva a questa consuetudine veniva additata come una poco di buono. Non si vedevano, almeno in pubblico, le affettuosità tra innamorati e in ogni caso la donna non prendeva mai l'iniziativa in un rapporto a due. Lei tendeva a reprimere i propri sentimenti e anche se le piaceva un ragazzo aspettava (e sperava) che fosse lui a farlo. La religione era molto rigorosa su questo punto e le donne con le braccia scoperte non erano ammesse in chiesa. C'era pure l'usanza del velo in testa. Comunque io ricordo con piacere quell'epoca e non ho sofferto per le consuetudini del tempo, anche perché avendo un carattere aperto e libero, pur restando nel campo del lecito, non me ne stavo rintanata in casa ma vivevo la mia vita, avevo delle amiche con cui uscivo e conducevo una vita sociale.
Per quanto riguarda la moderna società non voglio fare la morale alle giovani del terzo millennio che sono figlie della loro epoca e certamente hanno più possibilità rispetto a noi. Le ragazze hanno le stesse occasioni dei ragazzi: vanno a scuola e poi molte di loro trovano un lavoro, spesso abbastanza qualificato. Guidano la macchina e viaggiano regolarmente. Anch'io godo di questa libertà e ho fatto parecchi viaggi. Le donne spesso usufruiscono della possibilità di separarsi e di divorziare, ma questo gli uomini non lo accettano. Se sono loro a lasciare la consorte va tutto bene, se succede il contrario a volte finisce in tragedia. Questi casi sono in notevole aumento. Le ragazze vestono alla moda, mettendo in mostra il loro corpo e spesso stanno fuori casa tutta la notte. Per carità... c'è libertà e parità di diritti. Il pudore sembra ormai una cosa antiquata e non sta a me giudicare, però così facendo vanno incontro a numerosi pericoli. Anche in questo caso a volte incontra no uomini immaturi e violenti che commettono stupri e delitti. La libertà è giusta ma a mio avviso non bisogna essere avventate, non tutti gli uomini sono cavalieri e non tutti hanno freni inibitori. Io alla mia nipotina, quando diventa più grande, cercherò di dare i consigli giusti, perché nel mondo ci sta il bene ma anche il male e spesso questo ti viene da chi meno te lo aspetti.

Luigia Filieri
Febbraio 2012

Les coquelicots

Pennellate di rosso acceso
punteggiano
di vispi papaveri
il soffice manto erboso.

Fitti tratteggi di verde smeraldo
illuminano
la ridente passeggiata
lungo il pendio.

Piccoli decisi tocchi bruni
disegnano gli abiti
delle dame divertite.

Chiari contorni circolari
delineano
i loro spiritosi cappellini.

All'orizzonte
tra chiome vanitose di alberi
fa capolino
il profilo di una casa
rallegrata dal sole.

L'azzurro trasparente
interrotto da nuvole sparute
colora di emozione
il paesaggio di Monet.

22.02.2012   Marilena Diana

Durante i lunghi dì
dell'infuocata estate
tutto è silenzio intorno a te.
Sembri assopita in un lungo
interminabile sonno.
Poi d'improvviso
s'apron i battenti della scuola
e lo squillo della prima campanella
ti ridesta e ti rianimi.
Ecco, finito è il tuo riposo:
le voci dei piccoli e dei docenti
di ora in ora risuonan
e rimbomban sulle pareti;
c'è tanta animazione,
ma non tutti han voglia
d'ascoltar e d'imparar.
E quanto lavoro ogni insegnante
deve ogni giorno affrontar!
Ah... ! Se i tuoi muri potesser
raccontare le storie di tanti
bambini che hai visto passare!
E poi i lunghi striscioni,
i cartelloni colorati, i graziosi disegni,
che evidenzian fantasia e creatività
vi ricopron tutti e t'adornan
tutta d'intorno.
Ogni bimbo gioisce
si sente un grande artista
quando vede il suo disegno
appeso lì su quel muro.
Di tanto in tanto s'ode
il cigolio di sedioline e banchi
che i più irrequieti
non riescon silenziosamente a spostar.
Ma quando arrivan le vacanze
giunto è il momento dei saluti,
rimani vuota, rimani sola;
si richiude la tua porta,
precipiti in un profondo silenzio
e diventi un po' triste.

06.12.2011             Gaetana Fiore

E poi lassù c'è la natura degli angeli

vette incoronate dalle nevi

d'estate colorate da tracce lievi

di ombre verdi in ordinate frange.


Qui limpidi cieli evanescenti veli

lontani echi in erti declivi

e dolcissime delizie tu bevi

nel tuo rigenerar nulla si frange.


07.01.2012 Anna Maria Rusconi



La mia storia lavorativa inizia con la mia assunzione in banca. Non era certamente facile senza un diploma o una raccomandazione. Ma sentivo forte dentro di me tale desiderio, sentivo forte la certezza che Dio mi era vicino, che mi voleva sostenere e mi avrebbe certamente dato una mano "la Sua Mano". Così è stato. Mentre riprendevo gli studi per diplomarmi, fui chiamata dal Direttore direttamente, da quel Direttore a cui, presentando la mia domanda, avevo detto di non avere alcuna raccomandazione, che mi raccomandavo da sola perché Dio mi avrebbe raccomandato Lui.

Ho svolto il lavoro bancario mettendoci cuore mente e intelligenza. Ho ascoltato tanta gente, gente povera e gente ricca, gente sola che mi veniva a trovare e in quegli occhi io ho sempre visto "il mioDio".

Sono andata in pensione con l'orgoglio di avere tanti colleghi amici che mi ricordano con stima e per quanto mostravo quotidianamente: l'Entusiasmo del Lavoro.


Aida Roncone

14.12.2011



Nei momenti più silenziosi del giorno

è di sollievo ritrovarsi nella musica

poesia di note e di sfumati accordi

di teneri pensieri, di palpitante diletto:

sentir vibrare nella pace dell'anima

forti emozioni e nostalgiche visioni.


03.01.2012 Anna Maria Rusconi


La natura è tutto. È tutto ciò che vive, che si muove, che genera, che nasconde per poi farsi mare, monti, fiori e piante, vento e pioggia. E insieme c'è l'uomo, egli stesso natura, e da natura formato.

Nei miei occhi è fissata l'immagine dei primi giorni di settembre, nel primo pomeriggio, quando la natura sembra avere con noi un appuntamento: dal mare si alza la bruma, quella nebbiolina benevola che ci porta iodio.

Io e le mie amiche allora apriamo le nostre bocche, le nostre narici, i nostri polmoni per prendercele tutte quelle piccole gocce che il vento porta per tutta la spiaggia.


Aida Roncone

14.12.2011


Soffia, soffia il vento di ponente,

senza soste, dapprima debolmente.

Rinforza in continuo crescendo,

cavalloni verso riva scagliando

e nugoli di sabbia ovunque spargendo.

Addio sogni di lunghe e tranquille nuotate!

Addio sogni di tepidi bagni e notti stellate!

Addio sogni di lunghe immersioni!

Giacché lui, il "ponente",

soffiando per giorni sempre più forte

rompe i "marroni"!


Tommaso Giannelli

da Punta delle Formiche

Agosto 2006



Filastrocca verde e gialla

come una palla

rotoli a destra e in giù

poi vai a sinistra e in su

e infine ti posi a testa in giù

Poi cammini a zig zag

Come un moderno tag

Filastrocca verde e gialla

Sei fasulla

Come palla

ma ci doni un sorrisino

che si consuma in un momentino.

Se continuarla voi desiderate

basta aggiungere qualche frase.


19.01.2012 Celestina Carofiglio



Tu, che sei stata

cantata da

San Francesco

in una soave

lode al Signore

Tu, tanto amata

nella calura estiva

Tu, che dai la vita

ai piccoli pesci

Tu, perché ti sei

accanita sui passeggeri

del tuo regno

che gioiosi ite

per altri mondi

Tu, non potevi

indicare,

in qualche modo,

lo scoglio malefico?

Oh povera gente

dormiente sotto

la tua coltre.


Febbraio 2012 Angela Colasuonno





Sotto il cielo che il mondo copre

mille e mille anni compiono

cumuli di pietre

mausolei senza pari nel mondo.

Piramidi, tombe, città perdute,

cattedrali, moschee, colossi,

lentamente si frangono arabeschi

e mattoni e marmi e fregi.

Lo sgranar del tempo

lo sgretolar lento alla base

mineranno sempre più le mura,

ancora polvere, ceramiche rotte,

fregi sbiaditi.

La bellezza dell'uomo è verità effimera.

Il volgere del tempo

ha sfiorito il cumulo di pietre

che i tramonti hanno incendiato

di riflessi e di suggestioni.

Nel sentiero di arte e di storia

si smarriscono i simboli del tempo:

ogni pietra ogni cumulo

immobile nel tempo e nello spazio

diventa un essere umano.


24.01.2012 Anna Maria Rusconi


Ho cominciato a lavorare a diciotto anni, appena diplomata "maestra elementare". Prima come supplente poi con incarico annuale al paese natale.

La guerra condizionò molto il mio destino. Mi trovai ad affrontare avvenimenti e situazioni difficili e impegnativi, arricchendomi di esperienze, conoscenze e verità.

Passarono mesi e anni... e un giorno approdai a Bari con marito e due figli. Era giunto il momento di fermarsi. Era il momento di viaggiare senza girovagare. Ripresi l'insegnamento divenuto di ruolo dopo il Concorso del 1959. Amavo il mio lavoro e l'impegno era convinto e costante.

Un anno mitrovai di fronte a un imprevisto: una scolaresca di sessantaquattro alunni di prima elementare. Rimasi interdetta. L'aula, sita in un vecchio capannone prefabbricato, era triste e a malapena accoglieva tutti gli alunni in una classe mista. La loro età andava dai sei ai quattordici anni. Questi ultimi, maschi per altro, pluriripetenti, disturbatori, dispettosi, assenteisti. I banchi erano di quelli vecchi di legno con la ribaltina, in tre per ogni banco. Tutto ciò in un contesto ambientale e famigliare particolarmente degradato. Come sempre ottimista, mi feci coraggio e mi buttai nella mischia. Mi proposi un piano di lavoro mirato alla formazione e alla informazione. Nessuna programmazione. Tutto era demandato all'improvvisazione, alla giornata, al momento. A gennaio la classe fu sdoppiata. Per sorteggio rimasero con me le bambine che erano le più volenterose.

Il lavoro proseguì più spedito con soddisfacenti risultati per tutti. Ognuno di noi aveva vinto la sfida.

In estate il rione fu abbandonato e demolito. Fu salvata solo la chiesetta con il campanile, come una lapide a ricordo.


Anna Maria Rusconi

10.12.2011


Amo i colori

Blu, verde, giallo, celestino

Adoro il trenino verniciato azzurrino

Sogno il mare verdino

spumeggiante ed invitante

Amo il verde incontaminato

Mi piacciono le rose se son gialle e profumate;

Inseguo farfalle libere e colorate

macchiate di rosso, turchese ed arancione;

colgo i fiori più belli del giardino

soprattutto se son color ciclamino;

mi stendo al sole giallo e caldo dell'estate.

Insomma mi piacciono i colori

anche se la sera desidero il bianco e nero,

il silenzio ed il tepore

ma poi sogno a colori.


11.01.2012 - Celestina Carofiglio

 



Poni questa rosa su triste umido viso

zampilla atteso bagliore celestiale

dintorno eteree fantasie gentili hanno impalpabili

languori migranti nell'oblio.


13.12.2011 Anna Maria Rusconi


Limacciosa vita

sordidi egoismi

profondi rancori

nascosto tra le pieghe

di menti contorte,

oltraggiati sentimenti

di libera umanità,

silenzi minacciosi

ferite mortali

al cuore

all'anima.

Genia perduta

nella nebbia del nulla

olocausti vissuti

nel buio dell'orrore.


02.12.2011 Anna Maria Rusconi


Ho letto da qualche parte una preghiera che mi è sempre piaciuta:

"Dio, dammi la forza di cambiare le cose che possono essere cambiate; dammi la forza di accettare le cose che non possono essere cambiate; dammi la luce per distinguerle una dall'altra."

Mi pare che riassuma bene il realismo cristiano, il quale è la sola via per non rendere la vita disperata. Anche prescindendo da ogni fede, meglio accettare liberamente l'inevitabile o meglio tenerlo nell'angoscia e poi, quando giunge, subirlo imprecando? Eppure è proprio questo straziante atteggiamento al quale porta, senza scampo, l'infantile rifiuto della realtà (sempre grovigli di bene e di male) che contrassegna il nostro mondo.

È per avere esteso indebitamente la zona dell'inevitabile che la Chiesa cattolica si è meritata l'accusa di predicare "soltanto" rassegnazione, di essere dunque legata a chi aveva interesse a lasciare immutata la situazione sociale.


Antonio Palladino

15.12.2011



Avevo bevuto cognac; dopo essermi fatto gaio ho iniziato la mazurka nell’orto per qualche risata. Sono talvolta zimbello!

 

Angelo benedetto, così diceva: e fu gioia! Ho incontrato la malattia nell’ ospizio! Pesante questo ricordo: sembra tanto una vita zingaresca!

 

Prendendo quel ricciolo sentii tremare un viso zittito attonito beato. Come devo, Eros, far godere ho imparato! Le mani non osavano...

 

E fiorivano germogli. Ho intravisto le mie nudità. Ormai penso quel ricordo stancamente! Tu, una volta, zozzo, a beffeggiarmi con disgusto.

 

Ho incontrato la mia nuova ombra. Partirò quando rimarrò sola!

Troverò un viaggiatore zelante affinché beneficiamo chi deve essere felice gioioso.


7 -12 - 2011 - Giuditta Abatescianni


Dapprima, a colpirmi furono i datteri maturi, dolcissimi, che scivolavano in bocca trattenendo fra tre dita, pollice indice e medio, la buccia scura e leggera. Li acquistava mio padre a Tripoli, al mattino presto, per colazione. La vegetazione sulle coste della Libia è ricca di palme altissime che, incise, secernono un liquido lattescente, dolce, alcolico, chiamato in arabo "Lechbi" con il quale gli indigeni si sbronzano, checché ne dica il Corano.

Ma il primo vero contatto con i campi e con il lavoro necessario per ottenerne i frutti avvenne in Italia, nel 1937, quando tredicenne, rimpatriato con la famiglia dalla Libia, fummo inizialmente ospitati dai nonni materni in quel di Ceglie del Campo. Nonno Domenico, ferroviere in servizio presso la stazione di Bari, possedeva un piccolo podere alla periferia del paese, in località " chedde de le privite" che coltivava nel tempo libero per ricavarne i prodotti dell'orto. Nessun aratro ma molto lavoro di zappa. Mi resi conto allora quanto fosse pesante dar di zappa per dissodare, far solchi, liberare il terreno dalle erbacce per favorire la crescita delle pianticelle di rape e cicorie piantate una ad una. Ma quel che mi è rimasto impresso di quel periodo e di quel campo prima del trasferimento a Bari, è un albero di prugne gialle, dette "gocce d'oro", dolci e succose. Ricordo la cura che il nonno ci metteva nel potarlo: eliminando i rami in eccesso si regola la produzione della pianta, se ne migliora la qualità ottenendo la giusta quantità di frutto.

Infine a Santeramo sull'Alta Murgia nel 1942.

All'epoca non c'era Natuzzi con il suo "imbottito". Ma grandi masserie orientate prevalentemente alla coltivazione del grano e alla pastorizia. In agosto dopo la mietitura si contrattava in piazza l'assunzione di giovani garzoni per la cura delle greggi e delle stalle. Ragazzi che si trasferivano per mesi interi nelle masserie per vitto, alloggio e pochi soldi alla famiglia. La mia abitazione, all'epoca, aveva i balconi esposti sulla piazza principale del paese dai quali, all'alba, si potevano osservare decine di braccianti, risparmiati dalla chiamata alle armi, ansiosi di poter andare a fare la "giornata". Alcuni venivano prescelti dai padroni e con questi sul traino andavano al lavoro, ma la maggior parte se ne tornava mestamente a casa. Cominciavano ad essere utilizzati i primi trattori per trascinare gli aratri con vomeri di misura differente in funzione del tipo di aratura. Ma la zappa la faceva ancora da padrona. C'era quella da dodici chili che serviva per gli scassi. Immaginate la povera schiena! E molti, proprio tanti di quei braccianti pensarono bene di andarsene. A migliaia raggiunsero Germania e Svizzera. Altri, numerosi, a Torino e Milano. Dall'agricoltura, dalle messi, all'industria. I tempi e le lotte di Giustino Fortunato e Antonio De Viti De Marco, comunque, non sono del tutto trascorsi. Ma pensiamo al grande Virgilio e alla sua competenza come agricoltore.


Tommaso Giannelli

27.11.2011


Un fiore sul balcone

Spuntato tra il cemento

Fuoco nel grigio opaco

Invoca libertà.

Pensieri di purezza

Di ordine e bellezza

Piena serenità.


Madre natura prodiga

Offre i suoi frutti roridi

E nulla chiede in cambio.


Impunemente l'uomo

Dimentica il Rispetto,

Ruba, rovina, inganna.


Stretta in catene ferree

Natura si ribella

Lancia il suo grido amaro.

Scorre, travolge, uccide

Distrugge e trascolora.


L'uomo la chiama perfida

Nemica di quest'era.

L'uomo che tutto sperpera

Senza pentirsi mai

Senza levare ostacoli.


Figlio del Dio Denaro

Indegnamente cerca

Comodità e ricchezza,

Dimenticando in fondo

Il Bello della vita.

Perché Natura è amore.

Natura è libertà.

 

14.12.2011 Edmea Fantazzini


 

Con miriadi di parole

mi appassioni

Con idee sempre nuove

mi affascini

Con numeri e regole

mi incuriosisci

Con immagini suggestive

mi incanti

Con storie avvincenti

mi abbracci


Sei proprio

un formidabile strumento

amico libro


07.12.2011 Marilena Diana


C'è stato il tempo in cui

raggi di sole cocente e di luminosa luna

intessevano un manto

dagli strani e colorati riverberi

intrecciato a freschi e fragranti fiori.

Un manto che ha avvolto tutti noi

in quella sospesa età qual è la giovinezza.

Ne è passato del tempo

e quel manto ha ormai un ordito un po' sgranato.

Mi ritrovo... oggi

ad osservare tutti noi in questa stanza:

e... stupita scorgo - gocciolanti nuova linfa -

lembi di quel manto un po' sbiadito, un po' sgranato,

fuoriuscire da piccoli scrigni semichiusi

che ognuno ha con sé

... un po' nascosti per pudore o timidezza.

Scrigni ricoperti di iridescente madreperla

colmi di fresca e vitale acqua

su cui non imputridiscono fluttuanti petali di rose,

e ninfee e altri fiori.


Ed è solo grazie a te, amica,

lo schiudersi, per incanto, dei nostri piccoli scrigni.

Lo dobbiamo solo a te!

Lo sussurra a noi tutti il nostro cuore,

ed in coro lo sussurriamo a te:

che il nostro grazie ti giunga sempre

come eco di un canto felice di capinere.

Sei tu il nostro vero e grande forziere,

di limpido e sfaccettato cristallo

che ha tutte le vibrazioni e i toni di un arcobaleno

in uno squarcio di azzurro cielo.

Tu, sorridente ninfa,

ci guidi per prati per boschi e fiumi

dove... far danzare le nostre emozioni.

Ti ha ben disegnato l'artista:

poche linee e... in un attimo - su un foglio -

irrompere una piccola figura

che danza in punta di piedi

come solo una étoile sa librarsi con tanta leggiadria!

Danza ancora per noi, amica,

e... noi saremo i tuoi buoni cantori.


Angela Maria d'Addosio


 

Cosa ricordo del periodo in cui ho cominciato a lavorare

 Avevo vinto in modo prestigioso il concorso per insegnare nella scuola primaria: diciassettesima su tremila nella provincia di Bari. Ero orgogliosa perché il mio intenso studio per arrivarci era stato ricompensato.

Mi sentivo al settimo cielo, il numero diciassette aveva perso la sua negatività e da allora ha cambiato per me il suo significato.

Il primo ottobre (era questa la data di inizio della scuola a quei tempi) mi consegnò tra i pianti dei più timorosi un nugolo di ventotto piccoli disorientati, per nulla pronti a voler cambiare le abitudini familiari di gioco e di spontaneità. Non sapevano che la loro maestra era più spaventata di loro, nella sua inesperienza didattica.

Non avevo mai ottenuto l'incarico per una breve supplenza, non ero mai entrata in una classe...

A quel tempo con qualche utile "conoscenza" si riusciva ad avere l'assegnazione di un incarico lungo o di breve durata. Io avevo potuto contare solamente sullo studio. E ora?

Mi sentivo impreparata, non sapevo cosa fare. Mi avevano assegnato, ultima arrivata, un'aula grande, ma affatto attrezzata, un locale a pianterreno cui si accedeva da una grande porta in una strada secondaria, senza finestre che si aprissero al sole e alla vita... Avevo sognato ben altro nell'entusiasmo dell'ingresso al mio primo lavoro.

I ventotto piccoli alunni aspettavano solo di ritornare presto ai loro giochi e mi guardavano tristi o lamentosi mentre prendevano posto nei banchi vecchi e sconnessi, residuo certamente di classi meglio attrezzate.

Non avevamo nulla che ci aiutasse a impiegare piacevolmente il tempo che ci era assegnato.

Con la forza della disperazione chiesi aiuto alla mia fantasia. Via i banchi e le sedie vicino ai muri sporchi e segnati, via le cartelle semivuote... Prendiamoci per mano in un girotondo e facciamo conoscenza: "mi chiamo..." e i visetti si rischiararono...

Giorno dopo giorno escogitai un processo di apprendimento basato sul gioco e sul movimento: in un'aula così ampia almeno questo ce lo potevamo permettere.

Procedevo a tentoni, cercando fra i miei ricordi non troppo lontani ciò che avrei desiderato per passare gioiosamente le ore. Corse, girotondi, indovinelli, caccia al tesoro, piccole storie inventate da noi furono la base per poter formare parole e piccole frasi. Ogni bambino imparò a impersonare una lettera dell'alfabeto, ormai esposto su muri non più nudi e squallidi, e con un cartellone appeso al collo cercava il suo compagno per unirsi a lui a rappresentare una parola. Poi vennero le piccole frasi ed ebbi la soddisfazione primo, di eliminare pianti e riluttanze, poi di vedere ventotto piccoli scatenati che si ordinavano spontaneamente nell'impegno del gioco didattico.

A dicembre i più avevano imparato a riconoscere parole e suoni e scoprivano con gioia le prime letture.

Non credevo ai miei occhi e alle mie orecchie, ma i genitori per lo più poveri e ignoranti che mi incontravano per ringraziarmi, i colleghi che rilevavano voci di corridoio e venivano a curiosare sulla soglia della nostra aula, ormai più ridente e adorna, mi regalavano delle conferme.

Alla fine del'anno scolastico la visita dell'ispettore, cui allora eravamo sottoposti nel primo anno di insegnamento, mi dette il pieno riconoscimento dei risultati raggiunti, regalandomi quella fiducia necessaria al proseguimento del mio lavoro.

Molto più tardi le riviste scolastiche che informavano gl'insegnanti hanno cominciato a parlare e a scrivere di "apprendimento della lettura attraverso il gioco" offrendo esempi di attività didattiche con mia sorpresa molto simili a quelle che avevamo utilizzato nel mio primo anno di insegnamento.

La mia fantasia mi aveva salvato e questa mia capacità innata ha sempre caratterizzato il mio vivere nella scelta dei miei itinerari, nella risoluzione dei problemi, nel tentativo, anche nelle avversità, di "vedere positivo".

... E la gioia più grande è oggi essere riconosciuta come "nonna complice", compagna di giochi, di risa e di scherzi, a cui poter raccontare i segreti più nascosti.


Edmea Fantazzini

23.11.2011


 L'aver scelto quel lavoro ha avuto a che fare con la mia storia?

Mi sono trovata catapultata nel mondo lavorativo ad appena ventitre anni, già sposata, con un figlio. Sono stata costretta, mio malgrado, ad interrompere gli studi universitari cui tenevo tantissimo, con conseguente frantumazione dei miei sogni che mi avrebbero portata in un'altra direzione. A quei tempi non mi rendevo conto di essere stata molto fortunata, lo comprendo soltanto oggi da pensionata!

Non avevo allora una coscienza politica, però partecipavo attivamente, quasi fosse un gioco, alle manifestazioni studentesche del 1968 con scioperi, occupazioni, assemblee. Mi sentivo importante nella mia ingenuità di far parte di quelle che stavano fuori e inveivano contro i crumiri!

Nella grande fabbrica statale in cui lavoravo mi ritrovavo dall'altra parte della barricata e ciò mi procurava disagio anche perché nei panni degli operai in tuta riconoscevo parecchi dei miei ex compagni di scuola.

La differenza tra impiegati e operai era molto accentuata, sta di fatto che la forza lavoro era composta dagli operai rappresentati dal sindacato di sinistra e gli impiegati, numericamente un quarto della forza operaia, erano le cosiddette persone perbene che parlavano in italiano e pranzavano nella sala mensa ad essi riservata. Credo che fu proprio questa assurda discriminazione a farmi decidere, ex abrupto, di passare dall'altra parte.

La diffidenza iniziale durò poco, giusto il tempo in cui le donne operaie si resero conto che ascoltavo con interesse le loro problematiche lavorative, le ingiustizie, i soprusi. Così presto apprezzarono la mia disponibilità ad attivarmi per poter essere in qualche modo d'aiuto. Non era un'impresa semplice: la casta dei dirigenti di cui facevo parte non accettava la mia chiara presa di posizione e i capi provarono in tutti i modi ad ostacolarmi. Oggi mi rendo conto di aver pagato a duro prezzo questa mia scelta, precludendomi molte possibilità di progressioni di carriera, con evidenti danni economici. Ma non ne sono pentita perché ho acquisito una coscienza sociale, umana e politica.


Giuditta Abatescianni

23.11.2011


Per la cronaca posso affermare che al tramonto della mia esistenza ho assistito, grazie al mezzo televisivo, al quinto "sacco di Roma".

Dopo il gallico Brenno (390 A.C.), quello dello spadone gettato sulla bilancia, che ai romani tremebondi, che lesinavano nella consegna dell'oro, ammonendoli con la famosa frase: "Vae victis", registriamo ancora il "sacco" di Alarico dei Visigoti (410 D.C.) e dopo quarantacinque anni quello dei Vandali di Genserico.

In tempi moderni, durante la seconda guerra mondiale, alla quale, diciannovenne, ho partecipato nei reparti nebbiogeni di parte alleata (1943 - 45), Roma ha subito l'occupazione delle milizie del Reich, fortunatamente senza gravi distruzioni ma con molte deportazioni di cittadini ebrei e non, Infine, purtroppo, in questo mese di ottobre 2011, il quinto "sacco" di Roma ad opera dei moderni vandali: i Black Bloc!

Che non sono guerrieri ma marmaglia vigliacca e violenta, giovinastri senza ideali se non quello di distruggere nascondendosi dietro al bavaglio, rompendo e incendiando tutto ciò che viene a tiro, svellendo i sampietrini e scagliandoli contro le forze dell'ordine che non possono fare uso di mezzi ben più persuasivi ed efficaci del manganello e dello scudo. Poliziotti e carabinieri che alla fine registrano decine di feriti, alcuni anche gravi. Gli autori di questi ferimenti e danneggiamenti, autentici delinquenti, nella maggior parte dei casi provengono dai noti Centri Sociali, ma alcuni, fermati, risultano provenire dall'alta borghesia. Taluni, durante gli scontri vengono bloccati, arrestati e dopo un processo sommario subito rilasciati, mancando una legislazione che consenta di metterli in galera per il tempo necessario alla loro possibile rieducazione. In ogni caso sarebbe opportuno tenerli "dentro" evitando così il loro girovagare per piazze e paesi di nazioni diverse a far danni e provocare lutti.

È noto che il brodo di coltura sono i suddetti Centri Sociali, prevalentemente schierati all'estrema sinistra, ma qualcuno di tali raggruppamenti esiste e prospera anche all'estrema destra. E sono ben noto alla Digos ma meriterebbero più assidui controlli e più severe e frequenti sanzioni. In definitiva sarebbe un bene per la società se venissero chiusi e dispersi, rappresentando soltanto focolai di disordini e manifestazioni violente, senza che mai si sia verificato un qualche contributo culturale, alcun progetto sociale incubato nell'alveo della Costituzione.

Come si suol dire: "A mali estremi estremi rimedi", il che significa che il garantismo legislativo in relazione alla valutazione di danni sociali, a cose e persone, in occasione di manifestazioni anche se autorizzate, dovrà lasciare luogo a valutazioni ben più severe e a condanne dure, esemplari, che lascino il segno e un ricordo tale da sconsigliare il progetto di azioni delittuose favorite dalla confusione e dall'anonimato. Per fare un'ultima breve osservazione sociologica bisogna pur dire che codesti tristi personaggi incappucciati e violenti, prima che fuoriuscire da ogni argine sociale sono cresciuti in famiglie nelle quali non hanno avuto gli insegnamenti basilari di comportamento e rispetto per il prossimo e per i suoi beni. E questi sono i risultati!


Tommaso Giannelli

24.11.2011


Natura è....

Natura è un giallo campo di grano

natura è un tenero chicco

natura è una mano solerte

natura è una sottile farina

natura è una pasta nutriente

natura è una pietanza gustosa

natura è una bambina golosa

natura è una mamma sorridente


Natura è...

Natura è un vento impetuoso

natura è un mare in burrasca

natura è una palma ondeggiante

natura è un gabbiano smarrito

natura è una fragile barca

natura è un pescatore trepidante

natura è uno scoglio martellato dai flutti

natura è sabbia agitata e risucchiata


24.11.2011                         Marilena Diana



Ai quali si sono aggiunti, discrezionalmente, le due barrette dell'ora, dei minuti e dei secondi. Ebbene quell'attimo è passato come un battito di ciglia senza che qualcosa di importante sia avvenuto, tale da essere segnalato dai notiziari che ci angustiano diverse volte al giorno da emittenti diverse d'ogni dove, ma se qualcuno vorrà divertirsi potrà farlo ancora l'anno venturo, con l'ultimo mese disponibile dell'anno, dicembre, festeggiando il "12". Infatti si potrà arzigogolare e sentenziare sulla magia del "2", meno qualificata dell' "1", però sempre numero è! Infatti, 12 giorno, 12 mese, 2012 anno.

Per quel che mi riguarda il "2" è stato il numero che al liceo Scacchi mi ha perseguitato in matematica, materia invisa che mi ha costretto sempre a studiare d'estate per gli esami di riparazione a settembre, dal secondo anno alla maturità. Secondo l'ateo Odifreddi, noto matematico, alcuni numeri hanno un rilievo particolare nella nostra storia, vedi il "3". Ricordiamo le tre Grazie, le tre Arpie o Furie, la santa Trinità, la Sacra Famiglia, i Re Magi, tre sono le più importanti cariche istituzionali, e una vecchia canzone dice "tre son le cose che voglio da te..." E chissà quante altre se ne possono dire.

Anche il "7" rientra fra i numeri ai quali inconsciamente facciamo riferimento nel nostro vivere quotidiano. Sempre Odifreddi afferma che sul "7" si potrebbe scrivere un libro che ci parlerebbe delle note musicali, dei colori dell'arcobaleno, i giorni della settimana, le meraviglie del mondo, i sette peccati capitali, che può essere utile richiamare alla nostra memoria e coscienza: l'accidia, che può provocare depressione, l'ira, la superbia, la gola, l'avarizia, l'invidia e la lussuria, che oggettivizza il corpo. Aggiungo, per chiudere con un invito alla speranza, i sette Sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucarestia, Penitenza, Estrema Unzione, Santi Ordini, Matrimonio.

La numerologia è una scienza che affonda le radici nell'antichità, partendo dall'Egitto fino all'estremo oriente con Cina e India. Paesi più vicini a noi Israele e Grecia. In quest'ultimo Paese, come tutti sappiamo, visse un certo Pitagora che con i numeri ci sapeva fare. Infine voglio chiudere questa breve riflessione con un aneddoto a proposito di numeri: il mio nonno paterno, del quale porto il nome, fu un accanito giocatore del lotto. I suoi ambi e terni li giocava settimanalmente senza mai vincere alcunché. Un giorno mi disse: "Tommasino, una notte ti verrò a trovare in sogno e ti darò tre numeri che dovrai giocare puntando molti soldi...". Finora nonno Tommaso non si è fatto ancora vedere! Lo aspetto ancora!


Tommaso Giannelli

09.11.2011

 


Esiste l'aldilà? Dacché l'uomo esiste, ha sempre avuto la pessima abitudine di morire, ma si è ostinato pure a non volere più rivalicare il misterioso confine per venire a darci notizie.

Non sono fra coloro che riconoscono come maestro uno come lo scrittore Alberto Moravia che fra l'annoiato e il perentorio assicura: "L'eternità non esiste, ovviamente". Qui nulla può esserci di ovvio, perché nulla c'è di oggettivamente dimostrabile.

Certi maestri sono prigionieri del ruolo di cui li ha investiti una società nevrotizzata dalla morte perché terrorizzata dal suo mistero.

Nessuno ha mai provato né proverà mai nulla a proposito di al di là, di eternità. La scienza può progredire quanto vuole, ma il mistero resterà intatto.

Chiuso nel suo scafandro rutilante di meraviglie tecniche, l'astronauta potrà anche morire accanto alla sua prodigiosa navetta spaziale sul più lontano dei pianeti, ma né i suoi compagni di avventura, né i tecnici della prodigiosa base potranno dire qualcosa di credibile, fondandosi sulla loro scienza, sul significato vero di quel viaggio senza fine.


Antonio Palladino

24.11.2011



Ebbene... sì. Quando il cuore di mia madre ha smesso di battere ho provato un sospiro di sollievo perché Chella, come la chiamavamo familiarmente noi, dal giorno che si è allettata ha sofferto tanto e io insieme a lei. Ricordo... eravamo seduti sul divano di fronte al suo letto. Ormai non riusciva più a parlare e il respiro era sempre più lieve. All'improvviso mi sono alzata, le sono andata vicino, le ho preso la mano e ho capito.

Mamma tu non c'eri già più. Le urla, i pianti, i preparativi! Tu inerte bambola rotta venivi acconciata per l'ultima festa, i parenti arrivavano, il mio dolore si faceva sempre più cupo.

Avevo vissuto sempre insieme a te mamma. Ora ero sola! Dovevo rimettere a posto il puzzle della mia vita poiché un pezzo si era staccato!

Ora mi sorridi dalla fotografia posta sulla scrivania. Addio mamma! La mia figura si è ricomposta, ora sono serena e pronta a vivere intensamente. Il tuo ricordo non è più straziante ma è dolce, tanto so che un giorno ti troverò.

Celestina Carofiglio

24.11.2011

 


Accecante, abbagliante!

E con la luce i colori!

Il Creato colorato!

Si dice: "Luce degli occhi miei!"

a chi intensamente si ama...

Del sole l'antica luce

anche calore produce.

Luce solare, siderale, artificiale.

Bagliori di lampi, fulmini e saette.

E tuoni assordanti...Oddio!

Luce di bianco nitore,

intensa,

oppure tenue e tremolante

di candele,

nelle chiese salmodianti.

Luce del nostro Mezzogiorno,

vivida, calda,

nei vicoli silenti

dei nostri bianchi paesi

alla "controra"!

Luce spietate negli occhi

del prigioniero che non parla.

Luce velata, complice

delle effusioni

di amanti appassionati.

Infine, luce che si spegne

improvvisamente

negli occhi di un caro amico:

Carmelo è cieco!

 

Novembre 2011       Tommso Giannelli


Ardente speranza

Vigile prudenza

Giusta attenzione

nella progettazione

della propria esistenza.


Novembre 2011      Tommaso Giannelli



storia ...

energia ...

medicina ...

applicazione ...

conoscenza ...

bellezza ...

cibo ...

immagini ...

terra ...

estensione ...


17.11.2011         Roberto Lanza



Dalla casa al mare di mio fratello Mario


Volo di gabbiani sul mare in tempesta:

planano senza battito d'ali

su soffici cuscini d'aria...

che festa!

Degli uomini di mare, nemici o solidali,

conoscono tutte le gesta.

Volano sbirciando i fondali

per beccare pesciolini ignari.

Ma vedono anche, ahimè, uomini affogati,

gialli neri, di ogni colore,

sulle nostre rive mai approdati!


Punta delle Formiche 21.09.2011       Tommaso Giannelli




l'uomo nelle sua entità personale

il nascituro che vagisce al mondo

la mamma che allatta la sua creatura

gli occhi per guardare il mondo

i piedi infaticabili e generosi

le mani operose nel bene e nel male

la bruna terra con i suoi germogli

l'acqua che disseta il creato

il bue che preme il vomere

il torrente che balzella e canta

l'onda spumeggiante del mare

l'alluvione furente e pernicioso

il vento con le sue benefiche o malefiche spire

la pioggia nelle sue mutevoli forze

il cavallo con la criniera al vento

l'ape frugale e feconda

il gregge brucante in verdi pascoli

la spiga del pane quotidiano

l'uva per un buon bicchiere di vino

l'ulivo tenace e fruttuoso

il bosco ombroso e silenzioso

i monti che puntano verso il cielo

le cicogne che in fila migrano

i fiori dalle policrome sfumature

la brezza che accarezza il viso

il libro del sapere e della speranza

il cuore che batte per la vita.


Benigna è la natura

ma se l'uomo la tortura

in furiosa ribellione si pone

e funeste calamità impone.


Natura indulgente

uomo ingrato

certezze vane.


14.11.2011           Anna Maria Rusconi



Mi sono trovata di fronte alla malattia, quella con la emme maiuscola,

quando mio padre, a sessantacinque anni, si è ammalato di Alzheimer.

La malattia dell'oblio ti mette di fronte a un uomo inerme, perso,

che non ha più coscienza di sé e cerca attraverso te di riaggrapparsi alla propria vita.

Da figlia a madre di un uomo che nella propria vita ha sempre combattuto

come "un uomo": ha dato e chiesto, è stato buono e cattivo, vicino e lontano.

Alla fine, io non lo riconoscevo più, era un altro; invece lui, pur chiuso nel suo mondo,

riusciva ancora a percepire il mio amore.

Rosa Demartino

15.11.2011




La giovinezza or non c'è più,
i ricordi s'affacciano,
la nostalgia ci assale,
il bianco argento dei capelli
incornicia i nostri volti.
Ma l'affetto e il sorriso
dei nostri cari, il domani
dei nostri figli ci allieta.


La vita rinasce, insieme ci risveglia
e ancor di più ci affratella, siamo
gli universitari della terza età.


La voglia di sapere è sempre viva in noi,
la musica, il ballo e il viaggiar
rallegrano il nostro tramonto.
La matura età a scuola ci riporta a
perfezionar conoscenza e nuove arti imparare;
si rinnovano, fra i banchi, giochi scherzosi
e innocenti dell'adolescenza lontana.
 

La vita rinasce, insieme ci risveglia
e ancor di più ci affratella, siamo
gli universitari della seconda età.


Di Catullo le amorose elegie rimembriam,
del Boccaccio l'impudico Decamerone leggeremmo,
il Dolce Stil Novo ci ricorda col sommo Poeta
Dante la passion di Paolo e Francesca,
"Addio monti sorgenti dalle acque..." con
Manzoni ripetiam in struggente trasporto.
Malamente imitiamo Giotto, Leonardo e
Raffaello, ma non comprendiamo il contorto
sezionator... Picasso.


La vita rinasce, insieme ci risveglia
e ancor di più ci affratella, siamo
gli universitari della prima età.


Con Pitagora, Archimede e Cartesio ci
cimentiamo ma i conti non tornano mai.
Perfino a cucire un vestito da Armani impariam.
Con Esculapio, Montalcini e omeopatia
dai malanni cerchiam con studio di uscir.
Kant con la filosofia non ci aiuta a capir,
ma la Fede e la speranza, ultima a morir,
a viver serenamente ci aiutano.


La vita rinasce, insieme ci risveglia
e ancor di più ci affratella, siamo
gli universitari fuori corso.


Il rosso tramonto, preludio di un cupo
crepuscolo, s'indora e s'imbianca in
aurora splendente e gioiosa. L'amor ancor
ci trafigge, tremori induce e palpiti nei
nostri cuor; di vermiglio pudico si coloran
le guance, timidi sorrisi e sguardi
s'intrecciano complici. Allora il crepuscolo
tremolando pian piano si illumina


La vita rinasce, insieme ci risveglia
e ancor di più ci affratella, siamo
gli universitari eterni studiosi.


09.11.2011                                         Luigi Dattilo


Temo di non poter essere più allievo di questa scuola, avendo superato largamente gli ottantacinque anni.

Sono irrimediabilmente vecchio ed anche piuttosto stanco.

La vita è trascorsa velocemente, con delusioni e rimpianti. Talora ho avvertito lo scandalo di un Dio che non ha mai soppresso la sofferenza, non si è manifestato mai in tutta la sua potenza.

Davanti al male, Dio non mi ha mai dato una spiegazione. Non ha detto il perché della malattia, delle privazioni, delle ingiustizie, del pianto.

Davanti al male Dio resta sempre fermo. Non distrugge la croce ma si lascia mettere sopra.

È l'annuncio della felicità dei sofferenti. Uno scandalo... Lo scandalo della croce.


Antonio Palladino

03.11.2011



Il Laboratorio di Scrittura Creativa ha il suo punto di forza nella convinzione che la parola seria e onesta, sorretta dal

desiderio di conoscere e di sapere, dimostra l'importanza di vivere in modo pieno la propria età, di interrogarsi sulla

realtà, significare il futuro da consegnare ai giovani.

Abitare la parola, nel parlare o scrivere, significa:

  • riappropriarsi della "civile conversazione" per proporre antichi saperi, rivivere il passato,liberare sogni progetti e tutto il bisogno di amore

  • cercare la Bellezza oltre l'effimero e la Gentilezza e la Grazia contro arroganza e volgarità

  • riflettere e meditare sulle urgenze, in dialogo attivo con i problemi della realtà

  • trovare benessere nello spazio agito in maniera divertente, in cui ognuno è portatore dell'avventura del vivere, tessera preziosa della Storia collettiva

  • ricercare e sperimentare usi diversi della scrittura con lavoro artigiano a scoprire armonia musicalità ritmo

  • creare una zona franca di incontro scambio e arricchimento.



IL METODO


Il Corso di Scrittura Creativa si avvale di un metodo il cui punto di forza è nel gioco tra capacità di chiedere e bisogno

di risposte. La trasmissione dei racconti può generare dinamiche conflittuali, ma nella confrontabilità si ha il riconoscimento

delle ragioni altrui, evitando l'isolamento, contro la chiusura e l'inerzia, vero esilio dell'età tarda.

Nascono così le esperienze di scrittura motivate dal recupero di memorie, dalla capacità di dare e ricevere emozioni,

dall'importanza del ritorno alle proprie radici per la cura di sé.

Alla guida del corso spetta la capacità di far sorgere il centro di interesse delle questioni e di intervenire con tecniche atte a favorire la

produzione testuale.

Il Laboratorio di Scrittura assume per sé il principio-guida che fa del 2012 l' "Anno dell'Invecchiamento attivo" voluto dagli

Organismi internazionali al fine di favorire progetti, azioni di solidarietà e cooperazione.



DA LETTURA A …


Propedeutico all'attività di scrittura, il Laboratorio di Lettura ha comunque in sé la sua ragione di essere.

Se la parola è un diritto della persona, occorre che il patrimonio di ognuno sia arricchito dalla Voce dei grandi Autori di ogni epoca.

L'attività del Laboratorio di Lettura si avvale di azioni mirate a:

  • leggere per parlare e scrivere bene

  • leggere per capire i giovani (attraverso la poesia del '900 e del 2000)

  • leggere per illuminare la memoria e innescare un processo di trasmissione emotiva

  • leggere per tener desta la curiosità

  • ri-leggere i classici per ritrovare lo stupore e l'incanto delle letture giovanili.


 


INTERVENTI SCRITTURA


Sono previsti incontri con personalità pugliesi impegnate nell'attività di scrittura a vario titolo, al fine di esplorare

le vie percorse e gli strumenti adottati per rivelare il contributo al Gusto, al Bello, alla Verità.


La scrittura di genere

Francesca Palumbo

Nata a Bari dove vive e lavora, vincitrice e finalista in molti concorsi letterari, insegna inglese. Moderna vivace tesa la sua scrittura: pur senza tradire emozioni e sentimenti, ha in sé i ritmi veloci del nostro tempo che la vedono attraversare ruoli esistenziali diversi con forza giovanile e con antica sapienza di donna.

La scrittura autobiografica

Giuseppina Boccasile

Impegnata a lungo nella Scuola dove ha sperimentato e diretto con successo vie pedagogiche di avanguardia, ha per così dire dato veste ad un genere letterario nuovo: la scrittura auto-biostoriografica. La storia della sua famiglia nasce da un minuzioso lavoro di ricerca dove con l'analisi dei dati mette al loro posto avi e discendenti con distacco apparente, perché dare "a ciascuno il suo" è un atto di rispetto e quindi di amore.

 

La scrittura grata

Rossella Lovascio

Una vita trascorsa come docente negli Istituti Superiori, autrice colta e raffinata di poesie, romanzi e saggi, guida sensibile di un Corso di Scrittura Creativa seguito con successo all' U.T.E. Auser, animatrice della nostra città con interventi culturali, ne ha raccolto gli umori in un testo che dà il posto d'onore ad una virtù ormai rara: la gratitudine per chi, ingiustamente in oblio, contribuì alla crescita intellettuale e civile di Bari.

La scrittura amore

Barbara Congi

Pur molto giovane, dall'esperienza di madre gioiosa e di insegnante attenta nella Scuola di base, esplora con grande sensibilità il mondo dell'infanzia, specie se chiusa nella solitudine del disagio, vittima dell'indifferenza e del pregiudizio, priva di ogni solidarietà.

Ha pubblicato con successo storie di amore per l'infanzia, racconti ricchi di musicalità e poesia.

La scrittura vernacolo

Giuditta Abatescianni

Autrice esordiente in lingua dialettale ha pubblicato il suo primo lavoro per i tipi della Progedit.

L'opera esprime gioie emozioni suggestioni di tutto il gruppo di Scrittura Creativa coautore e motore di riflessioni sentimenti racconti.


 

 

INTERVENTI LETTURA


Migliorare la capacità di esprimersi nel gruppo passa attraverso la lettura condivisa. Pertanto alla voce,

strumento necessario per la trasmissione di emozioni collettive, saranno dedicate cura e attenzione particolari.

L'esercizio della voce su testi significativi potrà mostrare intensità suggestione e fascino da comunicare in un ambiente

più largo del gruppo classe.

Inoltre sarà dato ampio spazio a letture "altre" aventi come oggetto non solo il libro, ma il film, la musica, il dipinto,

la foto, i documenti del territorio. In questo ventaglio di proposte si farà tesoro dell'apporto di studiosi e competenti nei vari settori.

 


IL 2012 PROCLAMATO

"ANNO DELL'INVECCHIAMENTO ATTIVO"

COSÌ ESORTA E AUGURA

"NULLA DIES SINE LINEA"

 

 

 


ATTIVITA’


Responsabile del laboratorio

Mariella Castoro

Consulente psicologa

Dott.ssa Caterina Fiore



I laboratori si svolgeranno da

novembre a maggio:


  • per la lettura dei classici

il mercoledì dalle 16,30 alle 18,30

  • per la scrittura creativa

il giovedì dalle 16,30 alle18,30


I corsisti presenteranno un saggio della loro produzione

all’arrivo dell’inverno

al saluto della primavera

a chiusura dell’Anno Accademico.

 

Per informazioni e iscrizioni rivolgersi alla Segreteria della Università III Età EUROLEVANTE.

Presidente: Prof.ssa Elena De Tullio

c/o Scuola Statale Montello

Via De Gemmis, 13 - 70124 Bari

Tel. 080.556.72.84

333.418.33.91 - 347.405.44.12

www.eurolevante.it

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


 



Mi sento fortemente italiana nel coraggio e nella tenacia, che hanno sempre caratterizzato la nostra incredibile capacità di ripresa.


Credo poi di riconoscermi in quella fertile creatività tipicamente italiana, che spesso ha trasformato sogni apparentemente irrealizzabili per la nostra nazione in autentiche concretezze.


Mi appartiene anche quello spirito di solidarietà tutto italiano che ha saputo generare,come la storia insegna, aggregazione e coesione.


Mi ravviso pure nei valori cristiani della famiglia e del rispetto reciproco, che sono tra i principi fondanti della società italiana.


Infine mi sento italiana quando parlo, perchè la nostra lingua, perfetta fusione di mondo classico e moderno, sta a testimoniare l'importanza di mettersi in gioco al momento giusto e di adattarsi al nuovo con sapiente duttilità, pur conservando il proprio stile e la propria espressività.


Marilena Diana – marzo 2011

Mi sento italiana perché sono italiana.

L'Italia è la mia patria, la terra dove sono nata.

Italiani sono i miei genitori, i miei nonni, tutti i miei antenati.

Sono fiera di essere nata e di vivere in una penisola tanto bella dal punto di vista geografico, climatico ed artistico da essere definita "giardino d'Europa".

L'Italia, repubblica, terra libera, democratica, con Roma sua capitale, città eterna dove confluiscono visitatori da tutto il mondo.

Italia mia, mi sento italiana, generata dai tuoi padri, Mazzini e Garibaldi; nutrita della tua storia, delle tue tradizioni e della tua cultura; cresciuta con la tua Costituzione, patente validissima per ciascun cittadino italiano.

A giorni si festeggeranno i tuoi primi 150 anni: quante sofferenze, vite spezzate, sconfitte, vittorie in difesa di una Italia finalmente unita!

I colori della tua bandiera raccontano una storia fatta di vicissitudini, tormenti, riscatti. Cara Italia, terra di contadini, di grandi lavoratori, di poeti, artisti e musicisti, ti voglio bene!

Oggi, purtroppo, sei afflitta da tanti problemi: l'immigrazione clandestina, il razzismo, la mafia, l'estorsione, l'usura, la droga, la disoccupazione, la cattiva sanità, lo sfregio alle opere d'arte, il trafugamento delle salme, la violenza in genere, la pedofilia, la cattiva gestione da parte dei nostri governanti, il maledetto scippo diventato ormài scontato, il pizzo a cui ci si piega per non subire tragiche conseguenze, l'inquinamento, la corruzione, la cattiva immagine pubblicitaria... Siamo messi proprio male!

Eppure... In tale clima mi sento ancora italiana, sebbene offesa nella dignità.

Buon compleanno, Italia!

Che tu possa godere ottima salute!

Un pensiero va ai nostri governanti e politici: difendete ed operate con maggiore saggezza per la nostra patria, per la nostra cara e bella Italia!


Mariannina Regina – marzo 2011


Lontano dallo stormo

un gabbiano fende l'aria

con le sue lunghe ali bianche

e sfiora la superficie del mare

alla ricerca di nuove fantasie


Sulle rive di uno stagno

un esile giunco,

respingendo di finire nel solito cesto intrecciato,

dona ospitalità tra i suoi impalpabili fiori

ad un'eterea libellula.


Una lumaca,

facendosi beffe della sua proverbiale lentezza,

a bordo di un veloce leprotto

attraversa spericolatamente

un prato lussureggiante.


Un bimbo deluso dai suoi modernissimi giocattoli

ne inventa di nuovi, insoliti, bizzarri, geniali,

e ritrova il sorriso perduto.


Immagini irreali ?

Sogni stravaganti ?

No. Semplici immagini di libertà,

di idee schiette e singolari,

di scelte inedite e autentiche.


Marilena Diana – marzo 2011

Quasi fantasma diventa per noi

un anno appena finito.

E salutiamo il nuovo anno

con sorrisi e sospiri,

con speranze e dolci sogni,

in un augurio o in un rimpianto

perchè tutto muti o duri ancora.

Intanto - musica e champagne -

per un nuovo giro di ruota

di dure e dolci ore

di un tempo che noi, fermiamo,

cullandolo sempre in nuovi anni

ma che in realtà è continuo ed infinito.

Attimi che si dileguano

come luce,

la gioia del vivere un domani

libero da ogni falsità.

Stanco l'animo,

nel suo costume vecchio di secoli,

non sa starci più dentro,

ma non sa nemmeno

del tutto:

non trova che vecchie tele

per rifarsi un "nuovo vestito"



Angela Maria d'Addosio



La vita: un viaggio in un mare spesso in burrasca.

Le stelle della nostra vita che ci indicano la rotta sono spesso le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. C'è qualcuno che è la luce per antonomasia. Ma ... per giungere a Lui abbiamo bisogno di luci più vicine, di persone preziose che ci offrano aiuto per la nostra traversata, fino alla fine.

L'errore più grave che posso fare è l'identificazione di me con il mio presente, quale che esso sia; è la dimenticanza della mia caducità; è la presunzione della mia autosufficienza nel viaggio.


Antonio Palladino

 



Terra di arcaica storia

di immensi fulgori

di implacabili oblii.

Terra dominata, violentata

ripiegata su se stessa

orizzonti agognati e perduti.

Terra del profondo sud

intrappolata tra spumeggianti marosi

lontana da fecondi risvegli.

Terra di eccelse certezze

stirpe laboriosa e arguta

intrappolata nel suo pacato destino.

Terra solare e prodiga

prendi coscienza di te

assurgi a nuove saggezze

a rinnovate opportunità

di orgogliosa rivalsa.



Anna Maria Rusconi - gennaio 2011



MURGIA


Aspra e montuosa Murgia

assonnata tra verdi macchie

maestosi ulivi

desertiche piane

vaganti pascoli

pietrose "gravine"

dove fiorisce l'asfodelo,

trapassata da turbinosi venti

profuma di sole e d'azzurro.



Anna Maria Rusconi - gennaio 2011




Onoro e feste per l'Italia unita

ormai da ben quindici decenni,

solo sulle carte, non nella vita:

facciamo allora alcuni cenni.


Siam divisi, son tanti i campanili:

l'unità è solo di facciata.

Frazioniamo rioni e cortili,

altro che l'unità sospirata!


Si dovrebbero le Province eliminare

invece aumentano, la Bat osserva.

Le "Frazioni" al "Comune" aspirare,

l'Unità d'Italia, ahimè, è in riserva.


Ricco Nord contro Sud povero,

sempre con le altrui risorse vissuto,

da noi molti han bisogno di ricovero,

urge davvero un nuovo Statuto!


Questa Unità tanto strombazzata

è costruita e imposta dai "media".

L'Italia piange impoverita

mentre tanti muoiono di inedia.


Sentiam che dice Dante, altro che festa:

"Ahi serva Italia di dolore ostello

nave sanza nocchiere in gran tempesta

non donna di province ma bordello."



Tommaso Giannelli - gennaio 2011

(con la collaborazione del Divin Maestro)



 


Livida alba

di un amore spento,

finito...

nell'odio!

 

Lividi segni

delle mie dita

sull'esile suo collo.

 

Lei

livida,immota,

seppellita.

Io

livido,forzato,

in galera

a vita!

 

Tommaso Giannelli - gennaio 2011


Bambini


Soli

occhi tristi

spauriti innocenti defraudati

siete voi quei bambini

abbandonati



Amore coniugale


Amo

la gente

che ti somiglia

come noi ci assomigliamo

amore


Tu, mare!


Calmo

ondoso inquieto

impietoso restituisci corpi

che da te speravano

libertà.


Giuditta Abatescianni – gennaio 2011


Di quale "Altro" parliamo e scriviamo ?

Di un "Altro" immaginario, personaggio del passato o dei nostri tempi ?

Scovare nei ricordi, nelle letture e leggende, come ci è stato suggerito, un "Altro" che abbia un aspetto fisico e/o morale cui associare particolari virtù, che lo rendano affascinante, e che vorremmo facessero parte del nostro identikit e che, purtroppo, scarseggiano, o sono del tutto assenti, è sicuramente possibile, ma a che serve ?

Può essere un buon esercizio di "scrittura creativa" come ne facciamo sempre. Infatti non si discute l'utilità didattica di tale frequente impegno, ma cercare in "Altri" modelli qualità di ingegno e comportamento, magari associati ad un aspetto leggiadro, non ci aiuta a sentirci ancora in qualche modo validi e utili nel nostro contesto sociale.

Ho pensato, allora, di scrivere, facendo un esercizio di introspezione, scandagliando coscienza e ricordi, in modo da far emergere I' "Altro io" che lasciato a se stesso, all'istinto, non avrebbe consentito di diventare la "persona" che sono, con alcuni difetti e lacune, ma della quale sono abbastanza soddisfatto, direi anche accettabile dal mio "prossimo."

E di codesta misurata soddisfazione devo sincera gratitudine alla memoria di mio padre che ogni qualvolta, fin dai tempi dell'asilo, a Tripoli, scantonavo, ha saputo, usando spesso le maniere forti, particolarmente persuasive, ricondurmi sulla strada maestra.

Ecco, dunque, alcuni cenni di storia. Un giorno, all'età di quattro anni, tornavo a casa dall'asilo con i miei piccoli compagni. Per farmi bello ai loro occhi sferrai un calcio a un cane di media taglia che se ne stava tranquillo al sole, il quale, per ritorsione immediata, guaendo, addentò la gamba colpevole costringendomi alla cura antirabbica.

Alle scuole elementari, per due volte, in seconda e in quarta, dissi a mio padre che non volevo più andare a scuola. Egli osservò, con atteggiamento tranquillo, che in tal caso sarei dovuto andare a lavorare. Risposi che mi stava bene. In occasione del mio primo rifiuto mi condusse al mattino da un fabbro, opportunamente ammaestrato, che mi mise al mantice fra fumo, scintille e rumori di martellate sull'incudine. A rendere ancor più drammatica l'esperienza che stavo vivendo ebbi una palpebra scottata da una scintilla. Quando il babbo venne a sera a prelevarmi per condurmi a casa gli dissi che ne avevo avuto abbastanza e che l'indomani sarei tornato a scuola. Stessa procedura in quarta, solo che questa volta, essendo più grande e robusto, mi disse che avrei dovuto lavorare al mercato per trasportare la spesa delle signore, dalle bancarelle alla carrozza. Mi dotò di una "coffa", una cesta di raffia, con la quale avrei dovuto svolgere la mansione di facchino. Al mercato mi nascosi per la vergogna e mogio mogio tornai a casa, mortificato, assicurando il babbo che avrei ripreso a frequentare con profitto la mia classe. Nei giochi con i compagni ero piuttosto prepotente ed il primo nelle battaglie a pietrate contro i coetanei arabi. Ricordo ancora il loro grido di guerra : sauued....!!! Ripetuto a scuarciagola dalla torma dei piccoli nemici, che vuol dire: Inseguito, dagli addosso !

Talvolta accadeva di tornare a casa con la testa rotta, e la circostanza, piuttosto che impietosire il babbo lo irritava, anche perché mi era stato proibito di partecipare a quelle frequenti sassaiole. Pertanto mi preparavo ad una nuova supplementare "lisciata di pelo". Un pomeriggio, in quella polverosa via Terranova dove abitavo, utilizzando un arco fabbricato con l'armatura metallica di un ombrello, infilzai per tre centimetri una freccia della stessa natura nel polpaccio di un amichetto che non si era fermato al mio comando di "alt". E naturalmente cura di botte a seguire. Dopo le elementari mi iscrissi al primo anno dell'istituto tecnico locale nel periodo in cui imperversava un gioco per soli maschi. Consisteva nell'afferrare i "cosidetti" dell'adolescente collega distratto, cominciando a stringerli, e intimandogli nel contempo di fischiare, sola condizione che consentiva il rilascio dei suddetti "attributi". Un giorno assalii il mio compagno di banco mentre era intento ad osservare una grande carta geografica dell'Europa appesa alla parete della classe nell'intervallo fra la seconda e terza ora. Afferrati i "corbezzoli," presi a stringerli in attesa del fischio liberatore che, vuoi per la sorpresa vuoi per il dolore, non arrivava. Ma io stringevo inesorabile fin quando mi accorsi che il malcapitato piangendo, sbiancava e urlava per il male che avvertiva. Per farla breve il mio collega, che poi volle cambiar posto, fu trasportato a casa in carrozza, in posizione fetale, tutto rannicchiato, poiché non riusciva a stendere le gambe. Quel povero ragazzo dovette farsi cinque giorni letto e a me fu inflitta una sospensione dalle lezioni di due settimane. Esemplare e giusta punizione che non pregiudicò la promozione alla secondo anno dall'ITC.

L'anno successivo, rimpatriato dalla Libia, mi vede protagonista in quel di Bari, dove con la famiglia ci eravamo sistemati alla via Podgora del rione Carrassi. Correva l'anno 1937. Seconda classe dell'ITC "Crollalanza". Mio padre era rimasto in Africa cambiando latitudine, dalla Libia all' Abissinia, la cui conquista non era stata ancora perfezionata, per svolgere il suo lavoro di fotografo.

In quell'anno, privo del controllo del babbo, detti la stura alla mia vocazione a scantonare. Anziché affiancarmi con i ragazzi più studiosi, attenti e rispettosi della classe, presi a frequentare i più indisciplinati e lavativi il cui profitto era inesistente. Quell'anno vissuto allo stato brado furono molti di più i giorni passati a giocare a soldi sui sedili di pietra del giardino antistante la scuola o, trascorso l'inverno, a mare a fare i bagni nella zona dell'attuale spiaggia di Pane e Pomodoro. Naturalmente fui sonoramente bocciato !

All'inizio del nuovo anno scolastico mio padre ritorna in famiglia per un periodo di vacanza. Dopo aver esaminato il mio negativo rendimento scolastico, anche colloquiando con gli insegnanti, controlla le mie pessime frequentazioni e a muso duro me le proibisce. Tralascio di narrare le cure cui sono stato sottoposto in famiglia, dolorose, ma benedette, in quanto ila quel momento ho stabilito l'orientamento onesto, positivo e definitivo della mia vita. E anche nelle successive assenze del babbo cercavo di collaborare con mamma facendo un po' l'uomo di casa. Per dimostrare il mio sicuro cambiamento caratteriale dissi a mamma alla fine del terzo anno inferiore, promosso con una media fra il sette l'otto che avrei provato a recuperare l'anno della bocciatura saltando il quarto. Con l'aiuto di un padre carmelitano della vicina parrocchia studiai intensamente durante tutta l'estate. A fine settembre mi presentai al liceo Scientifico " Scacchi" per sostenere il difficile esame e con intuibile grande soddisfazione e gioia, mia e dei miei parenti, l'impresa fu coronata dal successo.

Tornando all'oggi posso confermare che I' "Altro" me stesso attuale, alle soglie dell' ottantaseiesimo compleanno, mondato dalle residue scorie del primo "Altro", ha vissuto sulla sua pelle, nei settanta anni successivi, una quantità di esperienze belle, negative, tragiche ed esaltanti, che ne hanno fortificato spirito e carattere, tali da consentirgli di vivere serenamente i giorni residui che il Padreterno gli ha riservato, tenendo a mente, ed applicandolo, il detto che "uomo allegro il ciel l'aiuta."

 

Tommaso Giannelli - dicembre 2010



La vecchiaia.....mannaggia alla vecchiaia.


Il grande poeta fiorentino ci offre una sua visione dell' età avanzata che è in rapporto con il suo tempo, quando a diventare vecchi erano in pochi e tali erano considerati coloro che viaggiavano sulla sessantina. I sessantenni di oggi hanno una attesa di vita di altri trent'anni. In ogni caso, il nostro Petrarca, poteva analizzare altre caratteristiche del genere umano come bellezza, bontà, egoismo, odio, vanità ecc., virtù o difetti che non sono legati all'età, ma fanno parte del DNA di ciascuno. Alla nostra Ragione e Coscienza viene offerta la possibilità di cancellare del tutto o, per lo meno, attenuare i vizi e accentuare le virtù.

Per tornare ai lamenti di questo vecchio petrarchesco bisogna accettare la tecnica della lagna ripetuta per apprezzare alcune delle osservazioni fatte dal poeta e criticarne altre. Non siamo d'accordo quando dice al vecchio che deve essere contento di aver vissuto fino alla tarda età, visto che poche persone a quei tempi, raggiungevano la vecchiaia e riuscivano ad avere volto rugoso e capelli bianchi, e manifestare addirittura contentezza per essere giunto in prossimità dell'ultima meta. Ma, caro Petrarca, che stai dicendo ? Per favore ! Devo ancora conoscere o sentir raccontare di qualcuno che agonizza sorridendo, pregustando l'ultimo respiro, anche se è pieno di acciacchi dolorosi e incurabili. Né, peraltro, possiamo concordare sul fatto che un anziano o anziana, della terza e quarta età, non possa godere ed apprezzare dei piaceri fisici, connessi mm i diversi sensi, ivi compreso l'aspetto amoroso.

In definitiva l'analisi del testo a sette secoli di distanza testimonia del tempo trascorso in relazione ai problemi della vecchiaia, che ci sono sempre, per carità, ma sono gestibili e sicuramente meno drammatici. Poi, si sa, prima o dopo l'addio a questa terra fo dovremo dare... il più tardi possibile naturalmente. L'approdo all'ultima spiaggia, sempre più rinviato nel tempo, sta causando un problema ai gestori della Previdenza, a causa del crescente numero di persone che raggiungono la quiescenza e che, grazie alle buone condizioni di salute, interrompono dopo molti anni il rapporto con gli Istituti suddetti. E anche la denatalità, della quale abbiamo il primato in Europa, influirà sui conti dei suddetti Istituti.

Guardiamo all' avvenire, dunque, con ottimismo; confidiamo nella Provvidenza e cerchiamo di fare la nostra parte nella creazione di rapporti solidali e costruttivi con ci sta attorno. Soprattutto senza " lagna"!

 

Tommaso Giannelli Dicembre 2010


Dolore

ci sei

ti sento ancora

non mi farai cadere

muori



Donna

sono fiera

anche nelle lacrime

non mi farò consolare

passerà


Anna Gabriella Antonino - dicembre 2010



Rusconi

brava, buona

riposa in poltrona

scrive, legge e suona

( la ) balalaika



Termopili

Eran trecento

giovani e forti

e sono morti con

Leonida


Tommaso

Incredulo, credente

nel Dio crocifisso

e risorto di nome

Gesù


Mariella

anima bella

negli occhi tuoi

brilla l'affetto per noi

tutti !



Tommaso Giannelli – dicembre 2010



L ontano da ogni retorica oratoria

'

A ncora racconta di sé, del suo essere, del suo vivere


N ella sfumata luce di un languido tramonto


Z efiro che arpeggia in nostalgiche voci recitanti


I l piacere di rimembranze, di illusioni non dileguate


A neliti d'amore nei pennellati istanti di lontane realtà


N ella consapevolezza di affidare ai posteri verità e saggezza


O ra che il suo cuor pulsa, più che mai, fra vecchiaia e giovinezza.



Anna Maria Rusconi – dicembre 2010


E infine viene il burbero Dicembre

quando con tutta forza soffia il vento

tra pioggia e neve turbinante

annega il desiderio di falò accesi.

E arriva con i suoi allegri festini

tanto la nascita del Redentore

la nostra mente allieta

che ogni cuor si rallegra di tanta luce.

E in mano regge una coppa larga e fonda

dalla quale gioiosamente libiamo

alla salute di tutti i nostri pari del mondo.


Anna Maria Rusconi - dicembre 2010

 


Un vecchio aggrinzito e capriccioso

così lo dipingono

con la barba irsuta e grigia

imbacuccato mentre arranca solo

per la sua erta strada.

Vorrei tanto dipingerlo

accanto ad un focolare

rilassato in un'ampia poltrona

mentre guarda i bambini

in festa natalizia

in giochi, burle

e appagato ravvivare il fuoco

languente.

Anna Maria R. -14 novembre 2010

Ma che Natale è ?

E' la crisi di Natale ?

Dell'attuale nera congiuntura ?

O di quella prossima futura ?

0 s'è perso il senso del Natale,

del Bimbo scaldato dall'animale?

Una cosa è certa sicuramente :

I soldi scarsi, fa pena la gente.

La Chiesa vuota, il Bimbo piangente!

Nel nostro piccolo allora che fare?

Sicuro non basta solo pregare:

chi può qualcosa deve donare.

Panni caldi poiché il gelo è sceso,

cibi vari senza badare al peso,

e soldi, anche se non sei un Creso,

selezionando le mille richieste

'si che anche i poveri dalla faccia triste,

possano fare BUONE FESTE!!

Tommaso Giannelli - Dicembre 2010


La chiamiamo "terza età" perché fa meno paura di "vecchiaia". Un passaggio sgradevole ma obbligato della nostra realtà umana, contrassegnata dalla fragilità.Con la fragilità ci scontriamo a tutti i livelli: individuale, relazionale, coniugale, genitoriale.L'esperienza della nostra fragilità è difficile da gestire. Toccare con mano il nostro limite, sentire dentro il peso della nostra incertezza. Non sapere come muoversi in circostanze percepite come troppo complesse per le nostre capacità. Non trovare soluzioni appropriate. Provare disagio, insicurezza, ribellione.Fare l'esperienza della fragilità con riferimento a un ideale, a un progetto di vita. Capire che non sempre, anzi, raramente ci riesce di vivere nel modo previsto dai valori in cui credevamo. Accettare i nostri fallimenti.


Antonio Palladino


Coraggio fisico

affascinanti virtù

scapolo impenitente

un eccentrico

lievemente pedante

intelligente, divertente

un po' irriverente.

Occhio sognante

sguardo ammaliante

sorriso ironico

baffetto aulico

capello impomatato

un po' manierato.

Spiritoso, arguto

eloquio fluente

spasimante suadente.

A ben pensare

pretendente

sinceramente perdente.



Anna Maria R. - dicembre 2010


Ho sentito la gioia del vostro vagito

Ho sentito il profumo della vostra pelle

Ho sentito il calore del vostro sorriso

Ho sentito la tenerezza dei vostri occhi

Ho sentito l'amore dei vostri baci

Ho sentito la felicità della maternità.

Anna Maria Rusconi - novembre 2010


Anch'io ho il diritto: di amare ed essere amato

di non essere rinchiuso in una squallida casa di riposo

di vivere in famiglia

di essere adottato

di essere rispettato dai figli e dalla società.

Anch'io ho il diritto di parola, di pensiero e azione.

Ho diritto di avere uno spazio televisivo, socio-culturale, ricreativo.


Mariannina Regina -novembre 2010



Il mio vagar di vita

è giunto al suo lento declino,

il tempo della vita non è passato

ed io ho ancora molto da bere,

è giunto il tempo della speranza

ed io vivo nel sole del sorriso,

è giunto il tempo delle emozioni

ed io gioisco di piccole tenerezze,

è giunto il tempo della riflessione

ed io rivivo dubbi ed insicurezze,

è giunto il tempo della Verità

ed io confido nella misericordia della Fede,

la catarsi sarà la mia Pace.


Anna Maria Rusconi - novembre 2010


Il mattutino viaggio cantiamo allegramente

dei "ragazzi" studenti dell'università Eurolevante

alla mostra di pittura di Castel del Monte.

Di tragedie d'amore si tratta e di baci rubati

che per noi "ragazzi" son fatti dimenticati.

Qualcuno, ottimista, magari ci spera ancora

a raggiungere un giovanile trasporto....

Haimè, nulla finora !

Tranquilli s'ha da stare, col cuore in pace,

sperando che dalla cenere del tempo

si riaccendano le braci

di un nuovo amore sereno

colmo di carezze e baci.

Alleluia, gridiamo in coro! Al bando battute salaci!

Perché dalla pubertà alla maturità

l'amore non ha età!

Quando la freccia dell'Amorino colpisce

gli attempati canuti amanti

la loro quiete di botto finisce :

con maggiore attenzione ci si mira allo specchio

le rughe stirando e con le creme coprendo le macchie.

Son comunque, per l'aspetto, cose scontate:

previste e accettate,

è, comunque, evviva!, di nuovo estate !!

Nel nostro mondo crudele, dilaniato e sofferente,

dove di fame, malattie e guerre soffre la gente

c'è tanto bisogno d'amore,

di qualsiasi piccolo e grande amore

che vada incontro alla gente e ne curi i bisogni

procuri diffusi sorrisi

e favorisca la ripresa dei sogni !


Tommaso Giannelli – novembre 2010

ALBERO  Abbiamo molto da imparare dagli alberi,

            Soprattutto da quelli ai bordi delle strade.

            Apparentemente soli, vivono esclusivamente per

            il beneficio degli altri; infatti ci proteggono e

            ci fanno ombra senza aspettarsi alcuna ricompensa.



AMICIZIA Da qualche tempo ho una nuova amica, la

              malattia. Di temperamento un po' aggressivo mi ha

              fatto toccare presto con mano la fragilità e l'instabilità

              della vita. Ma, da esperta maestra silenziosa, mi ha saputo

              guidare anche nella riscoperta di oggetti e affetti finora

              ritenuti da me banali e irrilevanti.

              Oggi ogni più esile emozione è un dono e come tale l' apprezzo

              e l'accarezzo.



ANTIPATIE Quando una persona mi è antipatica, viene spontaneo chiedermi

               “che cosa c'è che non va in me?”

               Sono incline a proiettare i miei difetti sugli altri, ma ciò che vedo in loro

               non è altro forse che il riflesso della mia personalità.




ARRENDERSI  I numerosi sbagli e fallimenti mi hanno insegnato a non

                    arrendermi .

                    Mi accorgo infatti che se mi volto sempre indietro, inciampo

                    appena cerco di andare avanti.

 

                                                                            Marilena Diana - novembre 2010

 

Mi piacerebbe ricevere tante coccole!
Sarebbe magnifico ritrovarmi circondato da nipotini festosi ai quali
raccontare tante storie!
Mi piacerebbe ricevere un'acqua di colonia che profumi il mio corpo e
non la solita sciarpa di lana per proteggermi dal freddo.
Che gioia sarebbe poter passeggiare per le strade del centro della città e
fare acquisti, magari scegliere piccole cose da donare ai figli, agli amici.
Che goduria starsene seduto in libreria a sfogliare i libri, a chiacchierare
e scambiare opinioni con altre persone.
Che sogno sarebbe sfogliare nel quotidiano l'agenda degli spettacoli e
poi decidere per la serata.
Sono anziano? No voglio soltanto vivere il mio stato di " anzianitudine",
senza che alcuno mi consideri vecchio per i miei capelli bianchi, per la
mia andatura incerta, per la mia lentezza, per il mio viso rugoso.
Io so che il mio cervello è vivo, è giovane, è brillante e denso di idee e
progetti per il futuro!
Non può, non deve essere un'utopia; è vero, per l'anagrafe ho superato
gli anta che non si contano più e che non voglio e non devo nascondere.
Questo è per me un punto di partenza e non un traguardo, adesso ho la
capacità di poter dare, dare, dare.
Ma, anch'io, ho il diritto di ricevere in un mutuo scambio, affetto,
amicizia, complicità e amore.
Posso insegnare tutto quello che ho imparato,

posso farlo anche attraverso i miei nitidi ricordi,

l'amore per la mia compagna,

l'impegno sociale, la dedizione al lavoro, l'educazione dei figli...
Racconterei con entusiasmo di quella volta che...
Mi piacerebbe essere ascoltato, considerato e compreso.
Appartengo al genere umano, appartengo al mondo, all'universo, alla
società per la quale, nel mio piccolo, ho contribuito a costruire nel bene
e nel male.Ho diritto al rispetto, lo merito anche perché sono anziano!

Giuditta Abatescianni - novembre 2010

 Lice, Nives, Carla, Elsa
 e poi Alma
 amiche mie di sempre,
 affettuosamente tra i banchi
 della scuola elementare.
 Ricordi di spensieratezze
 di innocenti giochi
 di fraterna sincerità.
 La lontananza non ci divide
 l'affetto ci abbraccia
 il pensiero ci intenerisce
 il desiderio ci unisce.
 Incontrarsi
 per ridere, scherzare,
 per raccontarci di noi
 delle nostre emozioni
 delle realtà di ieri,
 di un domani da sognare
 insieme.


Anna Maria Rusconi - novembre 2010

Condor

re delle Ande

si libra superbo

tra azzurro cielo

e rocciose vette

simbolo di resistenza e forza.

Laggiù

nell'arido deserto

trentatrè minatori attendono

nelle viscere della terra

indugiano nel buio

all'angoscia, all'incertezza,

lento trascorrere del tempo

attesa, fiducia, preghiera,.

Fenice

mitico uccello

risorto dalle sue ceneri

simbolo di resurrezione e vita.

Lassù

nell'assolata spianata

sconcerto, dubbi, ansie

volontà di agire, di salvare

sfidare l'incerto, le ore, i minuti

solidarietà, genio, tecnologia:

trepido ritorno alla vite

alla luce, al mondo.

Orgogliosa umana follia.

                                     Annamaria Rusconi – novembre 2010

Foglie avvizzite
ondeggiano lente
ultimo addio.

 Svettante pino
 solitario pettirosso
 torna a cantare.

Ramati viticci
rosse bacche
lacrime di rugiada.

 Squarci di sole
 minacciose nubi
 uggiose piogge.

Tuona il mare
spaventose onde
vortici spumosi.

 Luce pacata
 calma fluttuante
 sulla grande piana.

Sole calante
dolce sorriso
ritorna a Dio.


                                                     Anna Maria Rusconi - novembre 2010

DECALOGO

DEI DIRITTI DELL'ANZIANO



  1. Ho il diritto di ricevere adeguata assistenza in caso di malattia

  2. Ho il diritto di frequentare un centro di aggregazione predisposto dalle autorità cittadine

  3. Ho il diritto di disapprovare e proporre nuove soluzioni

  4. Ho il diritto di pensare in piena libertà

  5. Ho il diritto di essere ascoltato con attenzione e rispettosa disposizione

  6. Ho il diritto di innamorarmi

  7. Ho il diritto di divertirmi e andare a ballare

  8. Ho il diritto di dire la mia in famiglia

  9. Ho il diritto di stare seduto in autobus

  10. Ho il diritto di sognare ancora la felicità

 

                                                                                                                                                                                                                                   Marilena Diana - novembre 2010  

 


 

A nzitempo è giunto l'istante fatale

N el tuo pur certo pensier di vita

G rande esempio di dimenticate nobili virtù

E vocate con orgoglio nei nostri dotti concili.

L à dove la beatitudine divina non ha fine

O gni tuo dubbio terreno si placa in serena pace.

 

S empre con noi con la tua discreta presenza

E co lontana di un'amabile voce amica

R icordi, esperienze, faticose realtà

G ioie, nostalgie, emozioni intensamente vissute.

I l passato non sarà mai una parentesi chiusa

O ggi un grato pensiero per la tua umana saggezza.

 

Anna Maria Rusconi - settembre 2010

 

    Aria - Azzurro - Altezze;

    Aquile - Albatros - Aironi;

    Aria - Anima - Ascesa;

    Aspirazioni - Attesa - Amore;

    Anelito - Assoluto... Adesso!

 

Anna Gabriella Antonino - ottobre 2010

Giovane vita spezzata

silenzi, dubbi, sospetti

fosche ambiguità,

perversi giochi

di attori, funamboli, burattinai

in una grottesca

sagra paesana

di un più triste " Grande Fratello ".

Delirio senza fine.

 

Anna Maria Rusconi - ottobre 2010

Mi dilaga nel cuore il grande amore che ho per te.

Mentre cammino sul tuo bel lungomare respiro felice l'aspro odore

del mare, la mia mente e il mio corpo si rilassano guardando le tante

barche che galleggiano serene " nderre a la lanza ", i pescatori che

sbattono i polpi per renderli più teneri e ridono felici parlando fra di
loro.
Con tanta commozione ritorno a passeggiare nel giardinetto Garibaldi

dove da bambina mi divertivo con tutta la gioiosità di quella età felice...

Mi è piaciuto tornare a rivivere quei momenti. Sono tanti i ricordi della

mia bella Bari che non posso enumerarli. Chiudo qui abbracciando tutta

la mia bella città.


                                                                                             Annamaria Violante - 2010

Un comodo scoglio mi accoglie.

Il mare pare essere inquieto: schizzi d'acqua, a ritmi regolari,

schiaffeggiano il mio corpo. La sensazione di freschezza nella torrida

calura estiva mi regala brividi estatici. Odo suoni diversi, confusi; attenta

ascolto: la voce del vento e la voce del mare s'intrecciano, si

confondono, si rincorrono, s'incontrano, si sussurrano parole d'amore. E'

un dialogo vivace or gioioso or impetuoso. L'armonia ritmica delle voci

evoca l'immagine di due amanti persi nei loro giochi amorosi. Par ora

che le onde siano dolci e quiete: l'anima delle donne è dolce e quieta. Il

vento, orgoglioso, s'impone con la sua forza: spume leggiadre

lambiscono le pietre, le accarezzano,

le levigano, le forgiano. Vento e mare in un magico incontro.


                                                                               Giuditta Abatescianni - 2010

"Anche Bari ha bisogno di poesia". Su questo pensiero sono pienamente

d'accordo. Io, però, non posso considerarmi una "barese doc" perché in

questa città sono nata quasi per caso, da genitori forestieri, e perciò, solo

col tempo ho imparato a conoscerla e amarla.

Tuttavia, proprio perché amo Bari, credo che realmente meriti poesia.

Vedo questa città come una stupenda ninfa delle acque, languidamente

adagiata lungo la riva del suo mare; e mi piace quando è avvolta nel

caldo abbraccio del sole estivo, ma anche nelle brume delle rare giornate

autunnali, quando brevi spruzzate di pioggia fanno sembrare strade e

palazzi dipinti magicamente di splendido argento.

Io amo Bari allegramente scompigliata dal maestrale oppure accarezzata

dallo scirocco, quasi quasi mi piacciono anche i suoi difetti (che poi

sono quelli che le trasmettono ... i baresi). Bari vanta origini che si

perdono in tempi lontani. La sua vocazione è prevalentemente

commerciale. Sul mare e dal mare ha tratto respiro. Ciò che mi affascina

di più è il suo centro storico o "antico", la "Bari vecchia", come dicono i

baresi, parzialmente raccolta nelle sue mura, quasi a voler difendere e

preservare come gioielli i sentimenti intimi e umani che vivono e si

nascondono tra i vicoli stretti e intrecciati, dove le antiche case-torre si

addossano le une alle altre per stringersi attorno alla superba Cattedrale e

all'austera Basilica di San Nicola, il Santo anch'esso venuto dal mare. E

penso alle tante chiese e chiesette nascoste in certi angoli, che poi

appaiono all'improvviso, ad una svolta; penso alle tante "edicole" sacre e

agli altarini con cui la gente semplice e devota, nel tempo, ha ornato di

arte povera i muri e gli archi nelle stradine, opere di sconosciuti artisti,

umili e generosi, gente vera.

Proprio questa Bari che ho nel cuore, questi baresi veraci, meritano

poesia.


                                                                            Francesca De Mase - 2010

Come in una strada deserta
nessuno mi sente, nessuno mi ascolta
quando la vita smetterà di colpirmi
il mio cuore sarà quieto
e i miei pensieri saranno capiti.
Nell'ansia ogni espressione è vana
ogni momento vuoto sarà colmato,
colmato da emozioni
che insostenibili esternerò.
Come in un tunnel sto
un tunnel scuro
che mi nasconde pezzi di vita
momenti da vivere
e quando ne uscirò una forte luce
mi invaderà briosa, piena di ardore.
Speranze stroncate dalla vita,
vita che ha motivo di esistere,
esistere in ognuno di noi.
Ogni istante rimarrà un ricordo
ogni ricordo rimarrà un rimpianto.
In questa esistenza così travagliata
così combattuta così patita
niente compenserà le nostre pene.
Ricordando i momenti più belli
struggenti e veloci come un treno in corsa
avremo modo di dire...che sono momenti di vita.


                                                                      Annamaria Violante - 2010

Ricercare la felicità? Pensare di avere il diritto di essere felici, a tutti i

costi, a tutte le età? Forse è velleitario.

Certo, filosofi, economisti, psicologi, uomini politici ne propongono

tante versioni.

La felicità è l'assenza di dolore, diceva Epicuro; si realizza nella ricerca di

Dio, secondo Sant'Agostino e San Tommaso; sta solo nella utopistica

società senza ingiustizie, secondo il pensiero di Tommaso Moro e di

Campanella; si realizza soltanto nelle riforme politiche e sociali, come

pensava Rousseau.

Una ricerca sempre inadeguata. Ognuno la declina a modo suo. Forse per

essere felici non resta che educare alla fiducia in se stessi, a tutte le età.

E se ad un certo punto ci si sente tristi, disperati, sconfitti, è soltanto per

colpa nostra.

La felicità è un problema esistenziale, individuale. Bisogna capire, in

modo autonomo, che cosa si vuole, in ogni momento della vita.

La felicità non è un assoluto.


                                                                                            Antonio Palladino - 2010

Ad occhi chiusi apriti alla fantasia:
 ad occhi chiusi crea la tua magia!

Il cielo appartiene a tutti:
 prendi il tuo pezzo di cielo!

Ad occhi chiusi puoi riconoscere te stesso:
 fai vibrare le tue corde più profonde!

Ad occhi chiusi gioca col tuo pezzo di cielo:
 lo vedi terso? lo vedi azzurro oppur grigio?

La tua anima si esprime, ti mostra chi sei, come sei e come
 vorresti veramente essere!

Socchiudi piano gli occhi, senza timore alcuno:
 sentirai intorno a te qualcuno molto vicino!

Richiudi gli occhi, allarga le braccia, incrocia le dita:
 hai catturato il tuo cielo, lo hai ridipinto,
 riempito di te ora vive dentro di te!

Riapri gli occhi: ci sei, ti conosci e ti riconosci.
 Senti sulla pelle il tepore dell'aria,
 alle narici giunge un profumo sottile:
s'insinua lento nel pensiero
 scivola piano fino al cuore.

                                                                                                         Giuditta Abatescianni - 2010

Quando non c'era la raffinatezza dei nostri tempi, il sale era molto grossolano e sporco e non esisteva il sale fino. Per raffinarlo si usava un pezzo di pietra (di mazzaro) di circa 50x70 centimetri come base, più un pezzo rotondo di una ventina di centimetri: si divideva a metà e diventava piano. Il sale si lavava in una ciotola e quell'acqua si metteva in un boccale a posare e si riutilizzava per cucinare. Fatto ben asciugare il sale, lo si metteva sulla pietra grande inclinata e si grattugiava secondo l'uso: per i formaggi, olive, insalata e altro.
Oggi è più facile, tutto si compra pronto nei supermercati: risparmiamo tempo prezioso ma perdendo il gusto.



                                                                                                                   Dionisia Lorusso - 2010

Ad un tratto arrivò
si fermò nel mio cuore
come un tenero fiore
che sbocciato e intimorito
si insinuò nella mia giovane vita.
Emozioni sconosciute
travolsero i miei pensieri
In un momento colmato
da un piacevole tormento
mi accorsi che quell'istante
fu per me molto importante.
Da quel giorno cinquantatrè anni
son passati, ed oggi posso dire
con serenità
l'amore vince il tempo.



                                                                                                       Annamaria Violante - 2010

Ricordo bene il tram il cui percorso si svolgeva in parte in via Sparano. Rivedo le rotaie infisse nei lastroni lavici scuri che pavimentavano la via "principale" del passeggio della Bari murattiana.
Ricordo il tram lungo e sferragliante che, dal capolinea al di là della stazione ferroviaria, percorreva Corso Sicilia per andare verso Carbonara... in "campagna", la via delle ville padronali, dove la Bari bene andava a trascorrere i mesi estivi.
Ciò che però è molto vivo nella mia memoria dell'età infantile sono le passeggiate con i miei genitori in carrozza col cavallo, per andare verso il mare ...oppure alla Fiera del Levante, o in "campagna" (dove ora sorge l'ospedale Cotugno). Sento ancora il calpestio degli zoccoli del cavallo sul selciato di porfido, che rimbombava quando la carrozza attraversava il sottopasso di via Q.Sella con il fragore delle grandi ruote di ferro. Da quel punto ormai fuori città potevo dare libertà ai miei pensieri di bimbetta, pensando in cuor mio alle corse libere sui prati forse soltanto sognati.
E poi il ritorno in città, verso sera, quando quello stesso cloc cloc degli zoccoli del cavallo, il più delle volte, cullava il mio dolce addormentarmi col capo sulle ginocchia di mia madre, forse stanca ma certo felice per la libertà goduta...



                                                                                                                 Francesca De Mase - 2010
   


Vorrei il mondo con un cuore nuovo

 senza violenza, senza abusi

 per ritrovare nel Tempo

 una rinnovata dignità.



Vorrei il mondo con magici entusiasmi

 nell'istante del pensiero e dell'azione

 per ricostruire nell'Amore

 una consapevole umanità.



Vorrei il mondo con profonde speranze

nel sogno di una leale armonia

per progettare in ampi Spazi

 una riconciliata realtà.


Vorrei il mondo con un'anima nuova

 con certezze di valori, di ideali

per vivere nel Futuro

 una responsabile fraternità.



                                                                                                                        Anna Maria Rusconi - 2010


    In te il calore  
    la profondità                    
    l' amore

    i solchi del tuo volto
    nascondono saggezza
    ti cerco negli altri
    ti vedo ovunque:
    nelle spalle ricurve
    nelle argentee chiome
    nelle voci profonde
    nel brillar di pupille

    Ti perdo e ti ritrovo
    sei lontano e in me
    hai reciso il cordone vitale
    ma la simbiosi è viva
    respira ancora
    Quando ti guardo mi ascolti
    sai ancora condividere
    la vita che mi donasti

    Sono in te e sei parte di me
    ed è in me che ti custodisco gelosamente.

Rosanna Polito - 2010

Negli avanzi di un tramonto
orlato ancora di rosso,
l'affacciarsi della prima stella
ha rotto la trama
del terso abisso del cielo.
In questo lungo viale,dove io abito,
mi giunge lontano
il familiare rumore del traffico.
Mi fermo: mi toma il suo scoppiettante brontolio
ammorbidito da un lento scampanare
....quasi inumano.
Qui io provo ad ascoltarmi;
mi conquista la purezza
di quanto mi circonda.
Acuto come dardo
Il vento mi fischia nelle orecchie,
il freddo è così puro,
così, pure è questa prima sera.
... .Nient' altro che gelida vibrazione pensante,
incredula io assisto,
fra questi nudi spazi di infinito,
al ripetersi in me
di uno scoppio d'amore
in un giocoso colloquio
con l'invisibile, con la natura..
Ritornare ad essere un cuore rosso,
a sorridere... al punto giusto
per riprendere l'opera della vita!
Eterno suo prodigio,
o...eterna sua frode?

Angela Maria d'Addosio - 2010

La voce: grande dono!
Un mondo privo di voci, di suoni, di armonia mi rattrista.
Amo anche la voce del silenzio, ma la cerco solamente nei momenti in cui
ho bisogno di riflettere, di pensare, di ritrovare me stessa.
Altrimenti cerco la voce; le voci mi danno gioia, mi fanno star bene.
Sento la voce dei miei cari scomparsi, di cui mi giunge l'eco chiara ed intensa come fosse reale.
La voce delle persone con cui vivo è la mia forza, l'energia positiva della vita quotidiana.
E poi, i versi degli animali... Recita il poeta Poliziano: "Gli augelletti dipinti intra le foglie, fanno l'aere addolcir con nuove rime e fra più voci un'armonia s'accoglie".
La voce degli strumenti musicali...
Il suono prodotto da un oggetto, rumore, fragore...
La voce del mare, del vento, del tuono, delle foglie secche.
La voce autorevole, la voce calma, la voce bassa, la voce grossa, la voce in lontananza.
La voce della coscienza, del dovere, del sangue;
la voce del cuore, con i sentimenti e gli impulsi dettati dai legami affettivi.
Le voci dell'incontro di "Scrittura creativa": la voce pacata, gradevole ed attesa della nostra docente Mariella Castoro; le voci diverse, emozionate ed emozionanti, di noi corsisti.


Mariannina Regina - 2009


Strette le vie, la gente, i pensieri
madre amata e invisa voglio fuggirti
hai lapidato i freschi sogni
distrutto le passioni cocenti

Il respiro verde e pungente
si allarga sul blu immenso
illude e fa sperare
un cuore estraneo

Dinamica cresci, ti espandi
ti vedo lontana, ti riconosco
nelle fredde e dure pietre
nell'umido vociar di onde
                                         
Ora mi tocchi, mi prendi     
cedo al tuo abbraccio
scivolo nelle tue vene
profumate di radici

Evado e comprendo
ti rincorro in occhi stranieri
bramo i sapori, le voci
gli odori caldi, il sole cocente
                                   
Già mi possiedi madre tenera
mi culli nel tuo ventre
mi stringi in una morsa
che confonde i nostri respiri


Rosanna Polito - 2010                                                  
       


Ottobre che rinfresca il corpo e la mente.

Ottobre che ridona alle spiagge una bellezza sfolgorante.

Spiagge silenziose, esauste delle avventure estive, ancora tiepide del sol

leone della bella stagione, ora protese e disponibili solo per il mare.

Ottobre ha mandato via anche l'ultimo vacanziere.

Ottobre mese di transizione  all'incognita invernale.

Ottobre che ci immerge, in tiepide e rassicuranti penombre pomeridiane.

A.C.


Prendo spunto dalla questione dei “pacs” (o “dico”), un controverso e ormai accantonato disegno di legge, che ha visto la contrapposizione tra cattolici e laici, per allargare il discorso al tema generale dei rapporti tra Stato e Chiesa e fra politica e religione.

Dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che Stato e Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. E’ scritto chiaramente nella Costituzione Italiana.

Dovremmo essere anche d’accordo che la religione non è una ideologia politica e d’altra parte la dottrina della Chiesa non è un insieme di norme di carattere giuridico.

Però, dovrebbe essere anche chiaro a tutti – e questo è il punto – che vi sono questioni che hanno una chiara rilevanza morale. Per cui, in questi casi, si verifica una coincidenza di interessi fra Stato e Chiesa e la gerarchia ecclesiastica, conseguentemente, non può non esprimere liberamente il suo pensiero.

In altre parole, vi sono scelte politiche, provvedimenti legislativi che sono, inevitabilmente, oggetto di giudizio da parte della Chiesa. Per esempio, la materia della fecondazione, del matrimonio e della famiglia; la questione della liberà delle persone e della libertà di fede; la difesa della vita in tutti i suoi stadi, da quello embrionale alla malattia, alla vecchiaia, all’agonia, alla morte; la questione della centralità del lavoro in rapporto al profitto ricercato ad ogni costo; il rifiuto della guerra e la difesa della pace; la condanna del terrorismo politico comunque motivato; il sostegno di ogni tipo di scuola, pubblica e privata, ecc.

Su queste questioni, peraltro, la gerarchia della Chiesa non può certamente ingerirsi nel processo legislativo italiano; non deve, cioè, diventare vero e proprio soggetto politico, perché la politica in generale è autonoma, ma può e deve esprimere il suo punto di vista. E il credenti (si badi bene, anche i parlamentari credenti) dovrebbero tenerne conto. Del resto, vi sono i precedenti del divorzio e dell’aborto, approvati senza il voto favorevole dei cattolici, i temi della fecondazione assistita, dell’eutanasia, dell’obiezione di coscienza, della guerra preventiva, eccetera. Sono tutti temi non disattesi dalla Chiesa.

Certo, sbaglierebbe la Chiesa se pensasse di poter imporre a tutti gli italiani la propria dottrina come se si trattasse di leggi civili, di legislazione italiana vera e propria. La laicità e la libertà delle istituzioni pubbliche verrebbero messe in discussione.

Un’autorità religiosa che si atteggiasse a soggetto politico rischierebbe di risvegliare l’anticlericalismo.

E’ auspicabile, dunque, una corretta forma di religiosità che non abbia niente a che fare con il fondamentalismo e la voglia di egemonia della Chiesa.

Antonio Palladino - 2010



Il mio lavoro consisteva nel visitare la clientela dell’azienda nei vari comuni pugliesi e lucani, per acquisire ordini.

Partivo presto la mattina per incominciare la giornata di lavoro verso le ore 7,30, per ritornare in serata, prima in azienda e dopo in famiglia. Le mie figlie le vedevo solo la domenica, perché la mattina andavo via quando ancora dormivano e così le trovavo la sera.

Qualche volta le portavo insieme e ricordo che, per alleviare le “lacune” del viaggio, sistemavo sul sedile posteriore della macchina un cartone che faceva da lettino a mia figlia. Durante il viaggio mi fermavo al bar, per fare colazione. Una volta ordinai un cappuccino, ma per la bambina quello era caffè e latte e non il cappuccino che immaginava.

Qualche volta, quando rientravo più presto la sera, mia figlia mi obbligava a portarla a fare un giro in macchina e la sua gioia era di passare da “ccò” Piccinni, come balbettando chiamava il monumento a Niccolò Piccinni, in Corso Vittorio Emanuele.

Ricordo i tanti piccoli negozi nei vari paesi e il lavoro delle gestioni familiari. Mi capitava di trovare qualche signora giovane che su un braccio reggeva un neonato e con l’altra mano serviva i clienti. Erano tempi molto sacrificati per tutti però c’era stima e rispetto reciproco. In commercio si facevano affari sulla parola, sia a breve che a medio termine, e nessuno veniva meno. Negli anni abbiamo acquisito più benessere, ma con tanta più ambiguità. Speriamo che nei prossimi anni non peggioriamo.

 

 L'ottantunenne Sergio Angelo - 2010

 



 


La carrozzella che effettuava il percorso dalla stazione a casa era severamente
scura, una perla nera, rara, che si snodava lungo le strade per esibire tutto il suo
prestigio:
- sedile e sportelli lucenti; finestre anguste ma pronte a mostrare anche gli angoli
più nascosti della città;
- ruote di legno dal movimento sicuro e piacevolmente dondolante; cavallo fidato,
risoluto; conducente efficiente, energico, talvolta autoritario......
e poi quell'odore penetrante, un pò acre, avvolgente, che stimolava la percezione,
attraversava le più intime emozioni e dava nuovo sapore e viva luce a cose,
intenzioni, vicende.

Marilena Diana  - 2010


Veniva poi il caldo Luglio, su all’alpeggio,

rovente come il fuoco con drappi che splendevano al sole

e costringevano il forese a portare ancòra

sulle spalle una solida falce da fieno

e al fianco, fissata alla cinta, una curva falce da erba.


Per me il grido del beccaccino e il trillo del tordo

il penetrante odore del fieno sbuffato dal vento

il lento procedere delle assetate mandrie al pascolo

l’erboso ruscello dove guadavano gli armenti

e si abbeveravano a sazietà di acque fresche.


Per me il rilucente smeraldo di sconfinati prati

l’ombroso bosco dai maestosi olmi e possenti pini

il frullo di farfalle e bombi tra felci ed eriche in fiore,

vado per il mio sentiero e guardo l’incanto della natura

la macchia frusciante, il rovo con le more e ogni creatura felice.


Affilato come una lama è il confine tra ombra e luce

la misteriosa penombra resta immobile

cupa minaccia di una nube tempestosa,

la terra pensa al suo ricco raccolto

io affondo nell’acre profumo di terra bagnata.



Anna Maria Rusconi - 2010



Un’altra breve riflessione misticheggiante e un po’ manichea.

Resto sempre alquanto perplesso di fronte ai tipi di predica che adottano quasi tutti i sacerdoti cattolici. Un tipo è quello che definirei “buonista”, pieno di parole di compassione, d’indulgenza, di perdono per ogni specie di errore e di errante.

L’altro tipo di predica, meno frequente, è quello dell’integralista, del “fustigatore”, propenso a menare fendenti, a colpire ogni perversità.

In un caso come nell’altro, l’omelia è fatta di vecchie parole che si ricordano con difficoltà all’uscita dalla chiesa. Parole che percuotono le nostre orecchie, ma raramente toccano il cuore.

Il fatto è che la predica è danneggiata dall’incapacità di molti pastori a scendere dalla loro astrattezza e genericità. Ti presentano un Dio sempre indulgente e quasi distratto oppure un Dio giudice che implacabilmente sembra sottovalutare i difficili problemi della vita umana.

Il Concilio aveva ipotizzato di affidare il ministero della parola anche ai laici, pur se sposati e pieni di problemi concreti, ma, a tutt’oggi, il ministero è ancora rimasto riservato al clero.

Oberato dal carico pastorale di più Messe nello stesso giorno e da tante altre incombenze parrocchiali, il prete non può che sbrigare la predica in modo seriale, con maggiore o minore eloquenza. Manca una “tecnica” di preparazione all’annuncio evangelico, che sia adeguata al nostro tempo.

La parola di Dio è parola di vita che va attualizzata, modellata, resa palpitante.

Il Vangelo parla alla vita dell’uomo, con i suoi molti problemi e le sue angosce. E lo fa distribuendo semi di speranza, ancore di salvezza, senza comizi e senza sdolcinature.


 Antonio Palladino - 2010



Bari

affacciata sull’azzurro mare

dona forti emozioni, ampi respiri

porta spalancata su fulgenti orizzonti

sogni d’oriente e d’occidente.

Città conquistata, dominata, violata

tristi memorie, infinite glorie

icona di antichità, arte, cultura

levantine menti, ingegnosa laboriosità.

Dolci aurore marine, infocati tramonti agresti

catturati tra imbuti di reticolate vie

girandola di venti frizzanti o spossanti

sole ardente, terra pietrosa, riarsa,

assetata di fresca acqua, di verdi oasi.

Borgo antico, millenaria storia,

qui vive orgogliosa la vera Baresità

tradizioni, folklore, superstizioni,

scrigno di un magico vernacolo

che diventa poesia, arte, teatro.

Bari

dimentica di striscianti incognite

non sfugge all’indugiar

di un nobile passato:

al presente certezze di un rinnovato futuro

consapevolezza, operosità, signorilità.



Anna Maria Rusconi  - 2010


Le rue radici

affondano

nell’aspra roccia

vivi di aria

di sole

di poche gocce

d’acqua.

La tua chioma

frondosa

mi rinfresca

mi protegge

guardo

il tuo tronco

rugoso

i tuoi frutti

dorati

m’incanto

al luccichio

delle tue fronde

mosse

da soave brezza

un dolce sonno

mi prende

e sogno.



Anna Maria Rusconi  - 2010




La brezza fresca accarezza  pelle e pensieri                                                   
che si smarriscono nel rumor delle onde
navigano i sogni  
le pupille si perdono nel blu infinito
ignare del torpore che l'attende.
La bianca spuma frizza e si dissolve
rende fragile ogni certezza
e ancora illumina quel nitido calore
che materno avvolge.
Un attimo e tutto eterno appare
come dolci promesse d'amore
sussurrate sullo scorrer di vele spiegate
che pare rincorrano un tempo che non è più.
Il cuore è caldo  pregno di speranze
ma a tradire è un brusco risveglio
pronto a mutarsi in lento e grigio sonno,
 al varco inesorabile l'attende.
Devi abbandonar la sponda
 il profumo salmastro dell'alga
ma nulla è incline al rapido passaggio.
Quando il freddo repentino avanza
vai a incanalarti nelle vie
per inspirare il loro odor grigiastro
e la natura si appresta con ritardo
a cambiar abito e a disegnare
fredde e spettrali figure
che si stagliano come ombre
tra il rumoroso calpestio di passanti
frettolosi e indifferenti.

Rosanna Polito - 2010

La guerra è l'accaduto più devastante che possa vivere il genere umano. I suoi
effetti sconvolgenti si protraggono a lungo anche dopo, in tempo di pace.
Quando nacqui, nell'immediato dopoguerra, la mia sopravvivenza fu subito in
pericolo per il disagio di non potermi nutrire a sufficienza. Mia madre disperata,
vedeva, giorno dopo giorno, prosciugare il suo generoso seno della fonte
principale di sostegno per un neonato: il latte. Dopo aver tentato ogni forma di
recupero del prezioso nettare, sia meccanica e non so quant'altro, si decise di
optare per soluzioni alternative. L'amicizia stimata e sincera con un colonnello
dell'esercito, responsabile tra l'altro della mensa destinata agli alleati, permise la
soluzione del penoso problema. I rapporti del colonnello con il cuoco addetto
alla custodia delle copiose provviste americane consentirono a mio padre di
rifornirsi cospicuamente ed ogni qualvolta fosse necessario, di latte in polvere e
condensato.
Ed eccomi ignara, gustare con soddisfazione un cibo estraneo giunto a me come
manna dal cielo.
A volte mi ritrovo a pensare su cosa ne sarebbe stato di me se fossi venuta alla
luce in pieno conflitto bellico.

Rosanna Polito - 2010


Giorni bui, tristi, tutti uguali, vissuti nella durezza e nella grande fatica.

Nuvoloni neri, padroni di un cielo sereno, si ingigantivano a dismisura.

Testarda, aspettavo il dì migliore, difendendomi dal ripiegarmi su me stessa.

E' arrivata in punta di piedi, ma decisa, la mia amica tanto attesa, ora inseparabile:

la SPERANZA.

La sento, la scruto, la imploro: mi aiuta, mi segue, mi sorregge.

E, quando esulta ancora una volta vittoriosa, l'applaudo... e con lei torno a vivere.

Mariannina Regina - 2010


Ho reso la mia famiglia di origine più numerosa, essendo stata io la sesta ed
ultima figlia arrivata in una famiglia che aspettava il Natale ed uh figlio, dopo
quattro femmine ed un solo maschio!
Si era in pieno inverno e, nel 1950, venivo nutrita del sacro latte materno; il calore
veniva da tante braccia e tante mani che si prendevano cura di me. Cuffiette,
sciarpe e panni candidi appoggiati sulla spalliera di una sedia di paglia, messa lì,
accanto al braciere perché prendessero calore e perdessero umidità : si
effondeva, così, tutt'intorno il tipico ed inconfondibile odore di pulito e di
neonati.
Mentre venivo alla luce, una cara anziana amica di famiglia, nonché coinquilina,
lasciava questa terra e, mia madre, subito dopo avermi dato il primo latte, si
precipitava ad occuparsi dell'ultima vestizione della buona Rosina.
Credo che la conoscenza di questo aspetto della mia vita, raccontatomi tante
volte da mia madre, abbia lasciato traccia dentro di me: la morte e la vita in
un'ineluttabile continua fisiologica alternanza.
Allo stato attuale, già a fine novembre, sono assalita da un'ansia anticipatoria:
l'euforia dell'imminente dicembre che, se per certi aspetti, un po' mi angoscia, per
moltissimi altri mi elettrizza!
Tante volte ho pensato, ripensato, riflettuto: per tanti anni il mese di dicembre,
soprattutto durante le feste natalizie, è stato per me un periodo di grande
solitudine. Credo, oggi, che la solitudine vissuta in quei periodi ormai passati, io
l'abbia così tanto interiorizzata da coglierne adesso il senso autentico e la
consapevolezza di che cosa sono e di che cosa desidero realmente: la famiglia, la
famiglia nella sua interezza!
Il crogiolo della famiglia che all'interno del suo seno accoglie tutti coloro che di
essa si sentono parte integrante.
Dicembre, che prelude ad un nuovo anno , verso cui andiamo carichi di speranze
e aspettative, di nuovi progetti, di sogni da realizzare!
Meraviglioso dicembre: bianco, freddo, profumato, sfavillante, scoppiettante e santo!

Giuditta A. - 2010

L’imminenza della Pasqua mi spinge ancora una volta a una riflessione misticheggiante

(se mi è consentito ). Penso a quell’Uomo eccezionale, vissuto venti secoli fa in terra di Israele.

L’analisi storica mi riporta una figura ancora più ricca di quella raggelata nel dogma.

Il personaggio e la religione alla quale ha dato origine, distinguendosi dall’ebraismo,

ha un fascino irresistibile. Una piccola costola del giudaismo,

divenuta religione dell’impero di Roma e da allora religione di Stato in molti altri Paesi,

lascia perlomeno perplessi.

La vera identità di un uomo capace di mobilitare le folle

anche dopo la sua morte solitaria sulla croce spiega

la perenne attualità del dibattito tra il credente e il non credente.

 

 

Antonio Palladino  - 2010


La guardo mentre ronfa saporitamente acciambellata sulla sedia e penso che è
entrata a far parte della mia vita proprio al momento giusto.
Solo un anno fa, piccolissima e vivace, sei stata accolta nella nostra casa e, da
quel momento, noi e le nostre esistenze sono state liberate da una sorta di sopore
amaro in cui, senza volerlo, eravamo caduti. Le giornate erano scandite spesso da
un ritmo falsamente frenetico, intervallato da spazi vuoti, pieni di lunghi e
assordanti silenzi. Le nostre conversazioni erano a volte banali, a volte rancorose
senza però che ci fosse alcun motivo di attrito fra noi.
Finché non sei arrivata nella nostra vita, sembrava che la stessa luce del sole non
fosse più così brillante come ce la siamo sempre immaginata e l'anima, abituata a
cogliere le più nascoste sfumature dei suoi moti, adesso ne sapesse intravedere
soltanto quelli che avevano il gusto della mestizia e della malinconia.
Per poi non parlare del nostro aspetto fisico che corrispondeva alla sensazione di
grigiore che ci portavamo dentro. Le spalle sembravano incurvarsi sempre di più
e le rughe, non più sollecitate spesso a distendersi in ampi sorrisi, solcavano il
viso in lungo e in largo, creando, sulle nostre facce, delle maschere buone per la
commedia dell'arte.
I giorni sembravano inesorabilmente privi della gioia che può dare il profumo
della pelle di un bambino o dell'allegria che produce un lieto evento. Da parte
nostra c'era l'affannosa ricerca di una qualsiasi forma di felicità da ritagliare
minuziosamente ogni qualvolta ce ne fosse l'occasione, ma quanta fatica! Poi, ai
primi tepori del mese di aprile sei entrata a far parte delle nostre vite e lo hai fatto
in maniera prorompente nonostante fossi una piccola pallina pelosa di scarsi
trecento grammi, munita di un grazioso nasino all'insù (alla francese direbbe
qualcuno!) che, a seconda del grado di euforia nel gioco, passa dal bianco
lattiginoso al rosa intenso e hai occhi grandi e tondi anch'essi dal colore
cangiante.
Non puoi senz'altro pretendere che io possa ricordare i tuoi nobili natali perché di
altolocato, alla tua nascita, c'e soltanto il grande e superbo cespuglio di ligustro ai
piedi del quale tua madre ti partorì.
Sei gatta di strada, per molti un'anonima gatta bianca e nera ma che per noi hai
rappresentato una svolta. Il sole, grazie a te è tornato a splendere, il giorno ha la
scansione del tempo regolata dal cuore e le conversazioni sono tornate ad essere
allegre o piene di tenerezza ogni qualvolta che capita di osservarti intenta a
inseguire le foglie secche alzate dal vento oppure mentre dormi completamente
rilassata, a pancia in su, come di chi ha ormai ceduto ogni resistenza e si fida
ciecamente dell' altro.
Mia cara felicità pelosa, è incredibile quanto tu abbia potuto rubarmi il cuore!
Eppure, nella logica del dare e dell'avere, tu solo prendi da me: io ti accudisco e ti
ho anche regalato le mie lacrime quando sembrava ti dovessi perdere per sempre
eppure, a conti fatti, mi sembra di non aver nessun credito aperto con te perché
tu mi hai abbondantemente ripagato, e lo fai ogni giorno, con la tua semplice
presenza.
Tutto questo può sembrare esagerato, lo ammetto, e non pretendo che mi si
capisca, ma rimane il fatto che oggi, rispetto a ieri, io mi senta più ricca, più
amata,più completa.
Certo, investire il cuore in qualcosa o qualcuno che si ama equivale anche a
proiettarsi, verso un prossimo ma inesorabile distacco; ma anche per te deve
valere, fin da oggi, il confortante pensiero che non è importante il non esserci più
quanto l'essere stati presenti, e questo sussurro alle tue orecchie tese mentre,
dolcemente, ti adagi sul mio petto per un tranquillo sonnellino.


Anna Gabriella Antonino - 2010

A volte mi chiedo
s'è la vita a turbare la morte,
o la morte a turbare
questa nostra vita terrena.
Sfiorarne poi il senso
dell'una e dell'altra
e - per attimi - restarne sospesi ...
in vibrazioni di spirito,
in cui vita e morte
non sono che dimensioni
di conoscenza del proprio "sè "
nel cosmo ...
Rari momenti in cui
quella grande tela della vita
che ogni giorno tesso e poi disfo
con ansie e paure,
in quegli attimi ritesso velocememente
come grande sudario
con tutti i toni dell'arcobaleno
pronto ad avvolgermi per un viaggio
dove non sarà certo riposo
se non per le mie ossa.

Angela Maria d 'Addosio - 2010
Luce
affetti
avversità
gioie
sicurezze
rimproveri
verità
confronti
silenti esempi di vita
profondamente radicati
nel mio essere
nel mio vivere.
Ricchi semi
caduti in fertile terra
coltivati nel passato
fioriti nel presente.

Anna Maria Rusconi  - 2010
Era comunicativo il tuo sorriso e gli occhi teneri non smentivano il fascino di uno
sguardo ammaliatore.
Ti ha tradito solo un cuore generoso con tutti, ma non con te.
Frammenti di schegge lasciati nel tuo fisico robusto in ricordo di una guerra
assurda non spegnevano il tuo buon umore.
Nulla scalfiva il tuo animo puro nemmeno la sofferenza intensa.
Sorridevi alla vita come un fanciullo ingenuo, sognavi e facevi sognare.
Indimenticabili  i tuoi magici presepi! Li costruivi per incantare i piccoli che ne
venivano straordinariamente rapiti ed entravano da protagonisti in quell'atmosfera
di natività.
L'incanto proseguiva nei racconti di guerra che estasiavano gli animi inermi e
facevano idealizzare eventi che la coscienza solo più tardi poteva rifiutare.
Vedo lavarti il volto nel fiume e l'acqua trasformarsi in cristalli di ghiaccio pendenti
da gote che sorridono con fiduacia all'umanità.
Gli ospedali da campo affollati, tanta sofferenza sopportatat con eroico
sacrificio. Nulla poteva quell'entusiasmo verso la vita, quell'ottimismo
rassicurante.
Soffrivi nell'animo solo di un male che dava sconcerto: la nostalgia della terra
d'Africa.
Ogni angolo era adornato di ninnoli che inserivi in atmosfere esotiche ricreate per
ricordare un affascinante vissuto.
Ci narrasti della perlustrazione in una grotta e di un compagno entrato in
avamposto che tardava ad uscirne. Lo seguisti; all'interno un sottile raggio
squarciava il buio intenso illuminando solo due splendidi occhi color smeraldo. Il
compagno li fissava intensamente e rapito da un'attrazione ipnotica non
rispondeva ai tuoi richiami. Fissasti anche tu quello sguardo ammaliatore mentre
pensavi "E' la fata Morgana". Dopo un breve smarrimento distogliendo con forza
lo sguardo avvertisti un pericolo sottile, quasi impercettibile. Imbracciato il fucile
lo puntasti sulla macchia nera che separava quei due oceani fluorescenti salvando
così l'uomo dall'abbraccio mortale di un imprevedibile nemico: il serpente boa.
Certo eri invasore in quella terra straniera ma sembravi non esserne cosciente.
Narravi con candore di come salvavi vite di poveri uomini che smarriti e vinti dal
panico si dirigevano inconsapevolmente verso un fuoco nemico: il nostro.
Non esitavi a tirarli giù con coraggio. Il tuo cuore prodigo di certo non faceva
differenze tra uomini. So che questo è incredibile ma chi osservava i tuoi occhi, il
tuo sorriso e scrutava in profondità il tuo animo non dubitava perchè ne coglieva
sempre un'ingenua, innocente freschezza.

Rosanna Polito - 2010
Vita perigliosa
solcare mari della verità
impaurisce la solitudine
tormenta l'ignoto.
Oscure acque
incauto veleggiare
violente procelle
tempestose bufere
ostili naviganti
pericolosi ondeggiamenti
distratti nocchieri
ribellioni
rancori
egoismi
paure.
Dov'è l'estimazione
il coraggio, la lealtà?
Voglia di serena fratellanza
di placati conflitti.
Salda mano sul timone,
ritrovarsi a sicura sponda
nella cosa più bella del mondo
l'AMORE
nel bene più necessario
la FAMIGLIA.

Anna Maria Rusconi - 2010
Non vivere, ma conoscere indirettamente i conflitti vissuti dai popoli e dai tuoi
cari significa rimanere ai margini della tragedia; ciononostante è inevitabile esserne
coinvolti nelle palpitazioni e nelle emozioni più profonde. Da un paese ridente di
provincia, dove i miei erano sfollati per ragioni di sicurezza, mio padre, pilastro
della mia vita, tornava quotidianamente in città per ovvi motivi di lavoro. Il suo
viaggio era spesso disastrato e avventuroso, una vera incognita per la propria    
incolumità e sopravvivenza. Ferrei e arrugginiti vagoni di treni malandati ,
ospitavano gente in affanno, malamente sistemata in rigidi arredi lignei. I treni,
causa i bombardamenti, di frequente erano costretti, a metà percorso, a fermarsi
in aperta campagna per tempi interminabili. Quando ciò accadeva di notte, l'
amato genitore arrivava a destinazione spesso straziato dalla fatica e dal freddo 
affrontando con sofferenza il candido e soffice manto di neve che l' accoglieva.
Ma presto si consolava e insieme a lui i suoi compagni di sventura nel vedere la
moltitudine di donne presenti in trepida attesa per conoscere se la loro condizione
di consorte fosse immutata. Il calore che sprigionava dai loro sorrisi e dai loro
abbracci scioglieva immediatamente il gelo della neve intorno e faceva dimenticare
ogni tribolazione scaldando copiosamente il cuore degli uomini. Dopo il mio
concepimento, si decise che mia madre era opportuno rimanesse al caldo ed in
sicurezza nella propria dimora e non commettesse imprudenze alcune. Ancor oggi
mi rammarico che l' amato genitore, a causa mia non potesse scaldare il proprio
cuore immediatamente al suo sospirato arrivo a destinazione.
 
Rosanna Polito - 2010

Tirare su di primo mattino le tapparelle del soggiorno e sorridere con abbandono
al 'genio sole 'che sorgendo inonda e penetra pareti e cose di questa stanza e,  per
magnetica risonanza una parte di me  in simbiosi con tanta luminosità farsi
anch'essa.... vibrazione di luce che spesso mi accompagna nell'instabile equilibrio
della monotonia quotidiana. Ho posato,quindi, lo sguardo sulla mia rossa stella
di natale e anche oggi ho raccolto da terra,con tanta pena, quel piccolo tappeto di
fiori e foglie cadute.
Ho sfiorato con una carezza ciò che è rimasto della mia purpurea e ridente pianta
natalizia con ... un oscillante senso di colpa per non aver saputo quant'acqua
servisse per mantenerla sana e rigogliosa.
Ho poggiato, poi, sul lavello della cucina quell'ormai inerte mucchietto di verdi
foglie e vermigli fiori, quasi a non volerli seppellire del tutto.... nella pattumiera.
Sul lavello c'era una caffettiera da lavare, l'ho smontata e con la coda dell'occhio
ho sbirciato se ci fosse un pò di scottex nelle vicinanze, ma non c'era, e per
sbrigarmi...ho preso alcune foglie da quel mucchietto posato lì in un angolo, per
togliere meglio la posa dal misurino della caffettiera prima di lavarlo.
E, in questa piccola azione mi sono trovata a pensare, .....che strana strategia
compiono il cuore e la mente per farci sentire sentimentali e sensibili!
Per esempio: io ho avuto vera compassione per la stella di natale, mai però nel
buttare la posa di caffè! Ma anche il caffè è una pianta....non lo ricordi?
E a pensarci bene davvero dura la sorte dei suoi chicchi: colti, dopo varie
sequenze tostati, macinati, messi sotto pressione in ogni genere di caffettiera, per
poi.....bearci del suo aroma bevendone la sua essenza e farne un rito mattutino e,
magari dopo....fumare, aspirando una buona sigaretta....fatta di cosa?
Naturalmente di foglie di tabacco: colte, essiccate, triturate, fumate e ....incenerite!
A questo punto una sana risata su tutto mi ha colto e questa volta con un pò di
ironia, poggiando la punta dell'indice sulla bocca, ho mandato un bacio alla posa
del caffè adagiata in superficie...nella pattumiera!
In fondo che vuoi farci, mi sono detta, è la legge della natura.....il tutto è
oscillazione... nient'altro che oscillazione di quella luce e di quelle ombre di quella
stessa luce qual è la vita e la fragille umanità
 
Angela Maria d'Addosio - 2010
La guerra è sconvolgimento di
grandi e piccole cose della vita.
Quando non sei sul campo devi
comunque lasciar la dimora e  
gli oggetti che parlano di te.
Sei spogliato nell'animo,
perdi la tua storia e
lentamente i tuoi sensi non
ravvivano più l'antica memoria.
Abbandoni il certo per l'ignoto
nel disperato tentativo di salvare
quel respiro costante, l'unico
che può seguirti ovunque.
E tu, mentre soffri
l'adattamento ad usi nuovi  
a colori e profumi diversi,
raccogli con sgomento una voce
inaspettata: devi offrire l'amata
abitazione agli alleati inglesi.
Eccoli, sono loro i nuovi invasori!
Gente senza scrupoli, pronta
a devastare quanto traccia
il tuo faticoso cammino.
É sconcerto, perplessità, timore..
...” fare l' impossibile...trarre
in salvo”...è l' assillo incessante
che ti tormenta...e poi c'è
LUI, IL PIANOFORTE!
Non può, non deve essere sfiorato,
profanato da mani estranee.
In un' immagine improvvisa
ti riappare: nero, lucido,
imponente nella sua sacralità.
Il suo peso, un quintale,
pare appropriato a reggere
l' emblema di un mito
quello dell'adorato padre,
uomo severo, integerrimo, retto.
Ed è per questo che, agendo
con astuzia lui, il nuovo mito
sarà traslato in luogo sicuro
realizzando così, in fretta
un sogno all'apparenza impossibile.
Quando l'incubo  bellico termina
e la sospirata pace ritorna
lui è di nuovo lì, trionfante,
collocato in quell'angolo che
da sempre gli appartiene. E lei fiera, con eroico orgoglio
 pigia quei candidi tasti che effondono arie famose
e narrano di un soffio che si perpetua nel tempo.

Rosanna Polito - 2010

Una breve parola , unica per definire un totale martirio. Come può essa
da sola dare senso reale ad una tragedia accaduta?  L' ascolti più volte, ma non
puoi coglierne l' essenza profonda. I racconti,  le icone, colpiscono un
immaginario innocente, puro, che si conserva tale e si colloca ai margini della  
coscienza  perché quell'evento così cruento,  tanto da lasciare un sapore acre, si
ammanta involontariamente di un alone irreale. Tutto sfuma come in un giorno di
nebbia quando il grigiore circonda le cose velandole leggermente.
Ma un dì decidi di varcare una dannata soglia, la stessa che maledirai
per sempre. Perdi la tua innocenza quando calpesti i sassi di un campo tinti di
colori intensi, intrisi di passione. Le testimonianze inconfutabili urtano contro la
coscienza inquinandola. Il turbamento profondo si lascia possedere da un silenzio
sordo, tirannico e si colora di tenebre.
Ciò che assimili si impasta con te. Dinanzi ai tuoi occhi scorrono
immagini strazianti, atrocità. Uomini uncinati pendono da corde robuste, nuvole
di fumo nero si espandono da fumaioli apparentemente normali, gli odori aciduli
dei forni graffiano le narici e arrestano il respiro. Gli occhi inquadrano
testimonianze di macabri esperimenti medici pregni di una glaciale logica
scientifica. La perfezione del processo metodico atto a devastare i propri simili
mette in luce una demoniaca sfida alla onnipotenza divina.
Ad un tratto un' inquietante domanda ti assale: se fossi stato lì cosa
avresti fatto? Non come oppresso, la risposta sarebbe banale, ma come
aguzzino? Se siamo tutti uguali ne consegue che tu sei come loro, appartieni pur
sempre a quella categoria di esseri che ci si ostina a definire impropriamente
“uomini”. Nei meandri del tuo animo si nasconde lui, il demone feroce che per un
caso fortunato è sopito e speri dorma sempre sonni profondi. Vorresti rimuovere
questa verità ma essa ti pesa nel cuore come un enorme macigno.
Quando il silenzio lentamente si sgretola tutto è cambiato. Le labbra
sussurrano parole meste, lo sguardo punta il suolo, il cuore è contrito, la mente
invasa da un unico pensiero, sempre lo
stesso:...RICORDARE...RICORDARE....RICORDARE!!!    

Rosanna Polito - 2010


Sorrisi inneggianti e orgogliosi
fanno da specchio
ad una felicità incontenibile
avvolta in un'atmosfera d'amore
ricca di gesti soavi,
odorosi di fresca vita.
Tutto è sereno dopo la lunga attesa,
ma per un attimo gli animi sussultano
un mattino, in presenza di un boato.
“...E' la nuova Pompei”...si urla
mentre un vento improvviso
spazza via umanità e cose
trasferendole a distanze incredibili.
Corvine diventano le chiome canute
e si ambra il cielo tanto
da rendere incomprensibile
quanto intorno accade.
“Un attentato”.. la nave americana!”...
panico, smarrimento, incredulità.
Intorno al porto si corre
a prestar soccorso a centinaia di feriti
la città è in subbuglio...
i morti non si contano.
Ma, nella tranquilla dimora
ciò che da affanno è un'apparente
innocua porta
oltre la quale la neonata riposa.
Preme accorrere alla sua culla
ma l'uscio ostinato rifiuta di aprire il varco
l'impatto lo ha reso saldo agli stipiti
e non intende allentare una stretta che
minaccia tradursi in abbraccio mortale.
Ansie e palpitazioni accompagnano,
in un tempo interminabile
un caparbio operare di genti accorse in aiuto
Quando la luce divina è quasi a riposo
e si accinge a cedere il passo alle tenebre
l' uscio stanco si arrende
e pronto mostra una bimba ignara
che, ancora cullata dalle braccia di Orfeo,
è immersa in un mondo parallelo
fatto di sogni e di speranze.

Rosanna Polito - 2010

                                                         
C'era una volta.......
un vecchio amico, piuttosto avanti negli anni, benché ancora arzillo...
Infatti camminava dritto sulle sue gambe. Guardava, ardito, il prossimo in faccia con i suoi occhi chiari, in particolare il prossimo femminile.
Egli diceva che gli sguardi ammirati alle donne esaltavano il suo senso estetico e non reconditi desideri lascivi e si doleva di verificare, di rimando, la totale indifferenza proveniente da quel mondo, I' altra metà del cielo.
Poi, mirandosi quotidianamente allo specchio per le mattutine abluzioni e per la rasatura della barba, prendeva coscienza del tempo trascorso e dei segni incancellabili crudamente visibili. Scuotendo triste il capo, giustificava appieno l'indifferenza letta nello sguardo della donna incrociata che, talvolta si trasformava in disponibilità all'aiuto come raccogliere un oggetto cadutogli o fargli attraversare una strada molto trafficata, visto che da noi i semafori hanno funzione cromatico-decorativa. -
Egli allora, facendo violenza al suo carattere socievole e comunicativo, si ritirava nella sua casa al bosco, sull'alta Murgia, facendo per un po' vita solitaria dedita alla meditazione. Camminando fra le sue querce, fra rovi e more , cercando, se in autunno, qualche fungo mangereccio, come la * Vescia ," commestibile anche crudo, e raccogliendo gli ultimi ciclamini; quando alla fine di un erto pendio ansimava vistosamente, andava col pensiero alla sua giovinezza e alla sua lunga militanza calcistica, quando da brillante mezzala ambidestra percorreva il campo di calcio in lungo e in largo per ben 90 minuti, ascoltando compiaciuto i tifosi casalinghi che applaudivano e scandivano il suo nome.
E pensava anche alle lunghe marce forzate da soldato di leva durante l'ultima guerra, con il pesante zaino sulle spalle, le armi in dotazione e
relative munizioni, per sentieri e dirupi, senza palesare alcun affanno, confidando sempre nella Provvidenza che gli ha consentito di concludere il periodo bellico salvando la * ghirba."
Adesso, invece, deve muoversi con cautela, anche perché l'equilibrio è precario. Egli se ne accorge, ha detto, quando deve infilarsi i pantaloni! Proprio così. E' opportuno, dice, disporre di un appoggio, in quanto star su una gamba, alternandola con l'altra, facendo la suddetta operazione, non sempre gli riesce.
Di tanto in tanto sfoglia l'album che il padre fotografo gli ha dedicato, dalla nascita alla giovinezza, successivamente da lui arricchito con immagini della sua gioventù, della vita coniugale e lavorativa fino agli ultimi attuali anni. E allora che rimugina sulla mutazione fisica evidente e ne prende atto, consolandosi dicendo che lo spirito, quello si, è quasi del tutto integro. La curiosità su ciò che gli succede dintorno, la voglia di mantenere i migliori rapporti possibili con le persone che gli sono, a diverso titolo, vicine; la lotta quotidiana con le meningi ed i neuroni per mantenerne l'efficacia; l'interesse per la lettura, per l'informazione, per la scrittura, per le discussioni su argomenti diversi, dati* politica atfarte e allo sport: sono tutte attività, codeste, che lo impegnano e gratificano.
Il mio amico, pur rattristandosi per non essere fisicamente in forma com'era 15 anni fa, quando ancora giocava a tennis, non si lamenta: guarda il bicchiere colmo a metà, mezzo pieno; confida nella bontà delle persone, superando le inevitabili delusioni; per quel che può cerca di aiutare il prossimo, e sviluppa il suo lungo rapporto coniugale condendolo con amore e pazienza e apprezzandone quotidianamente il sereno menage.
Quindi lo spirito, la coscienza, il cervello e la memoria di questo mio vecchio amico gli fanno giusto aggio sull'inevitabile progressiva decadenza della struttura fisica che, lui spera, possa reggere ancora un po' di anni, malgrado alcuni malanni in agguato, contro i quali lotta con grinta per niente rassegnato. Se qualcuno desidera conoscerlo, alla prima occasione ve lo presento.

Tommaso - 2010
Affiora dal terreno
 una riarsa radice
lembo ormai inutile
di un frondoso eucalipto.
 Sgraziata, insignificante
 nella sua vetusta legnosità.
 Recisa, gettata nella legnaia,
 pronta al fuoco del camino.
 Ad un attento sguardo
 mostra la sua armoniosità:
giusta altezza
sinuosa linea
venusta nodosità
opportune ramificazioni.
 Vera scultura della natura.
 Ripulita, lucidata,
 posta nel migliore angolo della casa.
 Superbo pezzo d'arredo.
Ineluttabilità del tempo:
lento svanisce il magico incanto.
 Rimossa, dimenticata,
inconscio rifiuto
 al suo completo abbandono.
 Riabilitata, rivalutata,
 posta in giusto loco
 nuovo trionfo della scultura.
 Orgogliosamente addobbata
di colorate collane
dorate bigiotterie
luccicanti riflessi
splende di magiche suggestioni.
Presuntuosamente un'opera d'arte.

Anna Maria Rusconi  -  2010

Il sorriso della piccola Katia aveva qualcosa di simpatico ma, allo stesso tempo,
di sconcertante. Ogni volta che apriva la sua boccuccia al riso si mettevano in
evidenza, in primo piano, un largo buco avanti per la mancanza degli incisivi e,
intorno ad esso, una  serie di dentini neri, cariati che costringevano a pensare alle
sue evidenti mancanze alimentari colmate da un'interminabile serie di giorni a base
di polenta sempre condita da inespressi desideri.
Meno male che c'erano i suoi grandi occhi neri che esprimevano la gioia di vivere
e che sapevano ridere insieme a tutto il suo magro corpicino! Katia è stata la mia
unica e migliore amica in quei fugaci 22 mesi trascorsi in quella città del nord di
cui non ricordo nulla delle sue strade, dei suoi viali e delle sue piazze. Il tempo
trascorso lì fu scandito esclusivamente, dal susseguirsi delle malattie
esantematiche dell'infanzia e dai giochi meravigliosi all'aria aperta condivisi con
Katia.
Abitavamo sulla stessa strada che si inerpicava con due grandi tornanti sul lato di
un colle: io in una villetta e lei in un casolare con tanto di galline che razzolavano
sull'aia e, sul retro, le gabbie dei conigli accompagnate da un costante odore acre
di letame caldo e fumante.
Le nostre case, la sua più umile ma, ai miei occhi altrettanto ricca, e la mia, erano
immerse nel verde della natura: vigneti a perdita d'occhio in cui scorazzare a piedi
scalzi, un boschetto di vecchie querce che, come vecchie gentil donne,
incutevano rispetto e, all'imbrunire, un po' di timore e, poco lontano, una
montagnola di terra rossa che, a seconda dell'ispirazione del momento, diventava
un fortino, un castello o, più semplicemente, una vetta da scalare e da cui godere
il paesaggio al caldo del primo sole di primavera.
Di qualsiasi gioco si trattasse, come già accennato, nella bella stagione le scarpe
erano da noi abolite e adesso so anche il perché: per Katia era una questione di
risparmio, per me significava la conquista di un inesprimibile senso di libertà.
Devo molto a quella piccola e nera creatura; grazie a lei e alla sua realtà contadina,
mi aprii in quei pochi mesi, in modo semplice e naturale, alle più elementari leggi
della vita: il concepimento, il nascere e il morire attraverso l'osservazione dei suoi
conigli e anche con i racconti della nonna che, sorridendo, mostrava una bocca
ancora più sdentata di quella della sua nipotina.
In una di quelle giornate fatte di corse, filastrocche e piedi neri ci fu l'arrivo, nella
mia casa, di un oggetto che all'epoca non stravolgeva le esistenze delle famiglie
ma, ancora, sapeva arricchirle.
Un grosso, ingombrante televisore fu piazzato nel mio salotto.
Il suo schermo lucidissimo e bombato rifletteva, deformandoli, i contorni
degli alberi che avevamo nel giardino davanti alle finestre della stanza e,
quando si accendeva, nel video figure in bianco e nero parlanti si
confondevano con la silhouette dei cipressi che crescevano fuori.
Le mie giornate e quelle di Katia, da quel momento in poi, prevedevano un
appuntamento fisso. Nel pomeriggio, infatti, si trasmetteva la tivù dei ragazzi
che, davvero, non si poteva perdere.
Lo Zecchino d'oro con Mago Zurlì e Topo Gigio, le avventure dei ragazzi di
Padre Brawn, le gesta eroiche del cane Rintintin !
Una tale programmazione annullava di un colpo ogni altra velleità e, puntuali, io e
Katia ci presentavamo alla porta di casa mia per l'inizio della tanto amata
trasmissione.
Mia madre, da buon angelo qual'era, ci faceva entrare sorridendo e soprattutto
sopportando che ci presentassimo con i nostri piedi neri e umidicci che
lasciavano ovunque le nostre impronte.
Non mancava mai la merenda che la mamma aveva preparato con cura pensando
più a Katia che a me, volendo sopperire in qualche maniera, ma sempre in modo
discreto, alle carenze di grassi, vitamine e zuccheri che trasparivano da quel
corpicino minuto e scheletrico il cui unico segno di buona salute erano le guance
sempre rosse e screpolate per il sole preso nella bella stagione e per l'aria gelida
dell'inverno.
Questo era il mondo di Katia a cui, con immensa gratitudine, ho potuto
brevemente partecipare ma i cui riflessi sono ancora tanto presenti in me e non
solo nella mia memoria bensì anche nelle mie scelte e decisioni di ogni giorno.
Non voglio tornare laggiù perché temo di rimanere delusa. Il colle, i vigneti, la
montagnola di terra rossa, i conigli e tutto il resto li ho definitivamente
stigmatizzati in un'immagine carica di un profondo senso amoroso in cui le
persone care vivono lì per sempre come veri soggetti del mio personale Paradiso.

Anna Gabriella Antonino - 2010

Pensieri assopiti

nelle pieghe più inconfessate dell'animo

e ridestatisi

sulla spinta di brevi importanti momenti.

Immagini nebbiose

che ritrovano brillantezza e colori

sotto la luce improvvisa

di parole, suoni, odori.

Teneri rimpianti

che avvolgono

in un sottile velo nostalgico

frammenti di tempo

e briciole di vita.

Sono i ricordi,gli amati ricordi,

tracce incerte di un terreno già esplorato,

di occasioni già vissute,

orme lievi

che riescono però

ad indicare con chiarezza nuovi sentieri

e ad accompagnare con fiducia nuovi progetti.

Marilena D. - 2010


“ Signor capo, per favore stamattina non fatemi andare in laboratorio, fatemi

andare in sartoria o in servizio agli spogliatoi; oggi proprio  non riesco a stare in

piedi, stanotte non ho dormito, sono molto stanca”

Il signor capo, grigio di capelli, grigio di espressione, grigio nel suo camice

sbottonato su di una camicia dal collo unto, la penna e il taccuino che

fuoriuscivano dalla tasca,  guardava Carmelina con uno sguardo imperioso,

torvo, minaccioso.

“ Signor capo, vi prego, non mi fate la multa, vossignoria sapete che sono una

donna lavoratrice, non mi sono mai lamentata, voi sapete che non ho mai chiesto

favori, ma stamattina proprio non sto bene, non resisterei tante ore in piedi alla

macchina confezionatrice. Ieri non vi ho detto niente, ma quando, a fine giornata  

ho sollevato l’ultimo casserino , ho sentito come uno strappo alla schiena.

Vossignoria sapete che non ho mai fatto un’infortunio, vi prego, vi scongiuro,

aiutatemi.”

Gli occhi del signor capo si posarono sulla cuffia bianca che a stento raccoglieva

la rossa capigliatura  di Carmelina, passando poi in rassegna veloce fino a

giungere alle caviglie gonfie che s’intravvedevano sotto il lungo camice color

tabacco. Un ghigno, scambiato per un sorriso,  fece comprendere alla donna che

forse sotto quel camice grigio c’era un’anima pietosa e, almeno per  quella

giornata sarebbe stata dispensata dal suo lavoro pesante ma, soprattutto, non

sarebbe stata multata!

“ Va bene Parricelli, per oggi ti faccio sostituire e non ti annoto nel registro delle

multe.”

“ Grazie signor capo, grazie, vossignoria siete una brava persona, che Dio vi

benedica; lo dicevo alle mie compagne che voi siete il più bravo dei signori capi,

grazie, grazie”.

“ Ah, a proposito   Parricelli, nel frattempo che vado a dare disposizioni nel

reparto, vai in infermeria,  fatti dare una  pomata e poi vieni nel mio ufficio”.

“ Signor capo ma dove mi mettete a servizio oggi? Sono già le otto e un

quarto…non voglio perdere la giornata di paga.”

Carmelina si reca in infermeria, chiede la pomata, firma la ricevuta  e si accinge ad

uscire quando…” Carmelina, Carmelina, mi raccomando, il massaggio al signor

capo, faglielo dolce dolce…!”

“ E allora, togliamo via questa cuffia, questo camice e scopriti le spalle, indicami

bene dove senti dolore,  ti faccio un massaggio e poi tornerai come nuova!”

“ Ma signor capo, vossignoria siete troppo gentile, ma non vi dovete

preoccupare, stasera vado dal medico e poi…e poi…io mi vergogno”.

“ Rossa di capelli e rossa in viso, spogliati e sbrigati, non ho tempo da perdere,

non fare tanto la ritegnosa, sai quante vorrebbero essere al tuo posto ?  Ci tieni

così tanto a lavorare nel reparto? Muoviti, non sono abituato a tante storie, vuoi

finire al reparto concia?”

Senza bussare alla porta, un altro camice grigio irrompe nell’ufficio e

concitatamente sussurra all’orecchio del collega: “ Il fascio è caduto!”.

Carmelina china sulla scrivania, discinta nell’abbigliamento ma, salvata

tempestivamente, si ricompone e con la forza della dignità inviolata si rivolge al

signor capo: “ Vossignoria permettete una parola? Verme, vigliacco” , poi gli

sputa in faccia e corre via.

Percorre lunghi  corridoi, attraversa il giardino, si ferma davanti alla vasca e,

istintivamente, vi affonda le braccia, con le mani prende l’acqua e se la getta sul

viso; piange Carmelina, piange e non si rende ancora conto della vera ragione di

quelle lacrime. Sentiva e risentiva l’eco di quella voce sussurrata e spaventata “ Il

fascio è caduto”, “ Il fascio è caduto”, “ Il fascio è caduto”.

La cuffia bianca era rimasta là, nella stanza dei camici grigi; la lunga chioma rossa

di Carmelina, mentre correva, sventolava  come una bandiera.   

8  marzo 2010  


Nell'infanzia, quando il concetto di morte non ci appartiene, una grande gioia vivevo nel vedere un funerale. Maestoso, bello, con una serie di cavalli al trotto che fieri, sfilavano davanti ai miei occhi incantati. La carrozza, ricca di fregi si lasciava immaginare fosse diretta ad un regno sontuoso, popolato da principi. Il corteo poi, lungo e raccolto in preghiera rafforzava la solennità dell'evento. Maggiore era la quantità di cavalli adornati con pennacchi e più ornamenti abbellivano il barroccio al traino, certamente più importante era il regno verso cui era diretto. Tutto faceva desiderare di entrare in quell'abitacolo e partire per un mondo fiabesco.
La coscienza della morte successivamente, non tubò i miei sogni e fu con grande disappunto che dovetti accettare la variazione del rito che, come l'attuale si svolgeva in una fredda e nera automobile. Ma i miei sogni furono e sono immutati. Ancor oggi a volte, mi osservo correre all'interno di quel carro, avvolta in nebulose e illusorie immagini diretta verso il più ambito di tutti i regni: quello dei cieli.

Rosanna Polito - 2010

Silenzio dei vivi

silenzio dei morti.

Realtà ignorate

ricordi affossati.

Innocenti anime

ammucchiati corpi.

Abbracciati sguardi

ultimo grido

buio profondo.

Tacito silenzio

morte e oblio.

Risorte memorie

accorati pensieri.

Amore ritrovato

per voi, puri eroi

di un oscuro delirio.

Nella pace divina acquietati

nella storia degnamente onorati.

 

Anna Maria Rusconi  - 2010

Al termine della quinta elementare alla promozione attesa e scontata seguì un regalo davvero originale perchè, secondo i miei, l'imminente approdo nella scuola media, andava siglato con qualcosa d'insolito. Mi fu detto infatti "Questa volta il regalo lo scegli tu" Pronta a tuffarmi in un'idea esclusiva, tutta mia, scelsi un taglio di stoffa spettacolare, un fondale marino ricco di alghe, pesci, crostacei e relativi nomi scientifici sparsi qua e là.
A dare una foggia fresca e spiritosa a questo taglio di stoffa fu la sarta maria che, dopo paziente ascolto, riuscì a pwscare nel naturale disordine delle mie indicazioni i giusti consigli:
- corpetto aderente, reso vezzoso da nastrini azzurri annodati,
- manichine appena accennate con inserti di merletti simili a finissime reti di pescatori,
- scollatura ovale come la ......... di una barca,
- elastico in vita,
- gonna ricca e ondeggiante, proprio come il mare della nostra estate.
Che gioia quell'anno! Mi sentivo una sirena, totalmente immersa com'ero, per la prima volta, nel mare immenso della mia fantasia.

Marilena D. - 2010

Padre, raccontami ancora della mamma, raccontami di quel giorno che l’hanno portata via.

Dormi figliolo, riposa almeno tu, domani ci aspetta un'altra lunga giornata.

Ho freddo papa’, abbracciami come faceva la mamma, rimboccandomi le coperte e ,

cantami la sua ninna-nanna.

 Non riesco più a ricordare la sua voce, ma  sento il calore delle sue  dita a sfiorarmi gli occhi.

Che starà facendo la mia mamma adesso?

Non ti vedo papà, posso udire la tua voce, ma parlami ancora: il silenzio mi fa paura,

il buio mi fa paura, tutto mi fa paura.

Papà tornerà la mamma da noi, faremo le nostre lunghe passeggiate nel bosco,

correremo ancora insieme a rincorrere le farfalle?

Papà dove sono sono le farfalle? Perché non possiamo aprire la finestra,

perché dobbiamo stare qui, perché non posso andare a giocare con i compagni?

Papà perché non mi rispondi? sento che ci sei, rispondimi!  

Hai le guance bagnate papà, sei sudato? Qui fa freddo, abbracciami, non aver paura papà,

ecco senti le mie dita sui tuoi occhi?

Ora mi sento felice, ti sento fragile, chiudi gli occhi papà: la senti  anche tu la voce

della mamma, senti? Ci chiama, apri la porta, papà e corriamo da lei!


Giuditta A. - 2010

Capelli biondi e naturali, occhi espressivi,
gote rosee e rotonde.
Paglietta gialla, adornata con nastro rosa,
fiocco annodato sotto un delicato mento.
Vestitino di organza rosa
E seta verde, fiorato.
Piccole e accoglienti mani,
arti rotondi e paffuti.
Scarpette bianche di nappa profumata
scaldavano piedini aggraziati.
Ti amavo, eri la mia piccola preferita.
Mi era proibito giocare con te
affinché, così delicata non ti sciupassi.
Mi rimaneva soltanto la consolazione
di confidarti le mie pene a distanza
che tu ascoltavi con comprensione.
Gli anni trascorrono, tutto cambia,
ma tu resti immutata nella tua bellezza.
Un dì, dopo il mio dovuto permesso,
passi nelle braccia e nella dimora
dell'amata nipotina che ti desiderava
tanto, quanto me.
L'angoscia mi assale quando ti ritrovo!
Spogliata, smembrata e distrutta negli arti.
Dal volto diviso a metà,
mi guardavi con un solo occhio
che appariva triste e rassegnato alla cattiva sorte.
In quell'istante il mio animo,
in tutta la sua profondità
era frantumato come te.

Rosanna Polito - 2010
Il bambino con i suoi grandi occhi non staccava un attimo lo sguardo da quelle
mani dalle dita deformate dall'artrosi, il cui dorso era ricoperto da un fine e
superficiale reticolo di piccole vene blu. Erano mani che ne avevano visti di lustri
e, soprattutto, avevano stretto, come in una potente morsa, prima la zappa, ma
poi avevano avuto la possibilità di sfogliare con delicatezza le pagine dei libri.
Era stato un grande gesto di fiducia aver dato al nonno la possibilità di studiare e
lui mai la tradì ma non per questo fu esonerato dal duro lavoro dei campi da
svolgersi nel tempo libero e nei giorni festivi compresi.
Fu poco, dunque, il tempo da dedicare al gioco per il nonno. Veniva ritagliato
ogni qualvolta la campagna non richiedeva la presenza dell'uomo e questo
coincideva per lo più con le brutte, brevi e gelide giornate durante l'inverno
oppure nei giorni di pioggia. In quei rari e desiderati momenti però nulla era
prefabbricato, tutto era da inventare e perciò forse più carico di significato e di
attese, le quali venivano realizzate con pochi e poveri materiali, molta fantasia,
altrettanta collaborazione e spirito di gruppo.
Adesso era lì, molti, molti anni dopo, con il nipotino accanto che lo osservava
attentamente mentre egli con maestria e amore, nonostante le mani tozze,
realizzava un piccolo giocattolo con un vecchio rocchetto di legno, due chiodini e
un pezzo di spago.
Presi uno a uno questi materiali sembravano non avere nessun nesso fra loro e
tanto meno avrebbero mai dato gioia a qualcuno. Adesso invece avveniva
l'incantesimo: la creazione di qualcosa che fantasticamente prendeva vita e sapeva
donare felicità.
" Dai nonno, creiamo qualcosa!". Questo fu l'invito che si sentì rivolgere spesso
e con insistenza. Lui non si sottrasse mai ma, anzi, con l'entusiasmo di allora e
con lo spirito di un nuovo Prometeo che regalò all'uomo il fuoco, realizzò giochi
straordinari con umili materiali che ai suoi tempi appartenevano alla quotidianità
ma che oggi nessuno mai avrebbe preso in considerazione: cinque sassolini lisci,
due pezzetti di legno e un elastico, un pezzetto di stoffa annodato.....
L'apice però del successo il nonno lo raggiunse quella volta che, con fogli di
giornali, colla e due asticelle, "creò" l'aquilone. Il bambino durante la realizzazione
agitava le manine per l'agitazione e tentava in tutti i modi di abbreviarne i tempi di
costruzione rendendosi utile e cioè passando al nonno ora la colla, ora le forbici e
poi colorando i pezzetti di carta che avrebbero formato la lunga coda
svolazzante. Non stava più nella pelle all'idea di vederlo volare perché, sì, avrebbe
di certo volato come gli assicurò cento volte il nonno ogni volta che
pazientemente rispondeva alla solita domanda:"Nonno, davvero volerà?".
Giunse il giorno tanto atteso, quello del collaudo. Andarono vicino al mare per
sfruttare il vento di levante che spirava leggero increspando l'acqua. Il vecchio
nonno e il bambino erano emozionati alla stessa maniera nonostante la differenza
di età. Aspettarono il momento propizio e, ad un certo punto, allentarono la presa
dando filo all'aquilone che ondeggiando, salendo, scendendo quasi in picchiata
per poi riprendere quota cominciò il suo volo sempre più su, verso l'azzurro più
intenso che poi diventa indaco. Nel suo librarsi nell'aria l'aquilone portava con sé i
gridolini di entusiasmo del piccolo e la risata profonda del grande uomo.
Ambedue con il naso all'insù seguivano il volo dell'aquilone lasciando spaziare
all'unisono le loro anime che, nella gioia di quel momento, avevano così ottenuto
di superare tutti i limiti di spazio e di tempo e riuscendo ad assaporare, senza
saperlo e per pochi attimi, il piacere dell'eterna felicità.

Anna Gabriella Antonino - 2010

Sandaletti bianchi

abitino a fiori

fiocco vaporoso tra i capelli

guido beata una fiammante bicicletta.

Premo sui pedali

con la baldanza dei miei otto anni

mentre il vento,

che sembra ostacolare

questa corsa spregiudicata e incosciente,

gonfia il mio cuore di meravigliose speranze.

E in una simile gioiosa euforia

giungere a destinazione,

qualunque essa sia,

vicina o lontana

godibile o sgradita

è davvero un'ebbrezza infinita.

 

Marilena D. - 2010

Guardo l'orologio e mi accorgo che è tardi e mi devo affrettare nel prepararmi per
riuscire ad essere puntuale al nostro nuovo incontro tanto atteso. Un po' di
profumo sul collo e sui polsi perché voglio essere carina ai Tuoi occhi mentre
distrattamente mi abbottono la camicetta e, allo stesso tempo, ripenso a come e
che cosa mi abbia fatto innamorare di Te.Torno indietro con la memoria a tanto tempo fa, benché Tu mi abbia una volta sussurrato di conoscermi e di amarmi da sempre. Ricordo che ci siamo frequentati superficialmente quando ero molto giovane ma Tu, invece, mi hai assicurato che già fin d'allora facevi sul serio me. Non mi hai mai tolto gli occhi di dosso e la tua discreta presenza ha salvato più di una volta il mio piede dal pericolo di un fosso. La Tua ombra, mi hai assicurato, mi ha sempre avvolto come una calda coperta senza mai soffocarmi. Non mi hai mai abbandonato, lo so, anche quando dicevo di non conoscerti e arrivavo a negare la Tua presenza. Un giorno poi, quando la terra sembrava aprirsi sotto i miei piedi risucchiando e portandosi via la vita della mia vita, mia madre, con troppi discorsi lasciati a metà e ancora tante domande senza una risposta, ho colto la Tua voce rassicurante e
straordinariamente dolce. La sua caratteristica principale è il tono: un fievole sussurro, un alito di vento e una richiesta di amicizia, espressa nel silenzio interiore, riconoscibile anche nel trambusto del traffico. Perché non fidarmi di quella mano tesa, dal momento che sentivo di affogare sempre più in un vortice di paure, insicurezze e affanni? Ti ho detto di sì, quella volta, e continuo, da allora, a farlo ogni giorno, sapendo che accetti volentieri il mio nulla in cambio del tutto che Tu, generosamente, mi offri. Non solo, ho imparato, con il Tuo aiuto, a riconoscerti ovunque, per cui ora posso incontrarti dappertutto e sò che non mi lascerai mai sola. Anzi, come una mamma che si mangia di baci il suo bambino, così Tu per puro
amore ti fai mangiare, mi nutri, entri nel mio profondo e, senza violenza, mi trasformi dal di dentro.Con questa forza, la tua; perché ogni tanto ci sono momenti di scoraggiamento, di senso di solitudine e di inquietudine che sono capaci di sconvolgere la vita del singolo fino a quella dell'intero mondo? Se rifletto con attenzione,trovo la risposta e mi accorgo che queste situazioni dolorose feriscono la mia anima come quella dell'intero globo, tutte le volte che gli occhi si distraggono e non Ti guardano più. No, no, non voglio più perderti, ma mentre lo dico so perfettamente che l'unico a non tradire mai sei solo Tu e questa sicurezza accresce, di un colpo, l'amore che provo per Te, perfetto Dio e perfetto Uomo, che ha dato la sua vita per me realmente e che sul palmo della mano ha scritto soltanto un nome: il mio.
Amore, mi sei Padre, Amico, Fratello e Madre e solo in Te trovo il mio personale "perché" e le risposte a tutti i miei dubbi. Di questo, infatti, parleremo adesso che ci incontreremo: di me, di Te, delle gioie e dei dolori personali e di coloro che amo e che vivono intorno a me, dei progetti e delle attese, delle luci come delle ombre nelle quali si muove la vita. Tu, dal canto tuo sei così paziente nell'ascoltarmi, mai anticipi le risposte o le richieste, perché rispetti in modo assoluto la mia libertà nel chiedere e accetti con un sorriso tutti i miei ripensamenti e le mie contraddizioni. Sulla scia di questi pensieri mi sono preparata per incontrarli ancora una volta oggi, sapendo di aver parlato (pregato) con Te tante volte ma è sempre come al primo incontro. E' questo conoscersi, frequentarsi sempre più, che rende ricca la mia esistenza,
donandole quella terza dimensione che altrimenti non avrebbe e che, invece, la rende speciale nonostante la sua assoluta banalità. 

Angela Gabriella Antonino - 2010

Il Tuo corpo

involucro bellissimo

per un'anima candida.

Occhi che rispecchiano 

la tua dolcezza,

occhi neri e vellutati,

sempre pieni di curiosità,

a volte lontani e sognanti.

Guardo il tuo sorriso che abbraccia il mondo.

Io guardo l'aggraziato tuo corpo

che come un fiore

stà per sbocciare e mi commuovo.

E sento il mio cuore

pieno d'amore per te.

Sei il mio orgoglio

e in te mi rivedo.

Annamaria Violante - 2010

 

Vagare umano

tra dolori e doni.

Correre all'infinito

cercando sicure verità.

Gioire intensamente

di uno sguardo amico.

Soffrire intimo

per celati disinganni.

Sfidare il presente

con Fede certa.

Andare al passato

con serena nostalgia.

Scrivere arcani pensieri

su petali di fiori.

Confidare nel Signore

per la sua indulgenza.

Volare in alto

e perdersi nel Creato.


Anna Maria Rusconi - 2010

Quei giorni non li ho vissuti:

io non c'ero.

Mi hanno detto,

mi hanno raccontato!

Dinanzi agli occhi ho

immagini di corpi

piccoli, grandi,

privati di dignità,

accatastati come fascine,

pronte per un grande falò

Sento nelle orecchie

suoni di voci incredule;

forte alle narici giunge

odore acre di carne bruciata.

Irriverenti risa di belve umane,

non sazie ancora di quell'eccidio.

Un altro falò?

No, soltanto un altro

grande mucchio umano

che, a suon di musica,

s'inebrierà di gas!


Giuditta A. - 2010

A fatica m'inerpico sull'accidentato sentiero

del nuovo anno, che corre per un orrido dirupo.

L'avvenire per l'anziano è piuttosto cupo,

di agguati e assalti alla salute è foriero.

Fuor di metafora, l'ascesa è sempre più dura

per chi, come me, di anni ne ha tanti!

Lontano è il ricordo di corpi prestanti

che mirar ora è possibile solo in figura.

E' piuttosto scarsa l'attuale avvenenza

Fra macchie, reumi e diffusi dolori :

mangiar meno si deve e senza sapori,

la pressione ridurre con santa pazienza.

Diecimila passi al dì è d'uopo fare,

mirare il Prossimo con sguardo amico:

come te stesso dice un Dio antico,

amar dovrai e sempre rispettare.

Questa è, dunque, la ricetta : se ce l'hai, via la pancetta, e prendi la vita senza fretta

 

Tommaso G. - 2010

Pensando al passato, riflettendo sul presente e aspettando il futuro, concludo che la vita è sempre un dono e la morte è sempre un evento naturale verso il quale camminare senza angoscia.
Certo, si fa fatica a stare così al mondo. È una cosa da “imparare”, la vecchiaia. Fa capolino la solitudine. Ci si avventura: un’avventura di spoliazione. Si percepisce che la vita autentica scorre accanto ai vecchi, lasciandoli ai margini.
E si è anche stanchi di chiedere, di aspettare che qualcuno venga a sostenerci.
Insomma, è proprio ora di andare…..
 
Antonio Palladino - 2010
Che cosa non è stato scritto, e detto
sul divino Neonato, da due millenni e passa, da ricchi e poveri sempre meno adorato.
Il Bambino Gesù.....
Oh quanta tenerezza !
Alla Croce diretto, per la nostra salvezza !
Noi, cosiddetti cristiani....
Come Lo celebriamo?
Con le mille romaniche Cattedrali,
vuote, silenziose, fredde e spettrali.
Facendo spese pazze per inutili doni,
sfrenate bevazze e crasse libagioni.
Dai francescani presepi sempre più lontani,
con le renne all'uscio
e luccicanti abeti in casa.
Cosa dire, miei cari, di questo attuale S. Natale ?
E' giusto, si, l'evento festeggiare :
con misura, e se la crisi lo consente,
ma è soprattutto necessario, tenetelo a mente,
tornare, umilmente in chiesa, a pregare !
Facciamo nostro, infine, degli Angeli il gioioso grido
" Gloria Dio nell'alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà "
Cancelliamo il volto dell'arme dal nostro viso
quando incontriamo i fratelli per strada
e sfoderiamo, non costa nulla, un bel sorriso !
Com'io adesso faccio, augurando a tutti voi
e ai vostri familiari......Buon Natale

Tommaso - 2009
Quanti ricordi legati a quel ramo di pino a capanna,che sovrastava il presepe della mia infanzia!
Innanzitutto il rito dell'acquisto, in piazza Mercantile, a cui volevo assolutamente partecipare,
perchè si trattava di scegliere in una montagna di rami ammassati quello col maggior numero di pigne, vere protagoniste in una decorazione decisamente povera.
Al suddetto ramo si intrecciavano sapientemente, pio, i ramoscelli di lauro, venduti al mercato per profumare il capitone arrosto, e in tal modo si arricchiva la verde scenografia.
In un secondo momento venivano accuratamente aperte le noci secche, private del gheriglio e ricomposte nei due gusci con la stagnola sotto forma di sfere argentate.
E ancora, arance e mandarini, scelti tra i più polposi per il loro colore intenso, davano un bel tocco di vivacità.
Infine, nei punti più visibili ed esposti, venivano collocati alcuni Babbi Natale fragilissimi, di cioccolato sottile, ricoperti di carta colorata, per la buona durata dei quali mi venivano rivolte mille raccomandazioni.
Lento, graduale, ponderato dunque il lavoro di allestimento, rapido e sbrigativo, invece, quello di spoglio dopo l'Epifania, perchè l'entusiasmo infantile e l'atmosfera festosa del Natale avevano già sottratto a quest'opera artigianale la maggior parte delle sue golosità.

Marilena D. - 2009
Amico,
che ne è di questa tua vita
consumata tra silenzi
frastuoni e ignoranze
 mimetizzati da umanità?
 fuggire dimenticare
desiderio dì libertà?
Vorrei ascoltarti, parlarti,  fermati con me.
Passi tra la gente
che non ti vede
 non sente i tuoi pensieri le tue emozioni.
 Il tuo mondo è raccolto in una bisaccia
in un carrettino in buste inzeppate, affastellate.
 Cammini con gli occhi abbassati
 i tuoi passi furtivi sfiorano i passanti
 da loro speri uno sguardo amico.
 Il freddo ti prende
 sogni un tetto dove riscaldarti
 una fiammata un conforto.
La speranza è fa tua forza
 l'amore la tua certezza.
 Amico,
è la notte di Natale
 il tuo stare è vicino a te.
Laggiù brilla
una intensa luce divina.
La porta è aperta entra.
Spogliati dei tuoi affanni
 prega invoca il bambinello.
Troverai pace serenità amore verità.
 E il tuo catarsi sprofonderà
 in un dolce sogno.

 Anna Maria Rusconi - dicembre 2009
Credo di averlo già detto.In casa mia non c'è più il presepe da quando mia moglie se n'è andata,
dopo una lunga e terribile malattia.
Lei, religiosissima, l'ha sempre fatto il presepe,per cinquant'anni.Io collaboravo,limitatamente.
Oggi,il Presepe sarebbe solo motivo di tristezza.
Quel Bambino nella culla destinato alla croce, può darmi solo sofferenza.Non mi affascina,mi sconcerta.
Forse per tornare ad attrarmi,dovrebbe crescere in me la fede.A parte il Presepe, quanto è autentico il mio convincimento che Dio è venuto in terra per dare un senso anche alla mia vita?
Ma se metto in dubbio questo,tutto diventa incerto e negoziabile.
Posso anche pensare che Gesù sia un mito o un fallito predicatore.
Ma se è Dio,perchè si nasconde?
Perchè debbo credere allo scandalo di un Dio crocifisso?
Perchè debbo credere ad una rinascita?

Antonio Palladino - 2009

Natale è la festa attesa da tutti i cristiani, le città vengono addobbate con mille luci,

le vetrine sono colme di ghiottonerie, i presepi gareggiano tra loro per essere eletti tra i più belli.

La gente cammina frettolosa per fare acquisti.

Anche nei grandi edifici con molte finestre, si nota qualche tenua e tremolante luce,

sembrano come battiti di piccoli cuoricini, ma speranzosi nel domani.

Il mio ricordo vola a tanti anni fa,il Natale era diverso rispetto ad oggi,

aspettavo questa festa con tanta gioia. Viceversa ora in me c'è tanta malinconia,

vivo la perdita dei miei cari con maggior dolore in questi giorni,

ed ecco che dico a me stessa : " Domani parto vado a casa ".

Ogni anno me lo ripeto, ma qualcosa o qualcuno mi sussurra :

" Dove vai? noi siamo qui con te "

 

Maura - 2009

 

 

            Scorze di mandorle nel caminetto,
               scorze di agrumi sul braciere desto,
                scorzette di arance sulla tombola,
                felice una bimba e la sua bambola,
                  stelle filanti in mano ai bambini,
               donne sudate a preparar pasticcini,
                 luci festose e suon di zampogne,
                  giù per le strade ragazzi a frotte.
                       Candeline accese e litanie:
                         tutti  intorno al presepe
                         ad aspettar l’imbrunire.
                           Sorride il Bambinello
                             dalla sacra grotta:
                           festosa  è la famiglia
                            di riprender la rotta.


Giuditta A. - dicembre 2009

 

otte

attesa

T   repidazione

ngeli in coro

L   uci di tremule stelle

E   cco che viene: l'Emmanuele, il Dio con noi.

 Anna Gabriella Antonino - dicembre 2009

Non attendo più il Natale, ormai smaltato simulacro dai mille luccichii che
confondono e corrompono l'anima.
Albeggia o... .tramonta in ogni attimo della mia vita, " il Natale ".
Trema e si turba ancor più in quel giorno " un me " che cerca voci e assenti
presenze tanto amate
Accluse - in sospesa dimensione - nell' umida terra a volte così ingenerosa madre
Lieve luccicore nei miei occhi, e poi..........
E poi... .in un pulviscolo dorato di emozioni far capolino, ammiccanti, fulgide
lettere che anestetizzano sempre il cuore:
A-M-O-R-E..........AMORE! e un sorriso sfiora le mie labbra
in un silenzioso augurio per me e per tutti quelli che incontro: " ... .che quell'
intero giorno sia un giorno natalizio per entrambi ", anche se ... .è solo un
ordinario giorno !


Angela Maria d'Addosio - 2009
Natale: festa dì amore, festa della famiglia riunita intorno al Presepe.
Luci belle di stelle sotto il cielo senza nebbia. Splende la stella cometa con la sua
lunga coda. Incantevole il presepe! Ore, ore di contemplazione!
Sento l'odore d'umido del verde muschio, staccato delicatamente dalla roccia
della mia campagna. Non manca proprio nulla: le statuine sono collocate al posto
giusto, soprattutto quelle a cui manca qualche pezzo. Mentre rivivo la dolce
atmosfera, mi giunge chiaro lo scorrere dell'acqua del ruscello, i colpi del martello
che il fabbro scandisce per ferrare asini e cammelli venuti da lontano. Il profumo
del ramo di pino con le pigne ancora attaccate mi solletica l'olfatto
gradevolmente; quel ramo verde, autentico, carico di agrumi e fiocchi rossi si
piega amorevolmente sulla capanna di Bethlemme.
Odori e sapori che mi portano indietro nel tempo che fu: vincotto, miele per le
cartellate, rosolio al limone fatto in casa, dolcetti, castagnole, torroncini
rigorosamente avvolti in carta velina colorata, cannella. Il tutto sostituito oggi dal
panettone...
Il profumo che emana l'incenso nel grande momento della nascita mi dà tuttora
una dolce sensazione di pace, di sacro che mi eleva spiritualmente. La tradizione è
ancora salva!
Sia, comunque, un Natale di pace e di serenità per tutti!

Mariannina Regina - 2009
.........Ansia.........Frastuono.........Velocità.
Corri..........Corri.......Corri.............
Suoni di ferri stridenti su rotaie
odori di nulla.
Luci accecanti e buio profondo.
Intensi e sbiaditi colori
di un'effimera felicità.

Immagini oniriche inevitabilmente
si rincorrono in pensieri frettolosi........

Dolci profumi di agrumi
Suoni magici di soavi zampogne
Voci di grandi amori perduti.
Colori e profumi inumiditi
dal verde muschio.
Personaggi di terra cotta ammiccano
e con voci suadenti ti vendono di tutto.....
Di tutto? Si....si.......come gli attuali "Bambinelli"
ovunque presenti........
.........Ansia........fragore......palpitazioni.....angoscia
Dimmi chi sei o "Bambinello".
Forse il diverso,il povero,il derelitto,l'oppresso?
Dove sei?
Ho smarrito per sempre
la luce fulgida dei tuoi occhi.

Rosanna Polito - 2009

La mia preghiera è soltanto mia, non la condivido nel coro distratto. Prego i miei genitori non più in vita, prego perché possano vegliare sui propri cari; prego la Madonna, perché madre per antonomasia.
La mia preghiera è semplicemente silenziosa, intima, sentita e colma di speranze: nulla chiedo per me! Le mie preoccupazioni e sofferenze per le persone care mi inducono a “ricorrere” a questo genere di richiesta di aiuto, quasi come ultima spiaggia!
Ogni persona prega, ciascuno a modo proprio, ma ciò che mi irrita è l’ostentazione di un atteggiamento mistico, religioso, con odore di bigottismo, quasi a voler convincere se stessi  e gli altri di essere persone brave e buone, in aperta contraddizione ai comportamenti reali!
Da bambina ero convinta che coloro che frequentavano assiduamente la chiesa e le messe domenicali, fossero persone speciali, persone integerrime. Da adulta il disincanto, la delusione; poi mi sono detta che non sta a me giudicare, grande è l’umana fragilità, la mia compresa!
E se, a prescindere dal diverso credo religioso,  la preghiera avesse una sua  valenza positiva, sicuramente la nostra realtà sarebbe ben diversa!
Pregare, per me, è una maniera di rifugiarmi in me stessa di coltivare la mia spiritualità, perché fin dalla tenera età mi è stata inculcata questa abitudine.
Rifletto in merito a quante volte, durante la giornata, mi ritrovo a dire: “ ti prego, fai questa cosa”, oppure, “ ti prego non fare così” … e dunque, devo dedurre che prego in continuazione? Si prega per ottenere qualche cosa? Altrimenti perché, che senso avrebbe la preghiera?

Giuditta - 2009


Mi lascio catturare
dalla sete di silenzio
e predispongo il mio cuore all'ascolto.

Individuo limiti, debolezze, paure, aspirazioni
e mi pare di sentire da Dio
ragioni e soluzioni.

Mi coglie lentamente la fiducia,
un'audace fiducia
in colui che è Amore Assoluto,
che rischiara ogni dubbio,
che illumina il mondo,
e mi lascio guidare........

E' il senso della mia preghiera,
il respiro della mia anima.

Marilena 2009
Che cos’è per me pregare?
È rivolgersi a un essere unico, occulto, discreto.
Sì, discreto, perché mi consente di fare tante cose, tutto ciò che voglio: il bene ma anche il male. Tanto bene ma anche tanto male, tanti danni. La decisione è lasciata a me. Sono io responsabile di tutto.
È vero che Dio è la vite e noi i tralci. Ma i tralci possono crescere come vogliono, più o meno bene. Se si spezza il legame, il tralcio, se non resto legato a Dio, se la mia vita non è conforme alla fede, se non è concretamente coerente con la morale che dico di professare, io sono un tralcio destinato a seccare, a essere bruciato, perché non è più legato alla vite.  

Antonio P. - 2009

Pregare, per me, è contemplare le bellezze del Creato.

Pregare è rivolgermi a Dio con umiltà e gratitudine

per i doni che quotidianamente elargisce.

Pregare è accettare i momenti tristi che la vita offre,

sfidando ogni avversità, ed attendere fiduciosa tempi migliori.

Pregare è difendere la vita perchè è la vita.

Pregare è amare il prossimo.

Pregare è donare un sorriso, aiutare i più deboli.

Pregare, per me, è restare in comunione con il Padre nostro.

Quale migliore garanzia per preparare giorno dopo giorno l'incontro con Lui?

Mariannina - 2009

Inganno ( o illusione di sè )


Seni turgidi,carni sode.
Fianchi che promettono maternità.
Rotondità armoniose e gradevoli.
Femminilità ostinata........dolce.......
affascinante........

Solitudine profonda,
sofferenza..........angoscia.
L'immagine riflessa ti dice: no! Non va!
Carni segnate dal tempo
spalle ricurve
pelle solcata da spazi profondi
e sconosciuti
foreste imbiancate..........
.......Amata.......desiderata........felice!
L'immagine riflessa ti dice: bella!

Rosanna - 2009

Una donna alta, ossuta.
Viso magro scavato da rughe.
Vita dura di campagna
tra poderi, stalle, ovili.
Capelli cortissimi, spettinati.
Corpo immobile
in un bianco letto di corsia.
Bocca chiusa
ridotta a una fessura.
Braccia rigide, mani fasciate.
Due vistosi viluppi di garza
rivolti verso il cielo
in un beffardo atto di sfida.
Due fiammelle votive
in attesa di un miracolo.
Cuore tormentato
da oscure angosce.
Non un lamento
Non un grido
Non un sussulto
Non una lacrima.
Non più mani operose, affettuose.
Lo scarto di una cavalla
un canapo imbizzarrito
quattro dita mozzate
scomparse nella polvere.
Tragico destino per Rosa,
il cappio di un altro canapo
aveva crudelmente stroncato
la giovane vita
dell'adorata figlia.
Non di più di un mese prima.


Anna R. - 2009

Ieri

Occhioni grigiazzurri sognanti,

naso aggraziato,

bocca grntile,

guance rallegrate da lentiggini scherzose,

capelli dorati tutt'intorno.

Oggi

sguardo luminoso pronto alla riflessione,

labbra turgide dal sorriso pacato,

espressione aperta allo stupore emotivo,

pelle diafana

punteggiata di goccioline d'ambra,

una cascata di riccioli

a cornice di un profilo più adulto.

Sempre soave però il volto di Maddalena
sempre premuroso il suo porgere
sempre snella ed elegante la sua figura.
Sempre calda e sensibile la sua simpatia.

Marilena - 2009

Spiaggia assolata

Corpi al sole

fasciati in costumi

di tempi passati.

Vocìi grida giochi.

Fantasiosi castelli di sabbia

frenetiche rincorse in mare

Una bimba di tre anni

vispa, curiosa, temeraria

felice nel suo costumino rosso

si tuffa in acque basse.

Non ha tentennamenti.

Nessun pericolo.è un gioco

promessa di fratello maggiore.

Spinta delle gambe

testa giù nel blu.

Vuole riemergere.

Non riesce, spera.

Ha gli occhi aperti

Vede il fondo

Vuole toccarlo

per darsi una spinta.

Annaspa, tenta, galleggia.

Non ha oscure angosce

Il fratello è lì vicino

l'aiuterà.


E'fuggito spaventato

Quanto tempo è passato?

Quattro, cinque sei secondi

Una eternità.

Richìamo rosso nell'azzurro

vigorose braccia paterne

l'afferrano, la sollevano

energicamente

affettuosamenie.

E' nata per la seconda volta

dalle amiche acque del mare.

Pacato, affascinante sogno

che si dissolve

nella trasparente nebbia

dei ricordi

di una vita che continua

 Anna R.  - 2009


Diciotto anni e un corpo esile di bambina.

Un aderente abitino color panna evidenziava le ossa del

bacino : sei magra da far schifo, lui mi disse.

Smisi di ballare, mi sentii ridicola, provai vergogna del

mio corpo, incominciai a non piacermi!

Detestai il mio grembo, ma esso mi dono' tre figli e poi

decise di liberarsi dell'utero!

Sei grassa da far schifo, lui mi disse.

La ragione si libero' di lui!

Sono magra, sono grassa?

Sono come sono, mi piaccio,

mi piace il corpo che mi accoglie!


Giuditta - 2009

Urla silenziose dal mio ventre squassato!

Tutto ti ho dato, di tutto ti ho rifornito affinché tu, uomo,

potessi vivere felicemente e godere delle meraviglie del creato!

Il tuo cinismo, il tuo egoismo, il tuo insano senso di

onnipotenza ti hanno condotto a squilibrare la mia armonia:

sarebbe stata la tua armonia!

Ma no, tu vuoi sempre di più, non curandoti delle ferite che mi

hai già inferto, continui inesorabilmente con i tuoi catastrofici

interventi a cercare di mutare ciò che ti circonda.

Educato non sei, uomo, a rispettare la terra che ti accoglie e

che tu devasti.

Che male potevan farti quelle immense foreste, i boschi

ombrosi, le verdi valli, i laghi, i fiumi, i mari, e tutte le

creature marine ed animali che ti ostini ad uccidere?

Quanti veleni spargi, impietoso uomo,sul mio corpo straziato.

Si, di tanto in tanto ti manifesto la mia rabbia, sacrificando

innocenti creature,ma tu continui imperterrito sulla tua strada,

ignorando i miei nitidi segnali.

Non sfidarmi, uomo, non puoi farcela a piegarmi,

e se pur soccombere dovessi, ricorda che soccomberai con me!

Hai sì mutato le mie vesti, ti ho anche lasciato fare, ma adesso

ti dico basta.

Dal mio ventre squassato non più silenziose urla...

Giuditta - 2009


Carissimo corpo mio,

con grande gioia ti informo che sto bene in salute, mente e cuore.

Ti voglio bene anche ora, nonostante l'evidente cambiamento fisico.

Certo, sei stato generoso nel donarmi un peso che non mi appartiene! Ricordi?

Ero una cinquantenne e conservavo ancora una linea invidiabile,

della quale mi compiacevo perché mi consentiva di praticare equitazione,

mio sport preferito da sempre.

Stavo bene con me stessa; corpo mio, ti assicuro, sto bene anche oggi con me stessa.

Le rughe, che solcano il mio viso, spesso mi hanno portato a pensare

ad un ritocco estetico; i miei capelli bianchi hanno reclamato le meches,

ma la mia voce interiore mi consigliava di essere me stessa,

con le caratteristiche fisiche di una persona non più giovane.

Carissimo corpo mio, ti voglio bene per come ti gestisco, per come sei.

Avrò sempre cura dite!

Ti ringrazio perché mi muovo, mi emoziono, ho mille interessi,

lavoro molto, progetto e tu mi dai la forza di andare avanti.

Sii dolce compagno, non mi far soffrire e vedrai che insieme

affronteremo vincenti ogni avversità, con l'aiuto di Dio.

Con te vivo in una dimensione di serenità.

Ti voglio bene

tua Maria


Mariannina - 2009

Mare in tempesta

onde violente.

Carrette del mare

gommoni stracolmi

si avventurano

nel buio detta notte.


Occhi impauriti

fosforescenti

scrutano l'orizzonte

pieno di ombre

e di speranze.

Al sole cocente delgiorno

accresce la fiducia.

La meta agognata

è la, non è lontana.

Tremolante miraggio

dì un sogno

che si perde

infondo al mare.

Anna - 2009

Vorrei.....vorrei tanto essere un qualcosa di volante, fluttuante, leggero e
soffice.....come, non l'avete capito  !?  Beh, vorrei essere uno splendido tappeto
volante.... E questo non perché ami poi così tanto viaggiare, quanto piuttosto per essere in grado di vedere tutto da una diversa prospettiva : alla fine la vita è fatta di punti di vista differenti.
Anzi, ciò che non siamo, la nostra stessa persona non è altro se non un insieme di punti vista in cui crediamo e di cui siamo fermamente convinti; e che, forse, a volte costituiscono un po' le nostre "colonne d'Ercole", i nostri limiti e le nostre paure....
Solo chi sa elevarsi oltre le proprie radicate convinzioni può andare avanti e confrontarsi adeguatamente con gli altri senza prendersi troppo sul serio......
Solo, dunque, trasformandomi in tappeto volante riuscirei a prendere tutto con maggior distacco e maggiore leggerezza, essendomi permesso semplicemente di sorvolare determinate situazioni che rappresentano, invece, troppo spesso la mia terrena prigione.


Maura - 2009

Son seduta di fronte a te osservo piano il tuo viso:

il naso, visto da destra, mi procura un bel sorriso!


Il tuo profilo destro è quieto, sereno e rassicurante:

ed ecco che i miei pensieri si distendono in un istante!


Mi inquieta tanto il tuo profilo sinistro:

vedo il tuo volto come non l'ho mai visto!


Ha l'anima, forse, un lato destro ed uno sinistro?

Mai vorrei che tu mi guardassi in modo sinistro!


Giuditta 

Nel deserto della mente

la sabbia tutto copre.

Mi trascina nel vortice

mi sento soffocare

scivolo nel nulla.

Il mio pensiero

si annebbia,

ma non cede.

Quante vette ho scalato

da quanti dirupi

sono scivolata

per uscire dal labirinto

della noia e della nullità.

Frenetica ricerca

di un percorso liberatorio.

Volontà dì conoscere

voglia di sapere

desiderio di imparare

piacere di sognare

gioia dì comunicare

bisogno di verità.


Anna Maria 


Raggrinzito e scolorito, logorato ma ancora così pienamente definito, lo avevo riposto in un cassetto, uno dei tanti che si utilizzano per fare un pò di ordine o forse per nascondere ciò che non si vuole che ricada continuamente sotto lo sguardo.
Dopo una faticosa e lunga ricerca, eccolo lì, ancora intonso, vivo ed emozionante: è il mio ricordo.


Maura 

Per creare un porto
ci vogliono
un mare importante
navi forti
 ormeggi sicuri
pontili resistenti
un faro sfolgorante
e il sogno.

Ma
se il mare non è profondo
 le navi sono infide
 gli ormeggi deboli
 i pontili incerti
e il faro offuscato
 basta un sogno,
 il piacere di afferrarlo,
 la forza di realizzarlo,
 per raggiungere
l'approdo più incredibile e lontano.

 Marilena 

La calura dell'estate
mi spinge a cercare
un vecchio ventaglio,
un regalo estroso, variopinto
del pizzo esuberante ed allegro.
Entro nello scrigno del tempo e rovisto
tra le cosucce di un passato distratto, nelle tracce di percorsi usuali, nei ricordi di storie ordinarie.
Tutto vuoto. Tutto inutile.
Frugo poi
nella luce intensa
di un infuocato mattino
e qui
lo trovo,
imponente,
autorevole,
impegnato a scacciare
con la sua fresca brezza
noia e tristezza.


Marilena



Io non credo in un Dio che si manifesta in tutta la sua potenza.
Credo in un Dio nascosto, in un Dio discreto.
Una discrezione preziosa perchè è la sua discrezione che mi consente di decidere del mio destino.
Dio non mi chiede ma mi dona, mi serve, si fa schiaffeggiare,
si fa crocifiggere.
E così mi salva.

Antonio P. - maggio 2009
Il mio grande sogno, sin da piccola, è sempre stato quello di diventare una brava e famosa attrice di teatro. Scusatemi, ma quando si parla di teatro sono sempre stupita come una bambina. Da adolescente ho viaggiato spesso perché mi piaceva essere uno spirito libero, ma sempre fantasticando sul vero unico grande amore della mia vita: il teatro. Avrei lasciato volentieri casa e famiglia pur di inseguire ciò che mi faceva "volare", ma alle donne di casa non erano permessi questi colpi di testa, a volte neppure di continuare gli studi. Questa mia passione è scaturita sicuramente dal fatto che mio padre mi ha sempre portata con sé a vedere tanti spettacoli a teatro specie quello comico, d'avanspettacolo ed i varietà. Ed è per questo che ho sempre ammirato ed amato e preso ispirazione da grandi attori come Totò, Aldo Fabrizi e Nino Taranto, ma senza dubbio potrei citarne altri di quel periodo. Infatti hanno una forza interpretativa ed espressiva tali da arrivare dritte al cuore degli spettatori, perché piene di sentimenti ed emozioni che provengono dal legame con la vita stessa, e le stesse emozioni rimangono impresse, forti ed incancellabili al di là di ogni tempo. Ebbene sì, erano e sono ancora oggi i miei preferiti e a trovarne di miti come loro!!
Sono stata attratta dalla recitazione anche per capire come si facesse ad indossare quella sorta di maschera...forse per nascondersi o sentirsi più al sicuro, riuscendo poi a ricoprire tanti ruoli, inventando, sognando, ed interpretando diverse personalità e soprattutto varie psicologie umane. Avrei tanto voluto salire sul palco, un po' ho invidiato quell'ebrezza dell'esporsi e farsi ascoltare dagli altri, un po' ho invidiato quell'andare incontro all'adrenalina che si trasforma in energia... Quello che mio malgrado mi ha spaventata e mi spaventa tuttora, dato che alla mia non più giovane età sto finalmente cercando di realizzare il mio sogno, è il blocco totale che mi prende quando salgo sul palco: mi sento impotente davanti a tanta gente che mi sta lì a guardare, avverto quello strano groppo in gola che mi impedisce di parlare tant'è l'emozione e che come per magia arriva anche a tutto il resto del corpo, quasi paralizzandomi. Ma nell'attimo esatto in cui sento tutto ciò, un'altra forza estranea alla mia volontà prende il sopravvento: quella infinita voglia di riuscire a tutti i costi a dimostrare che anch'io posso farcela, pur non avendo mai recitato prima, pur non avendo studiato come avrei desiderato,
pur essendo una donna attiva perché contemplativa, pur essendo mamma attenta e fragile. E sempre in quell'attimo penso a ciò che mi è capitato in tutta la mia vita, tanti percorsi in salita ma tanti e tanti di più in discesa, ahimè...sempre una continua lotta, ed è proprio questo che mi dà la forza di vincere anche la paura di recitare, che in confronto ai miei trascorsi potrebbe sembrare una bazzecola.
In fondo ho sempre saputo di avere più personalità dentro di me, ma difficilmente riesco a metterle a nudo, sono talmente tanto nascoste, e forse il teatro avrebbe potuto essere la mia vera professione, chissà...

Giacomina - Aprile 2009
Il sogno può diventare realtà e la realtà rapirti in un sogno. Giocare è sognare, sognare è giocare con la fantasia.
La mia realtà ebbe inizio quando cominciai a prendere conoscenza del mondo attraverso la manualità dei giocattoli modellati con materiale povero. Le bambole di pezza, i pupazzetti di legno, i burattini di carta, il pallottoliere fissato sul seggiolone favorivano lo sviluppo mentale e rimmaginazione.
A quattro anni ebbi in regalo un triciclo di legno lucido con i supporti metallici rossi. Imparai presto a pedalare con destrezza, tanto che, dopo poco tempo furono tolte le rotelle laterali. Divenni una brava pedalatrice e disturbatrice della quiete familiare.
Avevo due fratelli maggiori, di cinque e sei anni. Per loro ero un giocattolo, mi coinvolgevano nei loro giochi, spesso come capro espiatorio. A tempo debito i miei genitori regalarono loro una bicicletta "da uomo". Era una "Legnano", nera lucente con il telaio, la sella in pelle con la borsa dei ferri, il fanale, la dinamo e il carter copricatena. I giovincelli pedalavano e scorazzavano. Spesso mi portavano seduta "in canna". L'aria sferzante ci inebriava.
Oramai avevo sette - otto anni e volevo anch'io la mia bicicletta "da donna". Mio padre sosteneva che ero ancora troppo piccola. Allora, aguzzando l'ingegno, trovai la soluzione: usare la bicicletta "da uomo". Ecco come: passare la gamba sotto il telaio, mettere il piede destro sul pedale destro e dare una spinta col piede sinistro. Presi l'abbrivio e, tutta di sghimbescio, riuscii a pedalare lungo la strada di casa: Avevo vinto la prima tappa!
Passavano gli anni, ma la mia bicicletta non arrivava mai. Frequentavo già l'Istituto Magistrale. Ogni anno i miei genitori mi promettevano una "Bianchi" se fossi stata promossa. Da parte mia ce la mettevo tutta, ma della bicicletta nemmeno l'ombra. Scoppiò la guerra e la "Bianchi" era ancora più introvabile. Ci pensarono i miei fratelli. Riuscirono a riciclare una bici "da donna" da un rottamaio ben fornito e la»pitturarono di colore giallo. Che orrore! Che vergogna! Ma chiusi gli occhi e via a pedalare con ostentata dignità.
Nel frattempo era finita la guerra. Avevo cominciato a lavorare nella Scuola e a percepire un discreto stipendio'che conservavo gelosamente. Acquistai una lucente "Benotto" "da donna" tutta cromata e con il cambio di velocità. Orgogliosa e appagata potevo, infine, pedalare, pedalare, pedalare.........
Ma il destino mi aveva riservato ben altri progetti. Mi sposai, mi trasferii in Puglia con al seguito la "mia" bicicletta. Nacquero subito due bimbi da crescere e una famiglia da seguire. Pedalare non fu più né facile né possibile. Abbandonata a se stessa o data in prestito, la povera biciclette s'intristiva e si logorava.
Allora la regalai alla "levatrice" che aveva seguito i miei due parti: Sarebbe stata molto più utile alla sua professione che non alle mie velleità di pedalatrice.

Anna Maria - aprile 2009

Incontri uno sguardo tra la gente,
la mente si ferma un istante, riflette:
percorre veloce cercando un volto e,
soltanto un vuoto nella memoria.
Un sogno romantico or ora riaffiora,
di quella storia che ancora ti addolora.
Chiudi gli occhi, raccogli pensieri,
rivivi antiche magie e dolci alchimie.
Brusco il risveglio tra il frastuono della gente.
Confuso balbetti parole, che cosa ti prende?
Ricordi, ricordi che credevi ben riposti
racchiusi negli anfratti dei tuoi sogni:
quel fugace sguardo ti tradisce,
ti insegue, ti annichilisce.
Le storie d'amore non hanno mai fine!

Giuditta 24 marzo 2009
Cara Susanna,
tu dicevi di farmi oggetto di tante attenzioni, moine e complimenti, solleticando il mio amor proprio e la mia vanità. Esaltando anche la mia efficienza come amante. Cosi facendo obnubilavi progressivamente la mia capacità di discernimento e valutazione del reale. Devo riconoscere che non ti mancano gli argomenti corporei accompagnati da fascino e simpatia .
L'altro ieri, però, dopo essere uscito da casa sono dovuto rientrare per ritirare un documento importante dimenticato nell'ingresso. Avverto un chiacchiericcio. Pongo maggiore attenzione ed era la tua voce proveniente dalla camera da letto. Ascolto incuriosito alcune parole ed un nome : Osvaldo. Stavi appunto telefonando a codesto signore con il quale sembravi essere in grande intimità e parlavi a voce alta pensando di essere sola in casa.
Dalla conversazione telefonica, chiara ed esplicita, risaltava la tua vera personalità, a me del tutto ignota, benché la nostra relazione duri da oltre un anno. E questa scoperta mi ha lasciato dolorosamente allibito: sei perfida, cattiva, ingrata, e, lasciamelo dire, sei una grande puttana stronza. In poche parole dicevi che stavi cucinandomi a fuoco lento e presto mi avresti portato all'altare.
Nel nuovo stato di legittima moglie avresti potuto cogestire il mio ricco patrimonio facendone occultamente godere anche l'amico Osvaldo, al quale naturalmente avresti continuato ad offrirti fisicamente.
Ebbene ti è andata male. Ti invito a ritirare immediatamente le tue cose e solo quelle e sparisci dalla mia vita per sempre. Le chiavi di casa puoi anche tenerle in quanto provvedere, appena te ne sarai andata via, a sostituire tutte le serrature.
Il mio fattorino latore della presente -è anche incaricato di presenziare alla tua fuoriuscita dopo aver constatato che tutto ciò che ti porti via è di tua proprietà.
Son sicuro che troverai presto qualche altro merlo al quale distribuire le tue moine.
In ogni caso, per quel che mi riguarda, va al diavolo.!

Tommaso - Aprile 2009

 Tu pensavi a me
 con cuore sincero.
 Tu guardavi a me
 con occhi maliziosi.
 Tu vivevi con me
 un magico momento.
 Tu confidavi in me
 con vigile premura.
 Tu giocavi con me
 una intrigante partita.
 Tu non sapevi cogliere
 le mie orgogliose certezze
 le mie giuste verità.
 Tu ti illudevi ch'io fossi
 tanto e sempre prevedibile.
 Io, invece, ti ho trascinato
 nella realtà della vita

 Anna Maria - aprile 2009

 Rossa poltrona arabescata
 foto ingiallite intimi sentimenti
 libri sfogliati sopiti pensieri
 riscaldano il mio riposo.
 E' la mia casa.

 Alte cime innevate
 folti boschi dai forti colori
 lontani confini del mare
 mi aprono ad ampi orizzonti.
 E'il mio mondo.

 Bianco gazebo tra verdi palme
 inebriante profumo di glicine
 voglia di pace e di solitudine
 cullano lenti i miei sogni
 E'il mio segreto.

 Grotta santa, ceri accesi
 infermi che soffrono e sperano
 genti che pregano ed invocano
 sento una lacrima scendere lenta.
 E' la mia fede.

 Anna Maria - aprile 2009


Pareva a te ch’io stupida fossi

quand’anche talvolta lo fossi!

Della mia linfa vitale ti cibavi

ignorando che non mi svuotavi!

Pura amicizia nel mio cuore albergava

scevra di falsi pudori a te tutto dava!

Lo scettro di regina non si addice

a chi per piccin animo lo contraddice!

Hai creduto di potermi gestire:

ti doleva ch’io avessi da ridire!

Grazie a te che, alfin, ti sei rivelata

ammantata di educazione ostentata!

Ammantata di dolcezza spudorata!

Ammantata di saggezza, ahimè, datata!

E, del buon Dio sempre più timorata,

tu, pronta samaritana indaffarata,

in soccorso al debole e all’ammalato

nutrivi te stessa, prodigandoti senza fiato!

Di come veramente sei or sgomenta prendo atto:

eppur ti ringrazio di tutto il bene che mi hai fatto!



Giuditta - aprile 2009


Quante volte mi sono sentita dire:

"Chi te lo fa fare" (Beata te, beata te"

"Sei stata fortunata "!

Ma la vita non mi ha mai regatalo
nulla.

Ho studiato, lavorato, guadagnato,

lottato, difeso, amato, educato, curato,

donato, sperato, sofferto.

Sono stata sempre me stessa con i miei
tanti difetti

Oggi ripagata in serenità, in consapevolezza,

in affetti profondi e infiniti.


Anna Maria - marzo 2009

Un lento,
meraviglioso lento,
lentamente balli con me
stringendomi così forte
quasi da togliermi il respiro,
sfiorandomi la mano
voliamo insieme...
Una dolcezza infinita
che un batter di ciglio non sa cogliere,
mi lascio trasportare dalla romantica musica
e da te,
che mi stai incantando l'anima...
Balla,
balla ancora con me,
non te ne andare,
il ballo senza amore
è come una fata senza magia...
Voglio danzare su quelle dolci note,
emozionarmi danzando
quasi come,
in punta di piedi,
giungessi a te leggera come una piuma...
Ecco,
un vento s'alza.sui nostri cuori,
calmi cuori appassionati,
ma quel meraviglioso lento
in me non s'è mai spento.

Giacomina - aprile 2009

Grazie a Dio non mi appartengono la glaciale insensibilità,
l'arido egoismo, la combattiva vendetta.

Non comprendo nemmeno la desolata indifferenza, l'abituale scontentezza,

l'impassibile diffidenza, l'ottusa grettezza.

Sia chiaro tuttavia : il mio essere è costellato da tanti difetti, magari meno

palesi, ma ugualmente fastidiosi.

Su tutti, però, domina sovrana la caparbietà.

Sempre pronta, comunque, per ammansirli, per addolcirli, nel rispetto di

critiche e richiami di ogni genere.


Marilena - Aprile 2009
Un boato improvviso.
Case sgretolate
aggrovigliate nei detriti.
Grevi paure
intense sofferenze
cose perdute
genti disperse
mare di morti.
Bambini sepolti
creature errabonde
sguardi smarriti.
Mani smaniose
tra fredde pietre
speranza nella polvere.
Vagito di un pargolo
irrompe nella notte
forte richiamo alla vita
fede profonda nel domani.

Anna Maria - aprile 2009

Nel 1944, avevo diciotto anni e da poco avevo conseguito la licenza al liceo clasico del mio paese, Cerignola, nel cuore della Capitanata.
La guerra dalle mie parti era arrivata e già era passata. Come si ricorderà, l'anno precedente, a luglio del 1943, era caduto il regime fascista e, poco dopo, a settembre dello stesso anno era iniziata la rapida avanzata delle truppe anglo - americane, partendo dalla Sicilia.Fecero presto ad arrivare in Puglia ed ora il fronte era ben oltre, al centro - nord. Al mio paese, sciamavano gli americani, chiassosi liberatori-conquistatori, dai volti sazi e soddisfatti, che avevano trasformato in caserma-palestra anche il mio liceo. Ma nella piazza principale, si radunavano a migliaia soltanto i "cafoni", i poveri contadini con le facce scavate dalla fame e dal rancore.Io appartenevo ad una delle poche decine di famiglie "privilegiate" su una popolazione di oltre quarantamila abitanti. Mio padre era fra i proprietari terrieri dai cento ettari in su.In testa alla classifica dei "padroni", c'era il conte Giuseppe Pavoncelli, Ministro dell'agricoltura, per breve tempo, durante il regime fascista, con circa 3000 ettari di proprietà fra terreni incolti, a grano e vigneti con uno stabilimento vinicolo dove veniva lavorato il prodotto, ottenndo vini pregiati che erano conservati in enormi e preziose botti di rovere, allineate a perdita d'occhio. Vivevamo - altro privilegio - in un palazzo a due piani, uno dei pochissimi in paese, circondato da una miriade di piccole abitazioni, di un solo vano, a pinterreno, buie, spesso prive perfino dell'acqua che veniva comprata da un ometto che la vendeva per strada, a "barili da due soldi", allineati su un carretto. Si parlava sempre più spesso fra i "cafoni" di un "compagno che alzava la voce" con i padroni ed aveva fatto carriera come sindacalista. Era Peppino Di Vittorio, cerignolano di nascita, zappatore, analfabeta, formatosi quasi da solo, dopo che aveva scoperto, meraviglia delle meraviglie, un librone, il vocabolario, che conteneva tutte le parole!
 Passò altro tempo, la guerra finalmente finì dappertuto, fra grandi distruzioni e grandi lutti. Era la "liberazione". Ed anche l'inizio di un'altra lotta di natura politica. Di Vittorio fece festa fra i compagni di Cerignola, come nel giorno della festa patronale dedicata alla Madonna di Ripalta. E la carriera del sindacalista proseguì: prima segretario nazionale della CGL e poi segretario mondiale dei sindacati "rossi". A Cerignola si spararono i fuochi artificiali e nelle povere case dei braccianti, davanti alla fotografia del compagno Peppino, molti accendevano un lumino, come davanti alla Madonna, protettrice di Cerignola. Qualche volta, quando tornava nel paese, per i coraggiosi confronti-scontri con gli esponenti della classe patronale, acculturati, il compagno Peppino andava, poi, a riposarsi un po' nella casetta di un compagno, in via San Lorenzo, a cinquanta metri da casa mia (il palazzo a due piani di cui ho parlato). Mio padre girava al largo, anche se i "cafoni" lo rispettavano. E, alla fine, mio padre incontrò l'importante leader sindacale. Peppino osservò "don Gigino col bastoncino", come dicevano di mio padre i ragazzini, e si strinsero la mano, simpatizzarono, forse perchè mio padre aveva un carattere generoso e schietto e la statura di Peppino Di Vittorio era senza alcun dubbio straordinaria. Avevano, comunque, una natura "sanguigna" entrambi. Qualche anno dopo, io, il piccolo di casa (otto figli in tutto) conseguii una laurea, e qualche tempo dopo, scartate altre soluzioni, andai a lavorare (vedi caso) in un ente pubblico di nuova istituzione, derivante da una legge innovativa: L'Ente per la Riforma Agraria (Enti analoghi furono istituiti in altre regioni italiane) operante in Puglia e Lucania. L'Ente procedeva all'espropriazione di parti determinate del latifondo, dietro indennizzo, effettuava le prime trasformazioni, lottizzava la terra ripartendola in piccoli poderi di circa sette ettari costruibili la casa e la stalla che assegnava a contadini nullatenenti con famiglie numerose, facendo pagare la terra in quarant'anni a bassissimo interesse. Non scendo in altri particolari tecnici, mi limito a ricordare, io figlio di un proprietario, i volti radiosi dei primi centodieci contadini cerignolesi, in contrada Torre Alemanna, poi chiamata Borgo Libertà,  che ricevettero il "contratto di assegnazione"  (cioè, di proprietà) delle mani dell'allora Ministro dell'Agricoltura, On. Fanfani.
 Di Vittorio e i comunisti avevano vinto insieme ai cattolici, ma De Gasperi ed altri non erano del tutto soddisfatti del tipo di intervento.Vi furono lunghe polemiche. scese in campo anche On. Togliatti Leader del P. Comunista. E scontenti erano anche i proprietari espropriati. Ma questa è un'altra stroria che prelude all'industrializzazione del Paese, è la fase successiva, "colpo di ariete" dato alla grande proprietà assenteista dalla riforma agraria ed anche dalle dure lotte condotte da Peppino Di Vittorio per riconoscere finalmente un pò di respiro ai contadini poveri.

Antonio P. aprile-2009


 


Frammenti di cuore sparsi

qua’ e la’ dove un gesto, una

carezza, un abbraccio vi

hanno scolpito un segno.

Frammenti di cuore sparsi

qua e là, dove gente e paesi

mai più rivedra’.

Frammenti di cuore

catturati da un arcobaleno

gioioso, esultante dopo

un temporale sulla collina

di un castello su di un monte.

Frammenti di cuore lasciati

in un mare verde, trasparente

come l’emozione del primo bacio.

Frammenti di cuore sepolti

accanto a voi, miei amati genitori,

là in quel piccolo camposanto,

nella stessa dimora che ora

insieme vi accoglie.

 

Giuditta - marzo 2009




A volte,anzi spesso,sono:

-INVADENTE

-SCOCCIANTE

-ESUBERANTE

-FORSE, ANCHE, POCO DELICATO

-POCO EDUCATO

-IRONICO

-AGGRESSIVO

-SECCANTE

-PETULANTE

-CURIOSO

-EGOISTA ecc..ecc..
Ma poi
Divento, anzi sono:

-ROMANTICO

-DOLCE

-ALTRUISTA

-RELIGIOSO

-ESTETA

-GENTILE

-APPASSIONATO

-ASCOLTO GLI ALTRI

-SORRIDO SEMPRE

-CONFORTO TUTTI

-AMO TUTTO CIO' CHE MI CIRCONDA

-AMO LA NATURA

-AMO VIVERE!

-MI AMO COSI'come sono!!!!


Piero - Marzo 2009


Non sono,non sono mai stato un uomo coraggioso.

Anzi,non sono un "buono" come sembra.

Sono uno che si arrabbia subito,di fronte alle difficoltà e alle sofferenze.

Sono "uno che si risente" perchè non riesce a salvare qualcosa

dal flusso che ha sempre cercato di sommergerlo


Antonio - Marzo 2009

Sono un calice spumeggiante

di vino dolce, sincero e frizzante!

Sono un temporale d'agosto,

imprevisto, impetuoso, fragoroso,

qualche volta un po'... dannoso

se ipocrisia e viltà mi han roso .

Sono un'oasi nel deserto emozionale,

sono la quercia in una palude corale.


Giuditta - marzo 2009


Nella quiete

Impastata di pensieri e di silenzi

il cielo della memoria

si lascia squarciare

da mille ricordi

a volte leggeri,vaghi, indistinti, impalpabili,

a volte gravi, invadenti, molesti, stancanti.

 

Sono fiori senza stelo ormai,

stelle senza chiarore

ma capaci ancora

di dare il batticuore

ad emozioni celate,

amori finiti,

giorni spenti.


MARILENA -  febbraio 2009


Magia

di una fiaba

che ti novella

ti ammalia

ti sopisce.


Magia
di un bimbo
che nasce
ti sorride
ti intenerisce....


Magia
di un pensiero
che danza
ti travolge
ti sfinisce.


Magia
di una illusione
che ti stupisce
ti adombra
ti svuota.


Magia
di un tramonto
che ti incanta
ti rapisce
ti guida,
verso un pianeta lontano.

ANNA MARIA - marzo 2009


AMARE vuol dire SOGNARE.......
l'innamoramento
ildesiderio
l'idillio
il rispetto
la lealtà
la dignità

SOGNARE vuol dire PERDONARE........
i tradimenti
le falsità
le indifferenze
le umiliazioni
le delusioni
i soprusi

PERDONARE vuol dire DIMENTICARE........
le molestie
le violenze
 gli stupri
gli omicidi
gli infanticidi
gli stermini

DIMENTICARE vuol dire RIMUOVERE......
i ricordi
le angosce
i sentimenti
i risentimenti
l'odio
la vendetta

Allora, solo interrogando con serenità il nostro cuore, potremo trovare il
giusto percorso dell'more e del perdono.

Annamaria -  Marzo 2009

Amo me perché bella io mi sento quando la mia luce rifletto.

Amo te mio piccino, perché tenero e indifeso sei nel ventre mio.

Amo te amica cara quando sorridi e intorno gioia effondi.

Amo te vagabondo che con lo sguardo perso vai senza meta.

Amo te vecchietto caro perché ancora sai di poter amare.

Amo te dolce creatura per quel rossore che ti tinge le gote.

Amo te giovin soldato perché amore ti manda lontano.

Amo voi che qui non siete, perché vegliate sulle nostre vite.

Amo te compagno mio per essermi sempre così vicino.

Amo amare, amo donare, amo la dolcezza che solo amor sa dare.

Amo te perché soffrire tu sai e chi soffre sa amare.

Amo te che innamorato ti sei e vergogna più non hai.

Amo te che non mi ami, perché sincera e onesta è l'anima tua.


Amo amare, amo donare, amo l'amore che solo amor sa dare!


Giuditta  marzo 2009

OTTO MARZO 1967: LA FESTA DELLA DONNA PER NOI STUDENTI ERA UN AVVENIMENTO DA FESTEGGIARE, NON TANTO PER LE MOTIVAZIONI REALI, BENSÌ' PER LA GIOIA DI ANDARSENE A SPASSO PER LE STRADE DEL CENTRO DI BARI, INCONTRARE GLI STUDENTI DEGLI ALTRI ISTITUTI, FARE NUOVE AMICIZIE, GODERE DI QUELL'ARIA FRIZZANTE PRIMAVERILE INTRISA DELL'ODORE DELLE MIMOSE.
SON BELLE LE MIMOSE MA LASCIANO POLVERE D'ORO SUI TESSUTI... IL MIO COMPLETO BLU, GONNA A PIEGHE E GIACCA A DOPPIO PETTO CON BOTTONI DORATI, DELLA FAMOSA DITTA "HETTEMARKS" COMPRATO DA MIA MADRE CON TANTO SACRIFICIO, FU INAUGURATO, PER L'APPUNTO, DALLA POLVERE DORATA DELLA MIMOSA CHE MI ERO APPUNTATA SUL BAVERO E RICORDO CHE MI DISPERAI NON POCO.
LA PRIMA SOSTA, DOPO AVER PERCORSO VIA SPARANO FU AI GIARDINI UMBERTO. Al CENTRO DELLA PIAZZA CI SEDEMMO AL BORDO DELLA FONTANA : ERAVAMO IN QUATTRO, ANGELA, ANNA, IO ED UN'ALTRA RAGAZZA DI UN'ALTRA SCUOLA. I PICCIONI VOLAVANO BASSI INTORNO A NOI CHE SBOCCONCELLAVAMO BISCOTTI E, ALL'IMPROVVISO, FUMMO ABBAGLIATE DAL FLASH DI UNA MACCHINA FOTOGRAFICA, POSTA SU UNO SGABELLO, CREDO. CIO' CHE, INVECE, MI E' RIMASTO IMPRESSO IN MANIERA NITIDA NELLA MEMORIA ERO IL PANNO NERO CHE RICOPRIVA LA TESTA DEL TIPO CHE CI AVEVA COLTE DI MIRA.
ASPETTAMMO UN BEL PO' DI TEMPO, CI ATTEGGIAVAMO NEI NOSTRI ABITI BUONI, OGNUNA DI NOI SFOGGIAVA LA BORSETTA, PROPRIO COME LE VERE SIGNORE E VOILA', IL FOTOGRAFO CI CONSEGNO' QUATTRO COPIE DI QUELLA FOTO IN BIANCO E NERO. ERA BELLA LA FOTO, MOLTO NATURALE, CON LA DIFFERENZA CHE RIVEDERLA NELLE MANI DI MIA FIGLIA TRENTENNE MI E' PARSO DI GUARDARE UN DAGHERROTIPO!
DI QUELLA PIAZZA, NELLA FOTO, SI VEDE BENE L'OROLOGIO DELL'ATENEO ALLE NOSTRE SPALLE, UNICO INDIZIO CERTO PER MIA FIGLIA SCETTICA . OGNUNA DI NOI QUATTRO PORTAVA IN MANO LA FOTO PERCHE' ASCIUGASSE ALL'ARIA E, PASSO DOPO PASSO, FELICI, SPENSIERATE E COMPLICI, ARRIVAMMO AL TEATRO MARGHERITA : CARTELLONI PUBBLICITARI DI FILMS IN PROGRAMMAZIONE ALL'ESTERNO E ALL'INTERNO LA GRANDE SALA CON COLONNE DI MARMO. PROSEGUENDO PER IL LUNGOMARE, UNA INSENATURA CON BARCHE E PESCATORI E TANTA GENTE CHE MANGIAVA RICCI E PANE, SEDUTA SU GRANDI MASSI O IN PIEDI; E CHE BUONO IL GELATO DI VERO LIMONE : UN BIANCO CARRETTO SPINTO DA UN VENDITORE VESTITO DI BIANCO, CON UN CAPPELLO ANCH'ESSO BIANCO, CHE RIMESTAVA CONTINUAMENTE NEI CONTENITORI DI LATTA ( ERANO QUATTRO, CON I COPERCHI LUCCICANTI AL SOLE E CHE, OGNI VOLTA CHE VENIVANO SCOPERCHIATI, SI VEDEVA UNA SORTA DI "FUMO".
LA PASSEGGIATA SI CONCLUSE ALLA ROTONDA, APPOGGIATE ALLE RINGHIERE SI GUARDAVA IL MARE, IL FARO, I GABBIANI ED OGNUNA DI NOI SOGNAVA E FANTASTICAVA. ALTRI GRUPPI DI GIOVANI AVEVANO AVUTO LA NOSTRA STESSA IDEA, ALCUNI PIÙ' SPERICOLATI ERANO SEDUTI SULLA RINGHIERA, QUALCUNO OSTENTAVA UNA SIGARETTA ...
ECCO QUANTI BEI RICORDI MI HANNO RIPORTATO ALLA MENTE QUELLA FOTO CHE MIA FIGLIA AVEVA SCOVATO IN UN CASSETTO E CHE L'AVEVA PARTICOLARMENTE COLPITA, ESSENDO IO, ALLORA, UNA GIOVINETTA DI SEDICI ANNI.


GIUDITTA - FEBBRAIO 2009

Febbraio 1939. Il vento di guerra già aleggiava minaccioso sul nostro Paese. Il tuono era ancora lontano e la paura veniva rifiutata e dimenticata. La mia vita scorreva serena fra lo studio e gli svaghi permessi alla mia età. Avevo quattordici anni pieni di entusiasmi e una famiglia dolce ma severa. Le regole erano tassative: rispetto di se, del prossimo, delle cose e degli orari. La città in cui vivevo era molto animata dalle attività che vi si svolgevano e ruotavano attorno al Casinò, a un turismo privilegiato, all'industria e coltivazione dei fiori. Il tempo trascorreva lento e sornione.
L'anno era scandito dal Natale, dal Carnevale, dalla Pasqua e dalle vacanze estive. Il Carnevale era l'evento più atteso perché riusciva a rivoluzionare e coinvolgere tutta la città, non solo per le mascherate, ma soprattutto per il " Corteo fiorito". Esso consisteva in una sfilata di carri allegorici addobbati con migliaia e migliaia di fiori dai più svariati colori e profumi. Questi carri erano poi vissuti ed animati da persone che stavano al gioco con spirito e divertimento. Ogni carro era un'opera d'arte per la creatività artistica e la maestria degli allestitori.
La sfilata si esaltava con la "battaglia dei fiori" che si scatenava tra chi stava sui carri e la gente che si assiepava lungo il percorso. Volavano petali, fiori, coriandoli e stelle filanti tra la gioia, allegria e spensieratezza. Ogni anno sognavo di poter salire su uno di quei carri e vivere una esaltante esperienza. Ogni mio timido approccio in famiglia cadeva nel nulla.
Quell'anno, invece, successe l'imprevedibile. Dei conoscenti dei miei genitori, dovendo allestire un carro fiorito a soggetto fiabesco, chiesero se potevo partecipare, con altre amichette, alla realizzazione della favola " Alice nel paese delle meraviglie". Il permesso mi fu concesso, anche se con molte perplessità. Tra tanti fiori animati, io dovevo rappresentare una margherita gialla. Ormai convinta, la mamma corse a comprare la stoffa occorrente : metri #J twtfte Wèrteo per la sottogonna, metri di organza gialla per l'abito, per la corolla, per la cuffietta. Frenesia tra sarti, prove e controprove fino alla prova generale.
Tutto era pronto e perfetto. Quando, come un fulmine, si diffuse la notizia della morte di Papa Pio undicesimo, pontefice amato ed apprezzato come Papa Achille Ratti. Il governo proclamò il lutto nazionale. Tutte le manifestazioni pubbliche furono sospese. Il "Corteo fiorito" fu rimandato; poi, definitivamente archiviato. Il vento di guerra soffiava ormai troppo da vicino !
Così mi ritrovai, nell'estate del 1939, a passeggiare con le amiche lungo la " passeggiata Imperatrice" e sfoggiare, con un certo sussiego, una bellissima camicetta di organza gialla, un po' trasparente !
E il tulle che fine fece ? Diventò una elegante zanzariera attorno al mio letto a baldacchino.


Anna Maria - Febbraio 2009

Siamo alla meta' degli anni sessanta e noi giovani adolescenti aspettavamo le feste di compleanno per andare a "ballare". Eh sì perché era un vero e proprio evento: ci si riuniva in casa del "malcapitato", visto che la stanza da ballo veniva svuotata dei mobili e c'era giusto il posto per poche sedie riservate a quelli che facevano "tappezzeria". Un giradischi, tanti dischi a quarantacinque giri e la protagonista assoluta era lei, la spazzola! Ragazzi sempre in numero maggiore rispetto alle femmine e, quindi, doveroso il compito della spazzola che permetteva a tutti di ballare, non essendoci ancora il ballo di gruppo, bensì soltanto il ballo in coppia. Ero timidamente seduta, era la mia prima festa da ballo, cercavo di darmi un contegno della serie: " si, sono abituata a queste feste da ballo", canticchiavo; un ragazzo mi invito' e, goffamente, mi ritrovai a pestargli i piedi e a balbettare qualchecosa che dovevano essere delle scuse. Sentivo il rossore sul viso e avrei voluto scappare via per la vergogna, quando sentii sulle spalle una spazzolata: era una mia compagna di classe, Alessandra che, molto disinvoltamente, scimmiottando le ragazze più grandi per la vistosità' dell'abbigliamento e del trucco, mi disse di mettermi da parte e abbracciando il disorientato ragazzo in questione, piroetto' al centro della stanza in uno sfrenato rock'nd roll. Ritornai sulla mia sedia e incominciai a pensare, sforzandomi di non tradire le mie emozioni, mi sentivo troppo umiliata, lì alla presenza di tutti. Sicuramente non potevo competere con Alessandra ma, visto che la prescelta ero stata prima io, non volevo dargliela vinta e aspettai pazientemente l'occasione. Avevo già' adocchiato un ragazzo dall'aria simpatica che mi piaceva e, impossessandomi della magica spazzola, fingendo una certa sicurezza lo invitai. Avevo vinto la battaglia con me stessa e la mia timidezza. Non ricordo alcuna emozione nè del ballo, nè del ragazzo; ricordo, invece, che quell'episodio mi ha aiutata a conoscere me stessa, le mie potenzialità' e, soprattutto, mi ha insegnato a non arrendermi mai davanti agli ostacoli.


Giuditta - febbraio 2009

Quel braccio di mare che va dal Palazzo Reale a via Caracciolo, nella parte marina del quartiere S.Lucia a Napoli, di fronte a Castel dell'Ovo sorgono gli alberghi più importanti, più "in" della città. L' hotel Excelsior e il Vesuvio, lo mi ero sposato da poco, a Bari, nella vecchia chiesa di S.Croce in via Nicolai. Era il 1954. Ed avevo subito dopo fatto il viaggio di nozze con la mia sposa, Nina, trasferendoci da Bari a Napoli, con il treno a vapore, in terza classe, con pochi bagagli, seduti su sedili di legno.
Queste le due premesse : topografiche e familiari. Per dire che due anni dopo, lasciando la nostra piccola Anna, di 15 mesi, alla vecchia cara zia Ausilia nella cui casa eravamo ospitati, io e Nina andammo a ballare nei saloni dell'hotel Vesuvio al ritmo dell'orchestra composta da musicisti inglesi, appunto i famosi "the four Saints".
Ho cercato di aver informazioni su tale famoso complesso ma da internet non ne ho avute. Probabilmente ho usato erronee chiavi di ricerca. Sta di fatto che negli anni di cui si parla erano molto popolari. In ogni caso io e Nina eravamo sposati da poco, appassionatamente innamorati, avevamo affrontato nei primi due anni di matrimonio momenti molto difficili collegati alle mie iniziali scarse entrate come venditore porta a porta della Olivetti. Dopo due anni, al momento cui ci riferiamo a proposito di un ballo da ricordare, la situazione economica era migliorata sensibilmente grazie ai progressi da me realizzati nella organizzazione commerciale della ditta suddetta. Quindi in quella serata eravamo sereni e tranquilli, e affrontammo la pista da ballo prediligendo i ritmi lenti, che ci consentivano di ondeggiare, strettamente abbracciati, in contatto di guance, senza muovere per niente i piedi, a'ssolutamente ignari di quel che succedeva attorno.
Ebbene si, facemmo il famoso ballo del mattone ! Per la verità, in seguito non ci sono state molte altre occasioni per ripetere la performance dell'hotel Vesuvio. Sono nati altri due figli e la mia nuova mansione direttiva mi portava spesso fuori sede. Escludendo, quindi, i balli fatti da ragazzi in casa di amici sotto lo sguardo attento dei genitori, che aggrottavano le sopracciglia al primo tentativo di ridurre le distanze fra i corpi dei ballerini, ai ritmi megafonati dalla tromba del grammofono, come fox trot, one step*e qualche valzer, quella serata trascorsa all'hotel Vesuvio è rimasta impressa indelebilmente nella mia memoria.


Tommaso - febbraio 2009

Impazzava il carnevale tra maschere e mascherine,

il viso celavi e con gli occhi cercavi belle signorine!


Un minuetto, un suono d'archi, parrucche sgargianti,

tante fanciulle festose con scarpe a punta volteggianti.

 

Abiti svolazzanti e profumi inebrianti,

suoni, luci, colori, calici spumeggianti!


Sornione, rapace e audace l'innocente preda a te attirasti:

le labbra a sfiorar le dita, un soffio sulla nuca e la baciasti!

 

Nel parco un festoso fruscio: il manto erboso dolce, soffice e gentile:

timidi sospiri, grida inudite, cade la maschera a rivelar quel vile!


Luna fioca, luna silenziosa, luna maliarda, luna amata:

in un cielo senza stelle, celi il segreto di una vita rubata.


Giuditta - febbraio 2009

Anni cinquanta. Prima classe di Marilena. Istituto Borea Angeli. Bari.


Così è scritto sul retro di una foto che mio padre portava volentieri nella tasca interna della giacca. C'è solo uno scorcio della classe in quella foto ( le classi erano molto numerose all' epoca ), una ventina di bambine, tutte col velo in testa e le mani disposte ad ali di angioletto sul grembiule candido e sul grande fiocco azzurro che chiudeva il colletto.
Erano momenti di preghiera che le suore creavano tra un'attività e l'altra durante la Quaresima o il mese di maggio. Si svolgevano in aula e culminavano nel cortile dell'Istituto, dove campeggiava una grotta con la statua della madonna. Quei grembiuli candidi, a cui le suore tenevano molto, almeno nel mio caso venivano spesso sporcati di inchiostro. Si, perché nei banchi di legno nero, a destra, erano inseriti in appositi fori dei calamai in vetro, colmi di inchiostro, in cui si intingevano i pennini di metallo per scrivere con tratto sottile e bella grafia.
Ebbene, nel calamaio del banco posteriore finivano anche i ciuffetti estremi delle mie trecce, che ogni mattina la mamma cercava di acconciare con premura. Non so quanto di casuale e quanto di furbescamente voluto dalla mia compagna in questo fatto! Certo è che, mentre percorrevamo il corso Vittorio Emanuele per andare a scuola, erano sempre i soliti richiami alla diligenza e all'attenzione ! Forse per questo quel corso mi sembrava interminabile e molto freddo all'andata, soprattutto nel primo tratto, quello che sbocca sul lungomare e che spesso è battuto dal vento.
Al ritorno invece quello stradone mi appariva animato da tanti negozi aperti ; per esempio il chiosco che all'angolo di via Sparano vendeva bibite, caramelle ed altro e che rappresentava per me un goloso appuntamento; oppure il laboratorio di Raffaele, un sarto che in occasione del Carnevale esponeva nella sua vetrina maschere e abiti confezionati da dare infitto.
Quell'anno fui letteralmente affascinata da un abito da campagnola che vedevo lì in bella mostra. Lo desideravo ma non osavo chiederlo. Mi limitavo ad accarezzarlo con gli occhi ogni volta che-passavo, sapendo che allora non c'era grande disponibilità economica in famiglia. Ma talvolta i sogni si realizzano e, tornando a casa un giorno, lo trovai disteso sul mio letto. Potetti così indossarlo in occasione della festicciola organizzata a scuola dalle suore. E nonostante quel giorno facesse tanto freddo, non volli coprire quell'abito con un indumento più pesante e percorsi l'intero corso Vittorio Emanuele con orgoglio.


Marilena - febbraio 2009

Avevo tre anni, primo giorno di scuola materna, un candido grembiulino e fiocco azzurro, un cestino di vimini che all’apertura sprigionava un odore tipico di pane e frutta e , sul banco, una bambola di stoffa. Le suore mi attraevano, le ritrovavo il pomeriggio in clinica dove operava mia madre e decisi che sarei diventata suor Evelina.

CHE...

L’estate in cui andai in una colonia marina : mi avevano rasato la testa e un buffo cappellino celava il mio disagio; una dolce frittella comprata per strada da uno dei tanti venditori ambulanti, mi consolo’ al momento.

Diventai brava a confezionare collane colorate con le carte delle caramelle, mentre mi disperavo nel guardare quei maschietti che abilmente giocavano con le cinque pietre: capii forse allora che ero una bambina e non un maschietto, benché avessi sei anni.

CHE…

La mia prima grossa bugia. Dissi a casa che ero stata rimandata in quattro materie, anziche’ bocciata! Fu mia sorella maggiore che provvide a darmele di santa ragione, nonostante mi fossi nascosta in uno sgabuzzino sul balcone lamentando mal di pancia.

Dall’anno successivo, ripetuta la prima media, eccelsi in tutte le materie fino alla licenza con diploma e medaglia di merito e conseguente borsa di studio!

CHE…

Mi ero pre-iscritta al liceo classico, avevo le idee chiare sul mio futuro, volevo fare l’insegnante ma, la stessa sorella maggiore mi tradì, iscrivendomi presso un istituto per ragionieri che, a suo dire, avrebbero avuto più opportunita’ lavorative in quegli anni sessanta-settanta.

CHE…

Nel 1981 con tre figli e un impiego di grande responsabilita’, mi sono iscritta al corso di laurea di lettere e filosofia. La sede della facolta’ era a cinque minuti di strada dal mio ufficio e, a giorni alterni, frequentavo il corso di filosofia con Ada Lamacchia che mi appellava “mens eroica”. Il crollo psico-fisico arrivo’ puntualmente a fine anno accademico, dopo, pero’ aver consegnato alla docente una tesina su Giambattista Vico.

CHE…

Annotavo scrupolosamente in un’agenda le entrate e le uscite giornaliere di denaro, riflettendo che, comunque, una maturita’ tecnica, di cui mi sono sempre vergognata, in quel periodo mi tornava utile. In quell’agenda annotavo anche pensieri, riflessioni, considerazioni che tenevo soltanto per me, certa di non essere compresa.

CHE…

La prima, di tante lettere, scritta “ a cuore aperto” al padre dei miei figli, furtivamente riposta nella tasca della sua giacca una mattina prima di uscire.

L’ansia e la curiosita’, al suo ritorno, di avere finalmente un dialogo, di comunicare, di parlare, nel senso autentico del verbo: curiosita’ mai appagata, con le inevitabili successive conseguenze!

CHE…

L’attesa, la lunga attesa, dolce, esaltante, estenuante, carica di promesse , puntualmente disattese a Pasqua e a Natale per lunghissimi anni. Poi, il disincanto, la delusione, l’umiliazione, la disistima, e….”Vico docet”, la lenta ripresa, l’ardua risalita, il ritrovato equilibrio tra realta’ e fervidissima immaginazione!!!

CHE…

La prima volta che, sul palcoscenico di un teatro, sono stata protagonista acclamata in una commedia, si era gia’ nel 1995; i fiori, gli applausi, la gente che mi lodava. Ancora oggi stento a credere di essere stata tanto coraggiosa ad interpretare me stessa, con la mia grinta. Ricordo che i miei figli all’unisono mi dissero : “ Mamma ti conosciamo, tu non hai recitato, sei così e basta”.

CHE…

Nell’affannosa ricerca di punti di riferimento, credendo fermamente allo scambio reciproco in una sana ed autentica amicizia, ho investito tanto della mia interiorita’ , denudando quasi totalmente la mia anima, sopravvalutando forse la persona referente! Questo genere di delusione lascia ferite profonde, ma spero di aver imparato qualche cosa di più!

 

Giuditta - febbraio 2009

Ricordo che mio padre amava affettuosamente richiamare l'attenzione della consorte Maria, quando si era in famiglia, con un fischio dolce e carezzevole, al quale era inevitabile rispondere con una certa sollecitudine.
Carlotta, una vicina affabile e divertente, conosceva bene questo simpatico vezzo in quanto spesso era presente nella nostra casa. Pensò dunque di programmare uno scherzo per la sua cara Maria in occasione del Carnevale di molti anni fa. Una mattina suonò alla porta e disse con piena convinzione di aver intercettato giù in strada il fischio di mio padre che nel frattempo era andato al lavoro.
" Sicuramente aveva da chiederle qualcosa " si mostrò preoccupata " e perciò è conveniente scendere per capire che cosa occorresse ".
In tutta fretta, ma non troppo essendo inverno, mia madre tolse gli abiti pratici con cui stava sfaccendando, indossò qualcosa di più consono ed usci di casa. Nei pressi del portone, nessuno. Nelle immediate vicinanze, neanche. Perché allora non raggiungere la fontana dellajvicina piazza? Intanto Carlotta la seguiva a distanza e, quandB colse nei iéfW ttella sua affWca & corts#evàtfezzà UR un solenne scherzo, WW avvicinò, fischiettò a suo modo e sfoderò un sorriso sornione. Mia madre avrebbe voluto scaricare la rabbia con bel grido titanico, tuttavia stette al gioco, perché Carlotta riusciva sempre a sorprenderla con fare veramente amichevole.
Ma quando all'ora di pranzo mio padre rientrò, infilò la chiave nella toppa ed emise il consueto suono armonioso per comunicare il suo arrivo, mia madre si lasciò stranamente distrarre da cigolìi, sgocciolamenti, tintinnii e strofinìi della cucina e.... tardò molto nella risposta.
Immediata fu la richiesta di chiarimento e altrettanto celere fu la decisione, di comune accordo, di tornare da quel momento, alle canoniche espressioni di benvenuto e di congedo, in qualsiasi momento e circostanza e soprattutto all'uso sempre seducente del nome personale.


Marilena Gennaio   2009

è meglio prima precisare che rifarsi ai ricordi è un esercizio mnemonico proprio degli anziani, i quali più anni hanno alle spalle più fatti e storie e situazioni possono aver registrato nella memoria. Sempre che questo prezioso cassetto del cervello che custodisce il nostro passato sia ancora ben sigillato ed i neuroni che presiedono all'accesso funzionino regolarmente.
Se poi il cassetto presenta qualche crepa ed i ricordi svaniscono , rammentare diventa via via più difficile e, infine, impossibile.
Ciò premesso, l'esercizio che, al contrario, dovrebbe vederci impegnati come persone della terza e quarta età, benché arduo, dovrebbe consistere nel progettare, ossia guardare ottimisticamente avanti agli anni; pochi o molti, che la Provvidenza ci ha assegnato da trascorrere ancora in questo mondo che, malgrado tutti i problemi, i disastri, le guerre, le epidemie, e chi più ne Na più ne metta, esercita sempre un grande fascino. Anche perchè con tutti gli altri uomini e donne dispersi per il pianeta, in qualche modo, anche noi, in maniera impercettibile, abbiamo contribuito al suo progresso.
Comunque proviamo ad elencarne alcuni, di ricordi, descrivendo dapprima quelli tristi e poi qualcuno bello, almeno per me :


1943. E' Natale. Per la prima volta sono lontano dalla famiglia. Chiamato alle armi da qualche giorno a diciannove anni compiuti e destinato al fronte di Cassino. Tra la suddetta prospettiva e la mancanza della calda affettuosa atmosfera familiare ho sofferto una malinconia struggente.


1947. da gennaio a ottobre , quasi sempre il nostro focolare è spento. La nostra situazione economica è disastrosa. Siamo letteralmente sul lastrico. Ho potuto direttamente provare i morsi della fame, senza prospettive di poter mettere a breve sotto i denti qualcosa. Tant'è che in dieci mesi ho perso 13 chili. Non dimentico la mortificazione morale per la costatazione amara che quando la tua situazione economica da brillante precipita nella più desolata povertà gli amici si diradano fino a scomparire. Non credo sia una novità.


8 febbraio 1983. In una mattina radiosa per un cielo azzurro ed un sole sfolgorante è morto il più giovane dei miei figli sulla circonvallazione di Monopoli in direzione sud. Giampiero, così si chiamava, aveva 22 anni ed era quel che si dice un bel ragazzo : alto, robusto, atletico, sportivo. Frequentava il terzo anno di giurisprudenza. Aveva cominciato a collaborare con me nell'impresa che avevo creato dopo essere andato in quiescenza, anticipata dalla Olivetti. Per lavoro era diretto a Brindisi e si è scontrato frontalmente con un camion. Riposa nella tomba di famiglia nel cimitero di Ceglie. Qualsiasi commento non potrà mai descrivere adeguatamente il dolore che, violento dapprima si stempera nella rassegnazione e si deposita per sempre nel cuore dei genitori.

Ed ora qualche bel ricordo :
27 luglio 1948. Cos'è un bacio ? Lo chiedo io e non Cirano de Bergerac. Ed io mi rispondo : nel mio caso e con la ragazza ventenne oggetto del desiderio si trattava del primo bacio, quasi rubato, che provocò da parte di lei la domanda : sarebbero cominciati i 15 giorni ? In quanto molte erano le maldicenze sul mio conto. Dicevano infatti che passavo dalle braccia dell'una in quelle dell'altra in breve lasso di tempo. Effettivamente prima di quel fatale bacio, ora richiamato, il mio comportamento con l'altra metà del cielo era discutibile. Ebbene quella ragazza baciata in riva al mare per la prima volta si chiamava Nina ed è ancora al mio fianco.


23 giugno 1954. Napoli. Dopo aver accompagnato mia moglie, presa dalle doglie, all'ospedale per il parto, il personale mi invita ad andarmene in quanto, affermano: il travaglio è appena cominciato: " se ne parla domani" dicono. In realtà all'alba del 24 mi telefonano per dirmi che era nata una bella bambina. Compro dei fiori e corro all'ospedale. Mia moglie mi accoglie con un sorriso stanco e mi presenta la bimba che aveva in braccio. Faccio a fatica un sorriso di circostanza mentre osservo il viso contorto e paonazzo con un cranio sformato e lungo come melone, e penso : " che awenire ava poverajj^robina. Quanto è .brutta j" La natura invece ha fatto il suo corso e in pochi giorni il volto ed il cranio della neonata si sono trasformati ed aggiustati per poter far dire al paterno osservatore un convinto : " Che bella bambina ! " Dunque dalla crisalide è sbocciata una bellissima farfalla !


Luglio 1958. Dopo aver acquistato una Lambretta, prima, e una Belvedere Fiat ,entrambe usate, quest'ultima esaminata dalla bambina di cui sopra con un atteggiamento di disprezzo, ho acquistato una nuova fiammante 1100 E Fiat, nera e con gli interni verdi, che ha avuto l'entusiastica approvazione della piccola Anna e di tutta la famiglia. Grazie alle mie performance commerciali nelle vendite alla filiale Olivetti di Napoli, dopo due promozioni che consistevano nel gestire clienti sempre più importanti, fui promosso capo vendita con il compito di guidare e gestire un gruppo di venditori. Incarico di prestigio che prevedeva anche un sensibile ritocco degli emolumenti. La qualcosa mi ha consentito di fare l'acquisto in questione.


Per finire: primavera 1970 Lasciata Bari nel 1949 vi ho fatto finalmente ritorno nell'anno indicato, dopo 22 anni di girovagare, qui trasferito definitivamente e felicemente da Ancona, sempre per conto della Olivetti. Questo per consentirmi di mangiare a piacimento cozze," allievi" e polpi arricciati.


Tommaso - gennaio 2009


II piroscafo battente bandiera tedesca "Kònig Albert", da 10484 tonnellate di stazza, che poteva ospitare 2175 passeggeri, dei quali 257 in prima classe, 119 in seconda e 1799 in terza classe, approdò al molo di Ellis Island ( New York) I'll maggio 1905. Fra i passeggeri stipati nelle stive della terza classe c'erano mio nonno Tommaso e mio padre Francesco, di soli sette anni. Lo testimoniano i registri autografi delle autorità portuali dell'epoca, che mia nipote Antonella - figlia di mio fratello Mario - facendo ricerche in internet ha richiamato sul monitor e fatto stampare. Sui documenti non sono registrate le emozioni, le ansie, le preoccupazioni degli emigranti all'arrivo in porto, ma credo che facesse aggio su tutto la speranza di conquistare il successo morale ed economico che gli avrebbe consentito di affrancarsi per sempre dalla povertà.
Questi documenti sono adesso sotto i miei occhi assieme all'immagine della Kònig Albert.
L'incipit delle seguenti riflessioni non può che essere, nel mio caso, se non l'avvio del memoriale che vado scrivendo da qualche tempo sulla storia movimentata della mia famiglia originaria e personale. Quel bambino sottratto alla seconda classe elementare di Ceglie del Campo cominciò, a irrobustirsi caratterialmente senza passare attraverso l'infanzia, quando il padre se lo portava appresso facendogli fare il portatore d'acqua per dissetare i manovali che lavoravano duramente con picconi, pale e traversine nello stendere le strade ferrate nei dintorni di Chicago.
Negli U.S.A. ci rimase fino alla fine del 1918, quando aveva vent'anni, dopo aver imparato a fare il fotografo. Tornato in Patria fu inviato a Tripoli, come carabiniere, per svolgervi il servizio militare. Al rientro, congedato, aprì uno studio fotografico a Ceglie. Fra i primi clienti registrò la presenza del ferroviere Vitucci che volle far fotografare la -numerosa famiglia la cui primogenita era mia madre, bella ragazza diciottenne, della quale il babbo si invaghì. Avendo accertato nei giorni seguenti che i suoi sentimenti erano ricambiati ne chiese la mano. I genitori di Anna, chiamata Nannine, acconsentirono e da quel momento, entrando in ballo i rispettivi genitori, la storia subì un forte rallentamento. Sicché mio padre decise di rompere gli indugi prendendosi la donna che amava, e dalla quale era riamato, senza più dar retta alle chiacchiere piene di
acrimonia della madre e della futura suocera. In una buia e fredda notte di marzo del 1924, raggiunse le vicinanze dell'uscio della sua amata e fece un fischio. Mia madre che faceva finta di lavorare all'uncinetto e stava all'erta, al segnale convenuto usci di casa furtivamente, si nascose sotto il mantello che babbo indossava e , abbracciati, si diressero verso il sicuro rifugio realizzando la classica ennesima "ascennute". Lo strappo alle regole fu sistemato qualche settimana dopo con regolare matrimonio religioso.
Come Dio volle nacqui a Tripoli nel dicembre di quell'anno in "zenget scib laem" e da quel momento entrai nella giurisdizione paterna, unica e severa, per l'applicazione del diritto di educare, consigliare, correggere e punire se necessario. La necessità della reprimenda manesca veniva stabilita dalla reiterazione della malefatta, tollerata per quattro volte. Il codice Giannelli era semplice e composto da pochi articoli.
Primo, dal quale discendevano tutti gli altri : ubbidienza pronta ed assoluta ai genitori; e poi, rispetto per le persone adulte, in particolare per gli anziani; in occasione di visite in case di amici, sedersi senza più muoversi salvo che qualcuno non lo richieda; mangiare qualsiasi cosa la mamma cucini senza lasciar nulla nel piatto; fare diligentemente i compiti a casa e prestar attenzione a quel che dice il maestro; in caso di assenza del babbo era la mamma che amministrava la giustizia e aveva il compito di riferire al marito le eventuali mancanze per le inevitabili punizioni corporali.
Mio padre era un bell'uomo, robusto, alto 1,72, ( in quegli anni l'altezza media misurava 164 cm.) dalla pelle chiara e capelli rossicci, occhi cervone, con dei baffi alla Chariot che ha sempre curato ed esibito. Era prevalente l'atteggiamento serio ma si apriva al riso quando la situazione lo richiedeva. Era esemplare per l'attaccamento alla famiglia e al lavoro. Esercitava, come è stato detto, l'attività di fotografo, e durante la mia infanzia si assentava spesso per seguire le truppe delta colonna del generale Graziani che era stato incaricato dal governo di perfezionare la conquista dell'intero territorio libico,del quale si controllava solo la parte costiera, mentre quella desertica, il Fezzah, presentava diversi focolai di resistenza. Il compito del babbo era di fotografare i beduini delle "cabile" conquistate e soggiogate per la creazione di un documento di identità. Si trattava di un lavoro, si direbbe oggi "usurante", che prevedeva lunghe estenuanti cavalcate in groppa ai
velocissimi Mehari, al sole cocente del Sahara per di più riverberato dalle dune, una alimentazione frugale e spesso secca, con frequenti pernottamenti all'addiaccio, cosi come facevano i militari italiani e coloniali. In ogni caso il sacrificio e il disagio erano ben remunerati ed io ricordo la cerimonia che il babbo si compiaceva di rappresentare, al rientro dalle suddette trasferte, svuotando sul tavolo della cucina, con mamma ed il sottoscritto seduti, curiosi e attenti, un sacchetto di monete d'argento - cinque e dieci lire -facendone un bel cumulo luccicante. All'epoca quelle monete avevano un grande valore. Pensate che con mille lire si comprava una casa!
La saggezza di mio padre si evidenziava naturalmente mediante il comportamento in famiglia e con il prossimo. L'esempio innanzi tutto: sposo e poi marito, tenero ed innamorato, che ha riempito mia madre di mille attenzioni, curandone la persona con consigli e abbigliamento alla moda anche quando i figli diventarono quattro dopo vent'anni di vita in comune. Giusto e severo con i figli : direi severità più marcata nei confronti del sottoscritto primogenito che evidenziava una notevole vivacità e propensione alla trasgressione del codice di cui s'è detto. Mai, comunque, un ceffone che non fosse meritato e preventivamente giustificato. Ma la severità si alternava con la disponibilità al gioco e all'uso dei molti giocattoli che mi regalava nelle diverse occasioni offerte dal calendario o, dal mio, talvolta, raramente, commendevole comportamento. A proposito del dover mangiare tutto quel che mia madre cucinava: se dopo aver mangiato la minestra egli notava al bordo del mio piatto pezzetti di aglio e prezzemolo, mi imponeva di mangiarli; per questo stabiliva un tempo, con la sveglia sul tavolo, per finir di mangiare completamente entro alcuni minuti le parti sgradite e scartate o l'intera minestra. E poiché alle minacce, se sgarravo, seguivano le punizioni, mi affrettavo a trangugiare quel che la mamma mi metteva nel piatto o le eventuali parti messe da parte, nel tempo stabilito. Devo riconoscere che dopo questa cura culinaria ho mangiato e gradito tutte, ma proprio tutte le pietanze che mi venivano e vengono proposte.
In definitiva con l'esempio di un regime di vita impegnato e rigoroso, dedito al lavoro e alla famiglia, cui mai nulla è mancato, con gli opportuni e frequenti consigli e raccomandazioni ed eventuali opportune giustificate correzioni, mio padre mi ha guidato verso uno stile di vita che ha privilegiato il lavoro e l'impegno
diuturni, l'iniziativa e la fantasia nello sviluppo dei progetti operativi, considerando il rispetto per il prossimo quale elemento fondante di una serena esistenza, nonché manifestando amore e rigore nel rapporto coniugale e nell'educazione dei figli, specie nei primi anni della loro vita fino alla preadolescenza.
Quindi, per la mia crescita morale e umana ho utilizzato la saggezza semplice di mio padre, efficace e diretta, anche se non aveva avuto l'opportunità culturale di leggere Seneca o la Montessori.


TOMMASO - gennaio 2009

La chiamavo così perché era l'unica nonna che avevo conosciuto e perché la sua figuretta mingherlina e lievemente incurvata la rendeva una deliziosa miniatura. Lo sguardo, velato da un solido paio di occhiali, sembrava avvolgere di calore e di protezione ogni oggetto, ogni persona, ogni situazione.
I capelli argentati, raccolti in una morbida crocchia, davano al suo viso un'espressione dolce, serena. Lei, che di momenti sereni ne aveva conosciuti
pochissimi......anzi ! Era rimasta vedova subito dopo la nascita delle tre figlie;
l'ultima, mia madre, aveva due anni quando il papà scomparve per una grave malattia. Negli anni venti, dunque, la nonnina si ritrovò capofamiglia e raccogliendo tutte le sue forze iniziò ad insegnare.
Questo lavoro, in un paesino di montagna dove i contadini le affidavano i bambini anche di pomeriggio per un sano doposcuola e un sicuro intrattenimento, aveva affinato il suo giudizio, potenziato il suo altruismo, reso più nobile il suo animo. La sua casa era l'unico punto di riferimento per quegli alunni poveri ma tanto affettuosi, che cercavano di " pagare il disturbo" con qualche uovo fresco o un panierino di frutta appena raccolta. Quanta sensibilità e quanta saggezza regalarono . quegli anni alla mia nonnina !
E a questa scuola di vita straordinaria sono andata anch'io in qualche modo, perché la nonnina trascorreva, con noi lunghissimi periodi, nel corso dei quali ho potuto scoprire le sue doti. Impagabile la sua guida mentre svolgevo i compiti, insostituibile la sua tenerezza nei miei confronti nei momenti di malinconia, importanti il suo equilibrio e le sue accorte decisioni durante la malattia di mio padre, che portò grande scompiglio in famiglia; una miniera di buon senso i suoi consigli, i suoi suggerimenti quotidiani.
lo correvo da lei per condividere una gioia ma anche per curare le ferite di una delusione o di un rimprovero; in ogni caso le sue parole erano appropriate, posate, leali.
Avevo quattordici anni quando la nonnina morì e il suo ricordo rappresenta ancora per me un meraviglioso insegnamento attuale.


MARILENA - gennaio 2009

Saggio e pacato come Nestore,

sei tu, mia guida e mio mentore!

Ero bimba e mi mancavi,

ero fanciulla e mi cercavi.


Libri, i miei compagni

fantasmi, i miei amanti!

Da giovane sposa vacillavo,

da donna adulta crollavo!


La maturità ti ha donato a me:

ed io, oggi, mi riconosco in te!

Alle tue forti mani mi aggrappo,

la tua saggezza è il mio drappo!


Dalle tue riflessioni,

dalle tue chiare parole

dal tuo sguardo sicuro,

dal biancore del tuo capo

dal tuo passo strascicato,

dalle tue spalle curvate

apprendo le coordinate!

 

Giuditta - gennaio 2009

Incomincio ad accorgermi che si avvicina il Natale quando, puntualmente ogni anno, girovagando per la citta', addobbi colorati e luminosi ammiccano dalle vetrine dei negozi e penso : " E' già' Natale, perbacco, bisogna affrettarsi a comprare i regali!" Ecco, negli ultimi decenni constato con profonda amarezza, che io pure non sono immune da questa frenetica corsa all'acquisto del dono ad amici, parenti: qualunque cosa pur di collocare il pacchetto infiocchettato sotto l'albero!
Mi fermo, rifletto, mi concentro, torno indietro nella memoria di circa cinquant'anni e...all'improvviso sale alle narici un acre odore di bucce di arance e mandarini che dal braciere in cucina mi attira al punto tale che, sporgendomi dalla sedia, lo stesso braciere mi accoglie caldamente, regalandomi una bella cicatrice alla gamba! Era mio il compito di spezzettare quelle bucce, era mia la gioia e l'orgoglio di custodire un bambinello di gesso da portare in processione attraverso le due stanze e cucina della mia casa, allora. E che paura quando, sempre in quell'anno, la mia stella filante accesa, mando' a fuoco la tenda candida e trasparente della stanza "buona". Sui vetri appannati con le dita facevo ghirigori, e intanto pensavo a ciò' che potevo chiedere a Gesù' Bambino nella lettera che, al pranzo di Natale avrei nascosto, ma non troppo,  sotto il piatto bianco di porcellana di papa'.
Quanta cura nella scelta della busta e foglietto, incorniciati da immagini natalizie ricoperte di polvere d'oro: mi estasiava guardarla e non osavo toccarla!
Con grafia grande e chiara scrivevo a Gesù' Bambino promettendo di essere più buona ed ubbidiente in cambio della buona salute dei miei genitori, di tutta la famiglia e delle persone meno fortunate di noi. Alla fine della lettera, con grafìa più minuscola, quasi in sordina, chiedevo timidamente di poter ricevere una piccola bambola. Ecco, avevo trovato il coraggio che svanì di fronte al viso burbero di mio padre che fìngeva di non essersi accorto della busta sotto il piatto. Avevo gli occhi pieni di lacrime, ingenuamente non capivo che era tutta una messinscena, io ci credevo seriamente e il culmine della mia emozione era il momento della lettura, in piedi, al centro della tavola imbandita a festa, con gli sguardi addosso di tutta la mia famiglia numerosa, complice e divertita!


Giuditta 15 gennaio 2009

Auguri fatti durante il pranzo natalizio alle tre famiglie riunite in quel di Lequile.


Declamare gli auguri in rima per Natale

sorrisi scocciati e occhiate storte suggerisce

giacché quasi sempre si scivola sul banale.

E chi osa irriso, mortificato e zittito finisce.

Ebbene, io oso !, e le vostre facce attento miro

per scoprire, di bontà e tolleranza, un piccolo segno

che mi consenta di dire a tutti in giro :

finché avrò vita ad amarvi sempre più m'impegno.

Auguri dunque, affettuosi e sinceri, di amore e di pace

per voi, fra voi, fra noi e con il Prossimo lì fuori;

auguri di buona salute : che brilli sempre come brace

senza medicine e dolori e, soprattutto, senza dottori.

Auguri per uno spirito sempre pronto e vivace,

con una volontà fermamente alla meta orientata,

per successi da agguantare con grinta pervicace

nella corsa per la vita giammai rallentata.


Buon Natale e buon Anno a tutti,

con le stelle, fra le nuvole, il vento e gli iFati flutti !

Con le cozze, le noci, le ostriche, il sugo e gli spaghetti;

le nocelle, i datteri, le cartellate e il torrone a pezzetti !!

 

Tommaso - gennaio 2009

Bianca la purezza dell'innocente

Viola l'oltraggio all'infanzia silente!

Rosse striature solcan il blu del mare

Troppi son i corpi lasciativi annegare!

Dolce, lieve e verde il mattino erboso:

Pesanti orme nere lo rendon fangoso!

Rossi, giallo, arancio, fucsia, neri, celesti, verdi, azzurri:

Urlan dai muri sgomenti

Sui nostri sguardi indolenti!

Sì grigie e nere appaion le menti,

Ma il rosa tenue dell'aurora

Imperlerà tutte le genti! 

 

Giuditta - dicembre 2008

La scala cromatica che dal cielo di tanto in tanto ci viene offerta, alla fine di un temporale, dai colori dell'arcobaleno, riprodotta pittoricamente nelle diverse versioni colorate, dai pastelli, alla tempera, all'olio e all'acquarello, si moltiplica per una quantità numerosissima di altre tinte che risultano dalla fusione, in dosi diverse, di due o più componenti principali. Pertanto disponiamo di una tavolozza molto ricca per poter associare ai vari periodi della nostra vita un colore particolare.
In realtà, a pensarci bene, semplificando al massimo, potremmo utilizzare il bianco e il nero, soli o fra loro combinati, per avere diverse tonalità di grigio. E poi il rosso acceso ed il blu oltremare. Possiamo aggiungere il verde smeraldo ed il rosa.
Attribuisco alla mia infanzia, trascorsa al sole africano, con genitori severi ma allo stesso tempo amorevoli, il color bianco abbacinante del sole che diventa rosso al tramonto, ad indicare un periodo felice, ricco di episodi positivi che hanno allietato la mia fanciullezza e contribuito alla formazione del mio carattere che, come creta informe, andava modellandosi sull'esempio di babbo e mamma.
Crescendo senza particolari ambasce ed in buona salute, salvo le periodiche lamentele di alcuni insegnanti - quelli delle materie scientifiche - che certificavano una buona intelligenza insieme ad una perenne svogliatezza. Codeste denunce producevano in famiglia tempo perturbato e temporali con fulmini e saette con H sottoscritto ridotto a un cencio. Quindi guardando la nostra immaginaria tavolozza possiamo impiegare colori vari e alternati : dal bianco al grigio oscuro delle nuvolaglie, all'azzurro del cielo che di tanto in tanto si fa spazio fra le nubi portate via dal vento di tramontana e al colore ocra della strada, impastata di sabbia e fango, palestra di vita. Dunque alternanza e sovrapposizioni di colori, con prevalenza di quelli chiari e luminosi nella crescita fisica e caratteriale con evidenza di un buon temperamento orientato all'ottimismo, dall'adolescenza alla prima giovinezza, ossia fino ai 19 anni.
Nei dieci anni successivi si sono verificati quattro eventi di durata diversa, talvolta dolorosi ora gioiosi, ma sempre intensi, che mi hanno fatto capire come il Signore Iddio o la Provvidenza, che è la stessa cosa, mi riservasse una immeritata protezione. Di grigio scuro pennello la partecipazione alla seconda guerra mondiale, dal 43 al 45,purtroppo nei ranghi dell'esercito badogliano, uscendone indenne per fortunate circostanze. Decine di commilitoni ventenni della mia compagnia giacciono a Montecassino dal '44. Il congedo trasforma il grigio in bianco luminoso. Studi universitari mai fatti seriamente e poi abbandonati anche perché collaboravo con mio padre a tempo pieno nella gestione di due cinematografi. Quindi una prima fase molto positiva per buone entrate che dipingerei con un bel bianco luminoso. Che
però degrada verso una tinta sempre più scura, come caligine, che negli anni seguenti ricopre la nostra famiglia che versa sul lastrico più doloroso e tragico per errori gestionali del capo famiglia. Quale colore si può dare alla fame autentica ? Nero, nerissimo, opaco, viscido, orrido, doloroso. In otto mesi sono dimagrito di 14 chili ! Ma quel che fa più male è la costatazione che gli amici del bel tempo quando le tue disponibilità finanziarie si riducono fino allo zero si dileguano. In questo orizzonte tenebroso si fa strada una lucina, incerta e debole, che via via acquista più forza e grande luminosità. Alla fine del '48, presso il nostro Ateneo, ho conosciuto una bella ragazza, Nina, matricola alla quale ho fatto il Papiro. Grazie al Cielo, superato un primo percorso un po' accidentato, Nina è ancora al mio fianco. La prima ciambella di salvataggio per aiutare i naufraghi miei familiari l'ho afferrata io arruolandomi in Polizia quando questa era impegnata in una dura lotta al banditismo siciliano dominato dal bandito Giuliano. Impegno che ho svolto con disciplina provvedendo ad inviare a casa l'intero stipendio per i primi sei mesi, consentendo a mio padre di prendere fiato per l'abbrivio verso nuove imprese. Quindi da un lato il mio duplice sacrificio, vuoi per l'attività che andavo svolgendo che non era nelle mie corde e aspirazioni, e anche per la vita di disagio e pericolo in quel periodo invernale del '49, in montagna, di notte e di giorno, cercando di sventare agguati e possibilmente catturare qualche bandito. Impresa improba. Allora calore della notte,,spesso senza stelle, e colore del verde, di giorno, dei monti coperti da conifere e macchia mediterranea per i primi sei mesi di quell'anno. Frequentemente arrivava da Bari un raggio luminoso sotto forma di lettera, immaginate da chi, a consolarmi per farmi sopportare passabilmente la vita da guerriero in lotta con le ombre.
Completiamo il racconto della seconda parte di quell'anno attribuendogli il colore blu oltremare fn quanto, avendo appreso che la Polizia si apprestava a partecipare ad un campionato di calcio regionale riservato ai militari, e avendone abbastanza delle forre e dirupi, avendo disputato diversi campionati di 1° categoria in Puglia cominciando a sedici anni con il Ceglie, mi presentai all'allenatore per un provino benché mi dicessero che in formazione c'erano giocatori di classe superiore. Feci una prova brillante ed entrai in squadra come titolare partecipando a quel campionato che ci vide concludere al secondo posto in classifica. Blu oltremare in quanto ho giocato in campi di città di mare : alla Favorita di Palermo; al Cibali di Catania; al Gazzi di Messina e allo stadio'di Trapani. Con il mare vicino.
Il resto, se vorrete, alla prossima puntata.

Tommaso - gennaio 2009

Sullo sfondo della nostra quotidianità si avvicendano numerosi personaggi e situazioni. Ciò che ci appare più visibile, però, ha spesso colori foschi.
Per esempio, una notte scura come un corvo, ma squarciata da barlumi di neve bianca; una luna livida seminascosta da nubi polverose a simboleggiare l'ansia che ci prende frequentemente; un'onda che si abbatte rovinosa sulla scogliera scoscesa, logorandola lentamente; un postino grigio che consegna inaspettatamente preoccupazioni e dispiaceri; un marinaio olivastro e deluso per aver smarrito la rotta; bambini pallidi e tristi, dagli abiti spenti, che cercano di riempire disperatamente la loro solitudine; un cane che guaisce , bruno e stanco, al freddo della piazza.
Non è di certo, questo, un palcoscenico vivace e seducente. Non è un allegra tavolozza a colori. Ognuno di noi, però,è a suo modo un pittore creativo e fantasioso e con disponibilità e tenacia riesce altrettanto spesso ad aggiungervi tonalità brillanti e novità positive.
Ecco dunque che il monotono scenario può tingersi anche del giallo di una vena passeggera di follia, dell'azzurro caldo di un giorno sereno, del verde di una aspettativa raggiunta, del rosso di una passione gratificante, dell'arancio di un'emozione commovente, del lilla di un gesto sensibili, del rosa di una bacio avvolgente.
Ed ecco, poi, che la commedia umana, con i suoi episodi inattesi e prevedibili e con le sue sfumature emotive, gioiose e inquiete, si trasforma in una rappresentazione talmente varia da essere incredibilmente avvincente.

Mrilena - dicembre 2008

Roveri, roverelli e lecci nascenti,

alberi piccoli e grandi del bosco mio

che verdeggia nelle Murge stente

per il mio piacer e per grazia di Dio.


A Santeramo, grande centro, è vicino.

Fioriscono in questo verde e mosso spazio

Il timo, l'origano, la " vruscie " e il rosmarino

che offrono l'olezzo al naso di odori sazio.


Ho edificato del verde nel mezzo la mia casetta

Dove spesso mi ritiro il silenzio a sentire

Il lento ed alto volo dei gheppi ad osservare

Abbandonando per un po' la vita di città che va di fretta.

 

   Tommaso - dicembre 2008

Bagnarsi a "Pane e Pomodoro"? Giammai !

Gridano i baresi con la puzza sotto il naso,

ebbene non avvicinatevi se no son guai

questa spiaggia fa proprio al caso nostro.

Curarla è d'uopo questa nostra marina,

preclare virtù civili e disciplina mostrando

mentre ce la godiamo da sera a mattina

correndo, nuotando e sotto le docce cantando.

 

Tommaso - Dicembre 2008

 

 

Nuvole sparse come sogni confusi

Cirri, fiocchi, nembi nel cielo diffusi. 

Nel rimirarli la fantasia s'è desta:

orchi e fate, cime aguzze pinete in festa

 e praterie da furiosi guerrieri a cavallo 

attraversate, fino ad inatteso stallo

contro un immenso lago d'azzurro crescente

dove nuvole e sogni liquefanno lentamente.

 

Tommaso - dicembre 2008

La timidezza è come un'arma a doppio taglio.Una persona timida può apparire agli occhi degli altri,priva di cultura non socievole, dal momento che la timidezza blocca la persona al punto da essere da essere incapace di esprimersi con disinvoltura, apparendo goffa ed incapace, timorosa di apparire inadeguata in qualsiasi circostanza.
Altro tipico “sensore” della timidezza è il rossore che poco a poco colora il viso delle persone che ne sono colpite.
Questa componente caratteriale trasforma la personalità di chi ne soffre, fino a renderla estremamente insicura e continuamente a disagio e ciò che è peggio, è che si tratta di un qualcosa estremamente difficile da affrontare e combattere.
Nel corso della mia vita e del mio lavoro, che mi permetteva il contatto con i giovani studenti, così come con i professori universitari, mi sono resa conto che la timidezza non ha età, ne rango sociale, colpisce ambo i sessi.
Chi nasce con questa componente caratteriale non è da sottovalutare, tanto più se si considera il rischio di cadere nell'errore inaccettabile di giudicare facilmente una persona timida, dal momento che questa può essere esattamente il contrario di come la timidezza la fa apparire.

MAURA  marzo 2008
Da poco tempo frequento questo gruppo e quindi non conosco bene le persone che ne fanno parte.
Sono tutte signore simpatiche e molto brave.però una in particolare ( la più giovane) mi piace molto, è carina e semplice, ma ciò che mi colpisce di lei è il suo carattere.
Mi sono sempre piaciute le persone decise e concrete e ...........è una di queste;prende iniziative, partecipa nei dialoghi e condivide idee e progetti.
Veramente una giovane in gamba.Me la immagino come una donna in carriera ( chissà.....io glielo auguro ).Però, immagino anche una dolce mamma indaffarata tra i fornelli. Ho un'ottima considerazione di lei: penso che nella vita bisogna essere poliedrici e ........sembra proprio rispettare questa mia opinione.
Dato che ho la possibilità di descrivere due persone ( pur sapendo che vado fuori tema ) voglio dedicare questo mio scritto a Mariella, l'insegnante del corso. Ha un portamento molto fine, è simpatica ed altruista, entra in aula come una folata di vento, con il suo sorriso affabile, il clima dell'aula diventa quasi gioioso.Personalmente mi infonde un bel senso di serenità. Mariella sei speciale, per questo ti dico che ogni tua singola parola rievoca in me una sensazione...........
.......grazie per la tua dedizione........
.......grazie per la tua passione.........
Sono felice di averti conosciuta.Un caloroso abbraccio.

MAURA marzo 2008

La timidezza si veste di silenziose trasparenze.
Ora è una nuvola timorosa
che accarezza
il sole audace,
ora è una vetrata offuscata
che impallidisce
orizzonti e colori,
ora è una nebbia fumosa
che tramuta
suoni decisi
in soffi leggeri,
ora è un candido velo
che modella
esitazioni e disagi,
ora è semplice acqua
che dona delicata freschezza
all'improvvisa esuberanza.
Multiforme dunque il suo profilo,
lento e gentile il suo procedere,
riservato e irripetibile il suo cuore.

MARILENA  marzo 2008

Strada facendo dalla nostra pianura alle Alpi
incontrai per caso il giovane e arzillo Scialpi
che, ciarliere, volle accompagnarmi nella Savoia francese
dove incontrar dovevo il pericoloso bravo Ragonese.
Questi, sospettoso, si copriva con un enorme mantello
per nascondere la dolce e bella Catello
che, approfittando della provocata distrazione,
scappò con l'aiuto della solerte e pronta Pedone
per raggiungere i vicini turriti castelli
dominati dall'amico feudatario Giannelli
ed invocare alloggio sicuro e protezione.
Leggeva assorto il conte assieme a Donna Castoro
i versi di Paolo e Francesca dell'immenso Dante,
che zampillano come copiosa cascata d'oro,
ma in fraudolente assenza della moglie Violante.
Costei, che tranquilla sciorinava sull'alta torre i panni,
aiutata dalla fidata consigliera Giuditta Abatescianni
sua dama di compagnia gentile e giuliva,
a gran voce chiamò la colta e severa maestra Oliva
affinchè raccontasse al piccolo conte Chiumarulo,
così nomato per la folta chioma e la garrula vocina
la tragica storia della regnante infelice Regina
che sulla mancina gota avea enorme peloso neo
che il valente estetico chirurgo Sciannameo
malgrado le frequenti cospicue rimesse di sonanti quattrini
non aveva eliminato, benché assistito dalla valente Franchini

TOMMASO dicembre 2007
Amisce ne tenghe assa', ma tu vogghie probbie disce Giuann mi',
ka u megghie amiche mmi' tu ssì: e uè' sape' perce'? percè ogne vvolde che je' vegghe atte u core mi
se mette appitt amme'. Pero' la da' fernesce de famme assi matte, se no ngualche dì, ta ja'
mena' da suse abbasce! Ti crit che me sso' scherdate che quann vinibbe a ccast, si' date
cchiu' adenze o cane che a chessa facce? Belle chembagne ssì, pese de nà ruin, e statte citte se no tarrive
nu' mappin! Chi' ja dditte che nu' ngiaragame? tande poie u stess
ngiabbrazzame' ! Mme' e cce' sta de male? ddu' amisce comma nnu' ssò na cosa
normal.
Decessere pure le malalengue che sime ddo' balengh: chedd je' lanvidie che le fasce parla', mo' fa' subite, ascinne
abbasce e vinne a paga'. Ajiere sso' pagat je', non tu ssi scherdanne, je' fazzeche fìnde ,ma
la chia' sta sembe acchedda vanne!
E mmo' te vene u desiderie de la mortatell, e mmo' du bocconott de Vetonde, emmo' du cornette de la Parigina e cci je' Giuann mi'
come a na femmina nginde tu ssì ?
Ce ja' fa' ta ja' aedi endemia', ka se no te puete vendica'.
E cchesse je' la vera amiscizie, aqquanne ddu crestiane se ne
discene sope e ssott, pare all'alile cha se stonn arraga', ma june
senze du uald non zape sta'.
Emmo' fernescela de famme assi' matte,
paghe cuss'alde cafe' , ka u core mi' me fasce sbatte.

GIUDITTA febbraio 2008

II mio primo viaggio, lo immagino in un antico carrozzino, sospinto dal mio giovane e aitante babbo, in un giardino con tante aiuole fiorite
Ancora mio padre e la sua "Lambretta", seduta sul sellino posteriore, aggrappata alla sua spalla, la
domenica mattina, tanto attesa. Dopo aver sbrigato le faccenduole domestiche ero finalmente libera
di trascorrere un po' di tempo con il mio babbo. Con quanto orgoglio andavo in giro con la sua
lucente stella
Con la complicità di mio fratello, quante pedalate in bicicletta, oh l'adoravo! con la bella sensazione
di libertà, con i capelli al vento, respirando l'aria fresca e salmastra, quasi mi libravo. Tredici anni,
Dio com'ero felice!
Sedici anni, ancora bimba nell'animo e già promessa sposa all'uomo della mia vita. Le passeggiate a
piedi con l'inevitabile corollario di parenti al seguito, "Io mammeta e tu".
Senza minimamente capire, intuire il motivo
II viaggio più atteso. Smesso il velo candido, lanciati i fiori d'arancio, salgo su una sgangherata
utilitaria, al fianco del mio sposo, trepidante, inesperti entrambi. È una gelida sera di Febbraio, si
scatenò una bufera di vento e pioggia, tanto da far zigzagare l'auto. Rabbrividisco ancora dal gelo che
penetrava attraverso le fessure delle portiere sconnesse.
Quanta paura e la voglia di tornare a casa
Mamma di due bimbi, il rito delle vacanze estive in roulotte e macchina confortevole, si viaggiava in
lungo e in largo, godendoci le calde serate d'agosto con la brezza marina che rinfrescava i corpi
accaldati
La tranquillità della mia vita di sposa e madre viene scossa dalla malattia di mio marito.
Si affrontano altri tipi di viaggi, su treni lanciati nella notte, salgo su ambulanze ululanti, ne discendo
ogni volta più sconvolta, tramortita, sconfortata.
Accompagno mio marito lungo un penoso calvario affrontato con cristiana rassegnazione.
I^a sua mano sempre più scarna, stringe la mia in cerca di calore, di aiuto. E con lui sono rimasta fino
all'estremo viaggio, quello da cui non si toma.
La vita continua, guai se così non fosse!
Il mio prossimo viaggio? Volerò nello spazio infinito, atterrando in un paese felice, dove non esistono
sofferenze. In cui respiro finalmente serenità, amicizia, amore.

LICIA - marzo 2008
Il primo giorno in cui sono entrata a far parte del gruppo di "scrittura creativa" non potevo
assolutamente immaginare che sarebbe incominciato il mio percorso analitico di profonda
introspezione, né tantomeno, potevo immaginare di poter "produrre" scritti da condividere con
gli altri.
Ebbene, a distanza di mesi, e, attraverso i vari lavori prodotti individualmente e collettivamente,
posso affermare che mi ritrovo a vivere un'esperienza esaltante ed emozionante.
Esaltante perché, comunque, la mia malcelata natura narcisistica viene appagata.
Emozionante perché ritrovarsi ogni giovedì e confrontarsi con gli altri mi conforta, mi ritempra
e mi arricchisce lo spirito e la mente e... mi ridimensiona.
Conto mentalmente i miei compagni di gruppo, rivedo i loro volti e mi sforzo di ricordare le loro
poesie, i loro racconti e le loro esperienze raccontate con semplicità. Comprendo che non è facile
mettersi così in discussione, quasi alla mercé di tutti, con il rischio di essere non ben compresi,
ma, anzi, giudicati. Ecco, a proposito del "giudicare" dico che per mia indole non giudico,
semmai, faccio delle valutazioni e, se non esplicitamente richiestimi, mi astengo dal dispensare
suggerimenti e consigli.
C'è tanto coraggio in ognuno di noi, in particolar modo ho scoperto la sensibilità di ..... e,
ancora una volta, ho dovuto ammettere con me stessa che la mia prima impressione sul suo conto
non era quella giusta. Mi affascina .... per il coraggio, l'irruenza e la sofferenza che non
nasconde e mi piace in particolar modo il suo quaderno piccolo, il modo con cui lo poggia sul
banco, gira le pagine scritte fitte , legge, si emoziona, si altera, difende le proprie opinioni:
insomma, è una ragazza affidabile.
.Nel mìo cuore si è collocato in un angolino Nicola ........
Non so dire esattamente quando l'ho "visto" , ma, sono certa che adesso il nostro sentire è
reciproco. Nicola ha più di novant'anni e un grande bagaglio di    esperienza di vita; mi piace il
suo modo garbato di porsi con noi, il suo ascoltare attento e curioso. Sono affascinata dalla sua
verve, dalla sua curiosità, dalla vivacità intellettuale, dall'ironia. Mi è capitato di chiacchierare
con lui e ho colto la sua amarezza nella consapevolezza di una esistenza che chissà fino a quando
potrà protrarsi, almeno in buona salute. Vorrei dire a Nicola che, per fortuna, a nessuno di noi è
dato conoscere il nostro destino e, sarei ben felice di essere come lui fra trent'anni!!! Vorrei dire
a Nicola che al suo confronto mi sento un'adolescente, non certo per la differenza anagrafica, ma
perché il suo sguardo intelligente, acuto, osservatore e penetrante,   mai impudico,   mi ha dato
l'impressione di aver scavato dentro la mia anima e di coglierne l'essenza.
Sinceramente sono stata colta impreparata, ma sappia Nicola che mi ha regalato un'emozione e,
soprattutto, mi ha saputo comunicare piccole e impercettibili sensazioni per me di grande
importanza. Mi sono ritrovata più pacata, più riflessiva, meno impulsiva e più tollerante; ho
incominciato a guardare agli altri con più benevolenza, imparando ad accettarne   i difetti o,
quanto meno, a non considerarli tali.
L'importanza del gruppo è forte : ci si esprime con ogni tipo di linguaggio, da quello verbale a
quello non verbale, fatto di silenzio, di ascolto, di posture corporee eloquenti che sviluppano
comunque empatia, in un clima di sano spirito di competizione e mai di rivalità.

GIUDITTA febbraio 2008
Ricordo...

Avevo forse 12-13 anni, era il periodo post bellico e abitavo al Rione S. Pasquale. Lì c'è ancora oggi un Istituto privato, il famoso Convitto Cirillo, che in quell'epoca fu occupato dagli americani sbarcati a Bari. Non erano momenti di paura perché per noi bambini, che eravamo segnati dalla guerra, la loro presenza costituiva una grande novità. Perché? E già .................!!!!!
Ricordo che frotte di raga/zini per tutto il giorno andavano sotto le finestre del Cirillo e a viva voce chiamavano John, John e a questo richiamo alcuni americani si affacciavano e lanciavano pacchetti di gallette, stecche di cioccolato e lattine di latte condensato. Mi sarebbe piaciuto andare con loro ma i miei, per meglio dire mia madre e mio fratello, me lo impedivano perché, a loro avviso, dovevano proteggermi e il benessere di cui grazie a Dio godevamo, mi negava comunque il piacere di andare a fare un pò di iosata con i ragazzi. Incominciavo ad essere inquieta, anche perché a scuola avevo amiche un po' più grandicelle che erano molto libere.
Ricordo che in quel periodo i giovani incominciavano a organizzare sui terrazzi , adeguatamente addobbati con lampadine di vari colori, le prime serate danzanti.
I soldati americani venivano invitati a partecipare ma a me non era permesso
andarvi. Ero disperata.
Incominciava a svegliarsi in me il desiderio di avere un ragazzine e, quando la
sera le musiche si alzavano nell'aria, io correvo automaticamente fuori sul
balcone e, col naso alzato e gli occhi fissi su qualche coppia che mi riusciva di
vedere, sognavo o desideravo.
Questa rabbia repressa durò molti anni perché mi sentivo dire "non si va qua, non
si va là". Non so se per me tutti questi divieti siano stati costruttivi.
Certo è che un giorno, a 17 anni, in casa di parenti ho conosciuto un giovane per
me bellissimo, "il mio principe azzurro" e mi dissi con determinazione "sarà
mio".
Deve aver pensato anche lui la stessa cosa e, come d'uso all'epoca, dopo pochi
giorni ne parlò con i miei. Ormai ero alle superiori, studiavo con profitto e mia
madre e mio fratello mi volevano assolutamente diplomata in ragioneria.
Allora giù di brutto a dissuadermi dicendomi: "Bada, se ci impegnarne in parola
tra famiglie non potrai ricrederti: Che figura faremmo ? " Dissi basta ai divieti;
decidevo io della mia vita. Così a 19 anni ho trascurato la scuola organizzando già
il mio matrimonio.
II mio principe azzurro è rimasto tale per trentasette anni; poi il 30 giugno 1989 la sua morte ci separò. Negli anni vissuti insieme abbiamo gettato le basi per la costruzione (si fa così per dire) di quattro pilastri (i miei figli) che oggi tengono in piedi un grande e reciproco amore fondamentale per la mia famiglia.

ELISABETTA - novembre 2007

Nel silenzio ritrovo me stessa e raccolgo i miei pensieri. Nel silenzio rivivo passate emozioni e presenti piaceri. E' il silenzio che domina la mia mente quando tutto intorno a me è irriverente!
I rumori delle genti celano 1' odio e 1' amore acqua, vento, ferro e fuoco spandono dolore!
Pensieri funesti e giocondi mi assalgono voci cupe come onde nefaste mi invadono.
Aspettami, non aspettarmi : adesso, domani. Non so se voglio ora cadere nelle tue mani.
Per lasciare questa vita non ho tempo tanto devo ancora fare: dammi tempo!

Giuditta Abatescianni -  gennaio 2008

Cara,  dolce,  gentile  Prof.  con  questo  argomento  che  ci   proponi  continui
"timidamente" e, allo stesso tempo decisa, a tirar fuori da noi partecipanti al tuo
corso di scrittura creativa le nostre emozioni. Ritengo oltremodo positivo questo
percorso introspettivo e per questo ti ringrazio.
In una delle mie soste in libreria, qualche anno fa, sono stata incuriosita da un
manuale che prometteva e garantiva di far diventare sicuri in soltanto ventuno
giorni le persone timide. Nella convinzione di essere persona sicura se non
sfrontata, ho snobbato questa specie di psicologia spicciola.
Ho dovuto ricredermi dopo qualche tempo, leggendo il libro prestatemi da
un'amica storicamente timida.
Quindi, sono timida anch'io e non ho mai saputo di esserlo!
Timidezza   dunque,   sinonimo   di   introversione,   di   vergogna,   di   senso   di
inadeguatezza?
Ebbene devo dedurre che la timidezza è insita in ogni individuo, perché non
riesco ad immaginare alcuno che non abbia provato o non provi, talvolta, una
sensazione di rossore in viso o di balbettio improvviso di fronte a situazioni
impreviste.
Quando   penso alla timidezza mi torna alla mente la minore delle " piccole
donne" del noto romanzo che tanta commozione ha saputo suscitare nei lettori.
Ecco, secondo me è questa la giusta connotazione della timidezza e ricordo come
si manifestava nella giovane fanciulla che dava l'impressione di essere smarrita
ed impaurita.
A questo punto, continuando a riflettere sull'argomento, mi vien naturale di
dipingere il ritratto della persona timida, alla luce di tutto quanto ho finora
esposto.
Che sia maschio o femmina, giovane o meno, la persona timida è quasi sempre
dolce, sensibile, silenziosa, educata; entra in punta di piedi, quasi a chiedere
scusa della sua stessa presenza; quasi che tema di disturbare, che non sia
all'altezza delle situazioni, o inadeguata rispetto ad   altre persone, tende ad
essere in ombra . Non parla se non sollecitata, ha lo sguardo attento e sa
ascoltare, denota profondità intcriore e perspicacia...( mi sorge un dubbio: che
genere di persona sto descrivendo?)
Evviva, vorrei che la nostra società sia un esercito di timidi!
Però,    adesso mi viene in mente la mia amica storicamente timida : la sua
psicoioga, alla quale si era rivolta per vincere uno stato di timidezza quasi
paralizzante,  le  aveva  spiegato  che  si  trattava  di  arroganza,  superbia  ed
eccessiva autostima che la portava a   non considerare gli altri alla propria "
altezza" e da qui a rimanere in ombra! Sono sconcertata, non sapro' mai
distinguere una persona timida da una sicura e, quindi, mi piacerebbe pensare
che ognuno sia sé stesso e sappia farsi accettare per come è veramente dentro.


Giuditta  aprile 2008
II silenzio mi avvolge e il pensiero mi porta lontano negli anni. Mi ritrovo nella mia città, in una casa abitata da nove persone, grandi e piccoli di ambo i sessi. Da essa provengono i gridolini di gioia dei più piccoli, e le canzoni melodiche delle più grandi... .è tutta una gioia. La mamma instancabile, decisa ma dolce, il babbo buono soprattutto con me che ero la più piccola. Il pensiero, nel silenzio scorre con velocità come gli anni, la casa si svuota lentamente, il chiacchierio gioioso diminuisce, le sorelle si sposano, partono per varie città. In questo attimo vorrei sentire tanto rumore per spezzare il silenzio e con esso il filo dei ricordi che si fa doloroso.. .il babbo muore, ma la mamma continua nella sua battaglia: con coraggio riesce a sposarci tutti; le sofferenze sono molte e gli anni passano, arriva il giorno in cui ci lascia... seguono altri addii delle persone care. E' vero che il silenzio illumina l'anima, ma io devo spezzare quel filo che mi lega ad esso dai ricordi, troppa nostalgia e sofferenza mi avvolgono. Per desiderare di stare più spesso con il silenzio dovrei avere la possibilità di dividere i ricordi belli da quelli brutti; di questi ultimi, se solo fossero pietre, potrei formare una montagna. Ma ciò non è possibile, quindi il silenzio non può essermi amico, perché ha la capacità di legarsi con il filo dei ricordi, soprattutto amari.

MAURA -  gennaio 2008
Con un po' di fantasia quante case puoi sognare ! ! !  Parole, parole, parole..... sempre parole! ! !  Finché la barca va lasciala andare! ! !
Lo sai che i papaveri son alti alti alti e tu sei piccolino che cosa ci puoi far?
Illusione, dolce chimera sei tu" che fai sognare un mondo di rose tutta la vita -
Dolci illusioni e chimere "le grandi opere pubbliche programmate e promesse — lotta alla
disoccupazione" - "Autostrade" - "Ferrovie a doppio binario elettrificate"- "Scuole" - "Ospedali"
"Ponte sullo stretto di Messina"- " Cittadella della Giustizia" - " Palazzo della Regione" -
"Palazzo di Città" - " Stazione e Cintura ferroviaria" - " Case popolari" - Etcetera etcetera ! ! !
Parole! Parole! Parole! Piange il telefono, perché non piangere!!! se aumentano sempre più
disoccupati, poveri, morti di fame, delinquenza, scippi, rapine?
Cristo si è fermato a Eboli, ed è sempre fermo lì...., occorre una forte, anzi fortissima spallata per
smuoverlo o ben altro.....
Dulcis in fundo: cosa fanno gli uomini politici che ci rappresentano?
Perché, succubi dei partiti, non devono dare resoconto della loro attività o inettitudine a chi li
elegge?  Perché non sono obbligati a superare le diatribe fra i partiti, a concordare solidalmente un
programma di opere da realizzare in tutto il meridione, isole comprese?
Occorrono uomini, veramente dotati, che possano far valere i propri argomenti. Non uomini
assoggettati alla disciplina di partito o portaborse dei portaborse
"Cervelli prezzolati" - "Cervelli all'ammasso", retaggio del regime fascista
Povero meridione.......,poveri Noi illusi ! ! !
Aspetta che l'erba cresca! ! ! direbbe il bisnonno.  Quisquiglie, pinzìllacchere, direbbe il grande Totò

NICOLA - dicembre 2007

II silenzio ha mille facce e mille modi per stupirmi. Io l'ho cercato e lo cerco spesso, ma devo

riconoscere che spesso è lui a corteggiarmi con la sua tenera circospezione e la sua profonda

quiete. Per esempio mi invita a entrare nel suo spazio rasserenante quando una giornata dal

ritmo frenetico comunque ha lasciato qualcosa di insoluto; allora mi accarezza con le note

dolcissime di una melodia, mi mette tra le mani un libro di brevi racconti o di poesie e riesce

così a calmare le sfumature più ansiose del mio carattere.

Ma arriva con amabile puntualità anche quando un progetto in cantiere da tempo non ha ancora

trovato la sua realizzazione e questo mi rende triste e insicura. Allora l'amico -silenzio mi coccola

con la sua voce suadente e mi incoraggia a prendere ciotole, pentole e varie bontà dalla dispensa

per una rapida e appetitosa realizzazione culinaria.

Quando poi un lieve malessere o una sofferenza fisica più importante entrano prepotentemente

nella mia routine , il silenzio diventa una nicchia, un rifugio per il mio animo e il mio corpo, 

che così soltanto trovano ristoro ed energia per una fiduciosa ripresa.

Di fronte poi a una splendida opera d'arte o a bellezze naturali mozzafiato il silenzio diventa 

per me un amico davvero insostituibile; infatti lui non interrompe mai con espressioni ovvie il

mio bisogno di tranquillità; si limita solo a circondarmi di un alone ovattato e protettivo affinchè

io possa gustare al meglio quegli intensi momenti. 

Questo alleato prezioso, tuttavia, ha un grosso difetto: si lascia facilmente sedurre dallo scorrere

laborioso e chiassoso del nostro tempo. Difficile incontrarlo, dunque. Io testarda, però, nonostante

le tangibili difficoltà, non ne ho mai abbandonato la ricerca, perché ritengo che in una società basata

sul benessere materiale e l'interesse personale, il silenzio con la sua naturale sensibilità e la pronta

generosità sia sempre un buon investimento.

Marilena Diana - gennaio 2008
La solitudine o le solitudini? Quella malinconica, triste, che ti fa vedere il mondo senza colori, senza amore...con lei ti trascini, tutto è negativo, intorno a te è buio totale. Poi c'è la solitudine rassegnata, vuoi convincere te stessa che in fondo così triste non è, anche se avverti un grande disagio, ma che con grande coraggio riesci a dominare , a equilibrare, perché la vita, anche se combattuta, va sempre vissuta.
Si passa alla solitudine di cui senti la necessità, per te è come un privilegio, riempi le giornate, apprezzando la natura, il sole che ti scalda, il profilino della pioggia, la lettura di un buon libro, il degustare una buona bevanda calda davanti al camino, andando a ritroso nei tuoi dolci ricordi. A me piace definirli le "dolcezzine della vita"
Per fortuna da lunga pezza faccio parte di quest'ultima categoria. A sera , mettendo giù le tapparelle, creo una barriera tra me e le cose negative. E serenamente mi abbandono fra le braccia di Morfeo.

LICIA - gennaio 2008
Andavamo al cimitero ogni domenica mattina a .....cercare i gatti. Si, è proprio vero! Papa', mio fratello ed io che, allora avevo circa cinque anni, eravamo soliti recarci al camposanto a portare un fiore ed un cero alle tombe dei militi ignoti. "Osservate bambini : questa è la tomba di...., questo monumento rappresenta ...., qui, invece, è sepolta un'intera famiglia che.....Uffa' che noia papa'!"
"Guarda, guarda lì c'è un gatto nero, lì ce n'è uno tutto bianco, più in la' ne ho visti tanti piccoli piccoli, corri, andiamo ad acchiapparli. Bugiarda, quelli li ho visti prima io, perciò' sono miei!"
"Papa', Alessio mi vuole picchiare perché dice che quei gattini sono suoi, ma li avevo visti prima io, non è giusto che debba vincere sempre lui."
"Basta bambini, questo è un luogo di pace e di silenzio, bisogna avere rispetto per i morti, quindi, smettetela di fare baccano. Adesso vi racconto la storia di questa bellissima tomba. Vedete la statua dell'uomo in piedi e la moglie seduta? Una bambina orfana fu allevata amorevolmente dai due coniugi senza figli e, alla loro morte, la giovane donna fece erigere quel monumento in segno di amore e gratitudine....bambini mi state ascoltando? Ma, dove siete andati a finire?"
Mio fratello ed io correvamo eccitati in un labirinto di siepi alla rincorsa dei poveri gatti che però, più agili e più abili di noi ,riuscivano a sfuggirci; il tutto tra le facce incredule e severe delle persone e la mortificazione di papa per il comportamento delle due piccole pesti.
Sorrido, oggi, al ricordo di quei momenti spensierati, incoscienti ,così come possono esserlo due bambini al tempo in cui divertirsi era^! cercare, rincorrere e contare tutti i gatti che abitavano il cimitero!

Giuditta  - novembre 2007



Se ti guardo negli occhi sfuggi il mio sguardo.
Quando ti parlo arrossisci e al mio perché mi rispondi "Sono timida".
La tua timidezza mi intenerisce, mi dimostra quasi il candore del tuo cuore e dei tuoi pensieri.
Vinci questa timidezza e lasciati andare, la gioia di vivere è nella sicurezza che ti saprai dare.
La timidezza ti risparmia tante decisioni, affossa il tuo io privandoti di spontanee espressioni !
Non nasconderà dietro questo paravento, liberati come una farfalla al vento, apriti a me senza TIMIDEZZA.

ELISABETTA - marzo 2008
Massa è la mia città. Nel periodo della guerra , in una giornata più fredda delle altre, le raffiche di armi automatiche si sentivano sempre più vicine. La mia città era occupata dai tedeschi. Il cibo incominciava a scarseggiare, ma sapevamo che nella località più vicina, Carrara, si poteva trovare a borsa nera, come si diceva, della mercé venduta a caro prezzo, di contrabbando contro il razionamento. In questa occasione mia sorella decise di recarsi anche lei in quella città, mi portò con sé. Camminammo molto perché attraversammo una montagna per maggiore sicurezza. Ma al ritorno percorremmo una strada più breve, nonostante fosse più pericolosa. Vedemmo tanti giovani tedeschi i cui corpi giacevano straziati. Uno in particolare mi colpì, era tanto giovane. Biondo. Senza scarponi. L'intestino perforato. Ma i suoi occhi erano tanto belli, sembravano due gemme celesti. Ancora, a distanza di tanti anni, quando vedo in televisione giovani uccisi così frequentemente nelle nostre città, il mio pensiero va al ricordo di quel volto troppo giovane per morire e a quegli occhi celesti rivolti verso l'alto.

Maura  - 2007
"II babbo è morto.. .è al cimitero- esclamava la mamma, un po' fiera e tanto triste - la domenica si
va a fargli visita poiché Lui vi vede dal Ciclo, io ve lo assicuro".
Noi piccoli credevamo alle sue parole come fosse oro colato e come per la festa indossavamo il
vestitino migliore e con la mamma, mano nella mano, ci avviavamo al cimitero "la dimora del
Babbo". La mamma pregava e piangeva sulla tomba, ma noi bimbe riuscivamo a renderci la
situazione piacevole, ci sentivamo in un campo fiorito e rincorrevamo le farfalle:... era quasi bello
andare al cimitero!
Oggi non ci vado e me ne dolgo.

MICHELA  - novembre 2007
I ricordi dimorano nel mio cuore.
Quanto tormento provo al pensiero di te.
La vita talvolta ci propone strane situazioni.
Se un pensiero romantico mi assale, quello sei tu.
Una voce celestiale allieta il mio animo.
La vera ragione è nel mezzo.
Se penso solo all'oggi, vivrò meglio domani.
L'amore resta se sai comprendermi.
Vado domani e presto tornerò.

ELISABETTA - novembre 2007

L'        emozione mi colse all'improvviso

         in quella calda sera d'agosto.

U        n  giovane, bello, alto, elegante,

           mi fu presentato, io lo guardai

          affascinata e non proferii parola.

 I       miei verdi anni furono sconvolti

          dall'attenzione che lui mi mostrò.

          Ancora non conoscevo l'amore che

          in quel momento immaginai.

G        ià la mia fantasia prese a galoppare

           la luna, le stelle vidi roteare

           come in una fiaba, il mio principe

        azzurro era ai miei occhi apparso.

I        o di lui subito m'innamorai, iniziammo

          Insieme un lungo percorso di vita che

           ci portò al fatidico sì.

Tante furono le emozioni vissute, ora lieti
ora tristi e tutte oggi sono racchiuse nel mio cuore.

Caro e indelebile ricordo !

Ancora un ultimo abbraccio... LUIGI


 Elisabetta  - aprile 2008

 

A me casa piace tanto: ci vivo bene, mi ci muovo con sicurezza.

E' piuttosto grande, soprattutto quando rimango sola.

Ma la sensazione di solitudine, sono sincera, si fa sentire dolcemente, amichevolmente direi,

perchè giornalmente mi porta a rifugiarmi in uno spazio tutto mio: lo studio, il mio angolo di tranquillità.

E' un vano ampio, ma nello stesso tempo caldo e accogliente.Sull'antico leggio di noce è sistemata la Bibbia e, come primo gesto, nutro la mia anima leggendone i versetti più cari. Poi mi accoglie una comoda poltrona, sulla quale mi lascio andare alla lettura del quotidiano e di altro di mio gradimento. Accanto a me, sulla scrivania, c'è una lampada dal vetro verde smerigliato, la cui luce soffusa si fa complice della mia serenità. Di fronte, una imponente libreria ospita numerosissimi libri: scorrerne i titoli con gli occhi mi ricorda le diverse tappe della mia vita. Sono momenti davvero piacevoli, in una dimensione illusoriamente lontanissima dagli immancabili affanni giornalieri.

"Nello spazio tutto mio"  è vietato l'accesso al televisore e al telefono: la quotidianità, almeno
per un po', può attendere!

Mariannina Regina - gennaio 2008

 

Amicizia è sincerità

Amicizia è dedizione

Amicizia è rispetto e comprensione

Amicizia è darsi senza nulla aspettarsi

I miei anni sono costellati di rapporti amichevoli, belli e duraturi, di quelli che rimnangono nel cuore o che vorresti dimenticare perché l’anima è ancora dolorante.

L’incontro più importante, che ha dato vigore a questo sentimento, risale al lontano 1955, quando io e mio marito conoscemmo Vanny e Mimmo: una coppia meravigliosa, gioiosa, ricca di valori e di spensieratezza.

Fu una folata di reciproci intenti, complicità e rispetto totale. Non ci fu mai alcuna invadenza, ma l’intesa fu altresì tanto salda che l’amicizia è durata per oltre cinquantenni. Il rapporto intimo e confidenziale consentiva di affidare reciprocamente pensieri e segreti: mai nessuno tradì questa totale fiducia.

Ora che Vanny prima e poi Mimmo hanno lasciato la loro impronta sulla terra e si sono incontrati per l’eternità, sono rimaste dentro di me il dolore e la nostalgia per due persone che tanto mi hanno dato: il senso dell’amicizia.

Oggi come ogni giorno il mio pensiero e una preghiera sono per loro.

ELISABETTA  -  Aprile 2008

 La mia vita inizia come in un lungo viaggio nel quale ero a conoscenza solo del luogo da cui sarei partita senza

immaginare neppure lontanamente, dove sarei arrivata e soprattutto come ci sarei arrivata. Come in uno

splendido treno, mezzo oggi superato, ma allora di grande lusso ed utilità, i miei giorni da bambina trascorrevano

sereni e gioiosi.....neppure la povertà riusciva a svilire quell'armonia che nasce da un equilibrio interno e da una

serenità che non possono essere comprati, ma basta poco a distruggere. Ben presto arrivò la giovinezza, e

allora, è risaputo il primo pensiero di padri e madri era quello di accasare i propri figli, soprattutto le figlie

femmine..... arrivò anche per me quel momento. Inconsapevole di quello che avrei dovuto passare, quel treno in

corsa, che fino a quel momento potevo dire essere stata la mia vita, subì una una tragica battuta d'arresto: ero

sola, e ciò che è peggio, lontana da casa, dalla mia famiglia, dalla mia VITA, quella vita che fino a quel momento

tante gioie mi aveva dato.
E così fu dura riprendere il cammino.....sulla strada tortuosa ed in salita, non vi era più alcun treno, solo un triste

asinello, che stanco, scoraggiato e carico di fiducia aveva però trovato la forza di rimettersi in viaggio.
Non posso dire essere stata la vita ingrata con me ....certo, allo stesso modo non posso dire di avere goduto

quanto altre persone hanno fatto, ma la più grande soddisfazione è sapere che quel piccolo asinello, rimessosi

sulla strada, ha saputo ritrovare la via verso una nuova stabilità, e forse, perchè no , verso una niuova vita,

all'insegna della indipendenza, della forza e della determinazione conquistata nel lungo viaggio, che ancora

continua, della mia esistenza,

MAURA  -  marzo 2008
In una grande scatola , conservo  tutte le mie foto , vecchie e nuove . L'altro giorno l'ho presa e ho cominciato a visionarle , è stato come guardare in un film tutta la mia vita . Tutte le foto mi parlavano e mi ricordavano il momento ed il periodo in cui sono state scattate . Alcune mi intenerivano , altre mi rattristavano e altre ancora mi divertivano .
C'erano anche le foto dei miei parenti ormai passati , li ho ricordati con tanto amore , perchè loro sono stati parte della mia vita e quindi meritano di essere ricordati . Mi ha incantato una foto della mia nonna paterna del primo novecento , forse il 1910 o 12 bellissima . Ad un tratto mi è capitata tra le mani una foto dolcissima , scattata nel, ormai lontano , agosto 1971 . In questa foto ci sono io con i miei quattro figli ancora piccoli. La guardo con grande commozione e nostalgia. Nella foto tutti noi guardiamo con tenerezza e divertimento la piccola Dany che, sicuramente parla con il suo linguaggio di bimba di circa 2 anni. Dopo essermi tuffata in tanta dolcezza, ho pensato  loro come sono oggi, con tutte le responsabilità e i problemi che purtroppo la vita ci fà incontrare ma anche e fortunatamente, con le loro gioie e soddisfazioni.

ANNAMARIA  - marzo 2008
...Quel dì ho conosciuto un amico indimenticabile che porto con me nel mio cuore e impresso nella mia mente a distanza di tanti anni.


1943, anno di guerra, la seconda guerra mondiale, tra amarezza e sofferenza. Ero una tredicenne ignara di che cosa stesse accadendo attorno a me, dato che i miei genitori, nonostante i gravi disagi, non hanno mai fatto mancare niente , né a me, né ai miei cinque fratelli.

Quasi ogni sera suonava la sirena che avvertiva delle imminenti incursioni nemiche: tutti noi ci stringevamo intorno ai nostri genitori dalla paura. Bisognava scappare, costretti a raggiungere il prima possibile un rifugio che distava quattro isolati dalla nostra casa per ripararci dai bombardamenti. Mamma e papà erano degli eroi per i miei fratelli e per me: ci siamo poi chiesti come facessero in così poco tempo a tirarsi dietro tutti noi.

Fu così che mio padre decise di sfollare a Conversano, un paese vicino a Bari. Certo nei primi mesi non fu facile adattarsi a vivere in un posto che non fosse la nostra amata Bari, ma per fortuna mio padre aveva là amici ospitali cui ben presto ci legammo.

Avevamo una palazzina tutta per noi, e proprio di fronte vi era una grande scuola occupata dall’ARAR con il compito di vendere i materiali bellici confiscati al nemico o abbandonati dagli alleati. Dopo un po’ il Comune decise di mettere lunghi reticolati che dividevano la nostra casa dalla scuola.

Accadde che un giorno scesi in strada per chiacchierare con un’amichetta, quando vidi un uomo che mi sorrise dal reticolato e mi disse salutandomi “Hallo tich!”. Aveva un sorriso meraviglioso che non avevo mai visto fino ad allora, e una personalità e un portamento che mi lasciarono senza parole. Purtroppo non conoscevo la sua lingua e quindi avevo difficoltà nel capire cosa dicesse . Appresi poco dopo che si trattava di un capitano dell’Aeronautica inglese: Robert, il suo nome. Ben presto diventammo amici , tanto che veniva a trovarci a casa, avendo conosciuto la mia famiglia e soprattutto quanto fossimo disponibili con chi ci mostrava lealtà, onestà e familiarità.

Per un po’ di tempo mi diede lezioni di inglese e mi accompagnò nei giochi: mi diceva che gli ricordavo sua figlia, motivo per cui si affezionò così tanto a me.

Purtroppo arrivò il giorno della partenza. Non dimenticherò quanto sia stato brutto il distacco, visto che anche lui ci lasciò piangendo. Da allora non ho più saputo nulla di lui, ma non c’è giorno che non smetta di pensare a quell’uomo meraviglioso, assalita da una profonda nostalgia.

GIACOMINA  - marzo 2008
Sono salita su un autobus all'età di sei anni per andare in una colonia marina ir un paesino che dista appena

dieci km. dalla mia città, ma a me sembrava un viaggio lungo ed importante; ancora oggi cerco invano di

ritrovare quella pinetina con i suoi profumi dove si giocava con le pigne e la domenica si aspettava con

impazienza l'arrivo dei familiari per gustare un gelato ricoperto al cioccolato.
Successivamente l'autobus era diventato il mezzo quotidiano per raggiungere la scuola media e durante il

tragitto, ormai, ci si conosceva un po' tutti e perfine l'autista ed il bigliettaio erano i compagni di viaggio che

partecipavano alla nostra vita di adolescenti.
A sedici anni invidiavo i ragazzi in bicicletta e, non avendone mai posseduta una. privilegio del figlio maschio

nella mia famiglia, un pomeriggio, non vista, me ne impossessai e...paffete! Piccola grande tragedia: avevo

trasgredito e in più mi ritrovavo con fratture varie tanto da essere trasportata al pronto soccorso ir

un'autoambulanza. Stranamente, nonostante il dolore, mi sentivo eccitata all'interno di questa specie di ospedale

ambulante pieno di odori forti e acri, gente in camice bianco, tubi e tubicini penzolanti e, " dulcis in fundo".

l'assordante suono della sirena che mi faceva sentire protagonista di non so bene che cosa. Realizzai più tardi,

in ospedale, che il medico che mi aveva prestato le prime cure in ambulanza si chiamava Caputi ed era padre di

Federico, un ragazzo della terza B che non mi degnava di uno sguardo! Non soltanto Federico mi ha prestato

attenzione ( scoprii dopo che era molto timido), ma la nostra preziosa amicizia dura ancora oggi, anche se lui

vive in Nicaragua come medico volontario.
Durante la preparazione degli esami di stato ho conosciuto colui che è diventate mio marito ed il padre dei miei

figli. Lui aveva una vecchia "seicento'" grigia che doveva servire per le esigenze della famiglia, quindi, perché

privargliene quando i genitori si sono accorti che dell'auto ne veniva fatto un uso improprio? E' risaputo che le

giovani coppie, a qualunque generazione appartengano, non controllano la propria irruenza se coinvolti

sentimentalmente e noi lo eravamo! Ci ritrovammo senza automobile ma con la grande gioia di uno splendido

bambino!
Avevo sempre desiderato guidare l'auto : ormai sempre più donne si rendevano autonome ed indipendenti ed io

non volevo essere da meno e, a dispetto del mio secondo pancione, conseguii la patente; avevo già un impiego

stabile e acquistai la mia prima "Renault 5 " verde petrolio, con 1' autoradio e la gioia di poter cantare a

squarciagola con i bambini durante i tragitti vari. Una   sgangherata   "lambretta   "   del   mio   vicino   di   casa   

mi   permise


mesi da quell'episodio, tornammo a casa in cinque all'interno di una confortevole "Renault 14" azzurro

metallizzato , ascoltando le musicassette e cantando le canzoni dello Zecchino d'oro.
Successivamente si prese l'abitudine di viaggiare in treno per raggiungere i luoghi di vacanza : i bambini ed io ci

divertivamo molto a contare tutti i paesini che si susseguivano attraverso la costa adriatica, e, naturalmente ad

annotare i nomi strani di certe stazioncine dove non era prevista la fermata. Durante una sosta ad Ancona, mio

figlio allora tredicenne, volle scendere per comprare un giornalino e, nonostante il mio divieto corse giù : noi

scendemmo per raggiungerlo e il treno ripartì con le nostre valigie!
Ci ritrovammo a dover continuare il viaggio in taxi fino alla destinazione, per precedere l'arrivo del treno e

recuperare i bagagli. Superfluo dire quanto mi sia costato quel viaggio in tutti i sensi. Intanto i bambini si erano

addormentati e intrapresi una informale conversazione con il tassista : si parlava del più e del meno, del tempo,

delle vacanze, eccetera. Era una persona semplice, mi parlò di sé, della sua famiglia, del suo lavoro, di quanto

fosse sereno e soddisfatto di tornare a casa la sera e godere della quotidianità. Dal mio canto, mi limitavo ad

annuire : lo ascoltavo più per compiacenza che per reale interesse, e sinceramente incominciavo ad infastidirmi

finché, dallo specchietto retrovisore, colsi uno sguardo di compassione nei miei confronti e questo scatenò in

me un senso di ribellione viscerale. Se ripenso a quello sguardo, mi rendo conto che è stato determinante a far

scatenare la decisione (accuratamente accantonata) di rivedere la mia vita e, riportarla in una direzione più

scomoda ma più autentica. Ne è scaturito un nucleo familiare ridotto ma coeso.
Finalmente si potè programmare il viaggio in America da tanti anni desiderato; era quasi tutto pronto, compresi

passaporti per me e mia figlia. Per la seconda volta ho provato ad essere scorrazzata in un'autoambulanza con

la differenza che non mi sentivo per nulla eccitata come la prima volta, bensì atterrita di ciò che mi stava

capitando e il viaggio in America, ormai sfumato, credo che non lo faro più.
In compenso ho provato l'emozione di salire su un aereo : non ricordo di aver mai pregato tanto, considerata la

paura che mi teneva incollata alla poltrona vicina all'oblò dal quale vedevo nuvole dalle forme più strane,

paesaggi incomprensibili visti dall'alto. La sensazione di librarsi in alto mi ha fatto sentire leggera, forse perché

leggera mi sentivo io dentro, avevo gettato tutte le zavorre che mi tenevano prigioniera.
Ancora una volta un taxi mi ha condotta dall'aeroporto di Vienna fino alla stazione fluviale per imbarcarmi su una

motonave crociera attraverso il Danubio. Per mia fortuna il tassista parlava in tedesco e la nostra conversazione

si limitò all'essenziale: non avevo certo voglia di riscavarmi dentro... Circa tre anni fa un incontro in un

comunissimo ascensore mi ha cambiato la vita, donandomi la gioia di reimpostare e rimpattare un'esistenza. I

trenta secondi dal piano terra al secondo piano in quell'ascensore sono bastati perché uno sguardo reciproco ci

indicasse che un nuovo percorso di vita si stava delineando per entrambi e regalarci quell'amore quieto che

meritiamo.

GIUDITTA  - marzo 2008
Scriviamo, per parlarne, di meraviglie diverse, per esempio :
meraviglie che si desiderano
 che si ricordano
che si scoprono
 di tutti i giorni
 non sempre possibili
 indimenticabili
che ci danno brividi
da rimpiangere.
Intanto mi meraviglio di riuscire ancora a meravigliarmi, alla mia rispettabile età, senza dare tutto per scontato,

già visto e vissuto.
Mi meraviglio delle emozioni che fanno vibrare ancora il mio cuore ad onta delle quotidiane esperienze di

egoismo e cinismo diffusi.
Mi meraviglio della dolcezza persistente del "dolore" - dopo la fase acuta sofferta per la perdita di un giovane

amato figlio, che si rinnova quotidianamente nella visione dei numerosi ritratti sistemati in ogni angolo di casa e

nella settimanale visita alla sua tomba.
Mi meraviglio ed emoziono alla vista di un cielo stellatissimo in una buia notte d'estate senza luna, sulla riva del

mare, mentre ascolto lo sciabordio delle onde che si spengono sulla rena.
Mi meraviglio d'essere ancora vivo e vegeto malgrado le numerose traversie di cui è stata costellata la mia vita,

della qualcosa ringrazio i miei genitori per il DNA trasmessomi e la Divina Provvidenza.
Mi meraviglio della pazienza che abbiamo noi italiani a sopportare, più che l'esercito, l'orda di politici di

professione che ci affliggono blaterando
diluvi di parole da differenti pulpiti, partendo dalle circoscrizioni per arrivare, attraverso i consigli comunali,

provinciali, regionali, fino ai due rami del Parlamento ed al Governo.
Mi meraviglio, infine, del piacere che ho scoperto nelPawiare assieme a tanti altri amici questa esperienza

intellettuale, che integra quella solitaria casalinga con esperienze e riflessioni collettive.

Tommaso  - marzo 2008
La Neve, che fascino, che incanto..........
La neve affascina perché é evanescente, romantica, fragile, scende dal cielo in una infinità di fiocchi bianchi che veleggiano in aria come in una danza armoniosa e gioiosa. La neve è piacevole, è gioiosa, invita bimbi e meno giovani a tirarsi palle di neve e a scherzare in tutti i modi.
La neve è romantica perché è evanescente come i mille pensieri che in un attimo frullano per la mente di chi si riflette nel passato.
La neve mi riporta anche nel passato, nella fanciullezza, e mi fa ricordare le nevicate, due o tre, che in quel periodo si verificavano annualmente, le strade coperte con dieci e più centimetri di neve infangata accumulata ai bordi, i sentieri lungo i marciapiedi, il freddo, i geloni alle mani e ai piedi, i bracieri con su gli asciugapanni e i pannolini dei fratellini stesi per asciugare, la riunione di sera intorno al braciere, le sarache arrostite sulla graticola, i pezzi salati di intestino di maiale avvolti nella carta dei maccheroni affogati nella brace, il profumo di detti arrosti, la gioia, la contentezza e l'affetto di tutti.
La neve mi ha fatto ricordare il lungo periodo trascorso a Lagonegro, piccolo comune della Lucania, sito sul versante tirrenico alle falde del monte Sirino alto duemila metri. La neve che si verifica nel periodo invernale per lunghi periodi, non impediva le passeggiate di sera con l'indimenticabile amico Antonio lungo il Piano, cosi chiamata Punk» piazza che costituiva il centro del paese. Tale periodo mi ha forgiato per tutta la vita. La fratellanza, la rettitudine, l'umiltà della popolazione non potrò più dimenticare. Il medico, l'impiegato, l'artigiano che giocavano a tre sette intorno al tavolo da gioco nel caffè centrale non denotavano differenza sociale.
Non posso dimenticare che in quel periodo, mentre nei comuni della provincia di Bari un'automobile, se lasciata incustodita, specie di notte, veniva rubata a Lagonegro, i camionisti che pernottavano, parcheggiavano i loro camion ai margini della piazza.

 NICOLA - marzo 2008
Ho aperto il famoso cassetto della memoria e in fondo in fondo ho ritrovato il ricordo del mio vero primo viaggio.
Erano gli anni trenta . Ricordo che i miei genitori, unitamente ad altri amici, erano soliti andare in pellegrinaggio
alla Madonna Incoronata, a Manfredonia. All' epoca, per devozione, si usava viaggiare su un carretto trainato da
due cavalli. Si partiva di notte e tra canti, nenie e preghiere si arrivava alla Basilica il giorno successivo. Dopo la
cerimonia religiosa, si andava a mangiare in casa di contadini che ospitavano i pellegrini con spirito locandiero.
Un lungo tavolo ci accoglieva; c'erano in centri delle coppe smaltate con uova sode, caciotte, formaggi vari,
sedani, pomodori e quant'altro; grandi boccali di vino e grosse forme di pane. In questa semplicità ricordo che
c'era tanta allegria, soprattutto per i più piccini.
Altri viaggi, crescendo, li ho fatti con la Balilla di mio padre: era nera, sempre lucida e splendida. Allora si diceva :
"E' roba da signori" e fu la nostra prima auto.
In seguito mio fratello comprò una lambretta che, dopo tante insistenze da parte mia, riuscii a guidare, con lui
che sedeva sul sedile posteriore.
In una curva non decellerai e così insieme volammo contro un
portone, ricordo che eravamo in Via Re David.
Altra bellissima esperienza furono i pattini che mi furono regalati dai
miei genitori ma durò poco perché cadevo sempre e andavo in giro
con le ginocchia segnate da cicatrici.
La mia prima macchina fu la cinquecento.
Grande gioia, che dire, ma dopo un anno fu venduta per una più grande poiché la mia mamma, donna molto
robusta, faceva fatica ad entrare nella cinquecento.
Io amo guidare, però non disdegno viaggiare comodamente per cui tra treno e aereo non mi sono risparmiata
piacevoli spostamenti. Invece non mi lascio lusingare dal fare una crociera perché gli abissi marini mi fanno
paura.
Pertanto un viaggio con la nave rimarrà solo un pio desiderio.

ELISABETTA  - marzo 2008
Lo squillo del telefono, atteso, vibrante, festoso illumina la solita giornata, scandita da ritmi sempre uguali, monotoni, pur rassicuranti.

Ciao "Bambina", subito rivedo per via etere la sua figura poliedrica, la sua classe, il suo nobile e bel volto, la sua testa incanutita.
La sua voce calda fa scaturire in me, improvvisa, la voglia di scherzare finita lontano, chissà dove, persa in un'infanzia mai vissuta, un'adolescenza rubata.
Ciao, rispondo, e so già che il saluto è il preludio di una conversazione amichevole, serena: uno scambio di idee, curiosità, aneddoti, mai banale, sempre arricchente per lo spirito e l'intelletto.

E' la voce amica di sempre, dell'infanzia perduta con cui andare in bicicletta, rincorrersi, giocare con le bambole, confidare la prima delusione, le paure, il mio vacillare, convinta di non essere mai tradita.

Questa persona amica mi ha insegnato a credere in me stessa, ha fatto emergere aspirazioni soffocate, intenti frustrati, una "Bambina" diversa, capace di lottare per affermare un principio, per uscire dall'ombra della quotidianità.
Ha restituito alla mia voce, arrochita da anni di silenzio, lo squillo argentino della giovinezza; ha mutato la casalinga ingrigita nell'anima, aggiungendo che, con la mia sensibilità, so donare al prossimo.

A sera, quando spengo la luce e, per un'antica cara abitudine, mi rivolgo al Signore per ringraziarLo di quanto mi ha regalato durante la giornata, raccomando a Lui i miei figli, le mie nuore, le dilette nipoti e questa grande Amicizia.
E che conservi incorrotto questo sentimento per me irrinunciabile.

LICIA - marzo 2008
Castoro Mariella
i corsisti attorno a sè affratella .
Schietta , elegante e bella ;
preziosa è la sua favella . 
Mariella Castoro ,
il tuo insegnamento è per noi un tesoro ;
con il tuo aiuto d'oro
ogni nostro scritto è un capolavoro !

M. REGINA
"Sentimento e legame tra persone, basato su reciproco affetto, stima e fiducia".
Questo è quanto leggo sul vocabolario della lingua italiana alla voce "amicizia".
Mi interrogo a cuore aperto, senza barare: mi soffermo ad analizzare le parole ad una ad una, cerco di abbinarle alle tante persone amiche che conosco; eppure, non dovrei avere dubbi, c'è Carol, la mia amica americana , con la quale corrispondo da oltre quarant'anni. C'è Rita con la quale l'anno scorso abbiamo festeggiato l'amicizia "d'argento". Quindi, perché queste titubanze, soltanto perché rifletto con attenzione, soppesando il significato di una parola che è un "valore sacro?". Ed ecco che m'illumino all'improvviso e rido di me stessa e con me stessa : perbacco, e Luca dove lo colloco? Si, è vero , è mio nipote, l'ho visto nascere, l'ho visto crescere, l'ho visto diventare adulto con tutte le qualità ed i valori etici e morali che ogni uomo dovrebbe avere. Ebbene, posso affermare con certezza che l'affetto, la stima e la fiducia sono i sentimenti reciproci che ci legano da sempre e, constatarlo, mi dà un senso di tranquillità, di sicurezza,di conforto.
Il percorso quotidiano di vita ci porta, inevitabilmente, a dover affrontare dal risveglio mattutino al riposo notturno una serie di piccoli gesti, abitudini, pensieri, incombenze che non sempre sono gradevoli e che spesso non dipendono da nostre precise scelte. La difficoltà è nel saper dosare con equilibrio le proprie energie e quando pensi di non farcela da solo, l'ancora di salvataggio è lì, è l'amicizia!

GIUDITTA febbraio 2008
Dolce, lenta, sommessa, suadente,  la tua voce cattura la mia mente!  Forte, dura,arrogante, irriverente,  la tua
voce annienta la mia mente!
Il pensiero crea la tua immagine,  ti descriverò in poche pagine.  Non dirmi delle tue fattezze,  colgo le tue
nefandezze!

GIUDITTA febbraio 2008
Ecco , tutto tace
e il silenzio mi avvolge
i pensieri nella mia mente
si rincorrono a volte felici
a volte ombrosi
quando si fanno tristi
ecco che si affaccia
il sorriso biricchino e dolcissimo
della mia ultima nipotina
e il silenzio si riempie di poesia
Il silenzio è il rincorrersi del tempo
nel silenzio analizzo la mia vita
penso a tutte le cose belle che ho fatto
ma purtroppo anche a tutti gli errori che ho fatto
Io amo il silenzio perchè in esso
mi ritrovo

ANNAMARIA - gennaio 2008
Sono a Ietto immobile con una gamba ingessata; il pomeriggio è caldo: dalle
finestre socchiuse una calda luce solare mi intorpidisce e completa il mio stato di
noia. U n urlo quasi disumano rompe la mia noia e la quiete del vicinato. Mi
incuriosisco, realizzo che non potrò andare sul balcone, spengo la tivù e "attizzo"
bene le orecchie . La signora del secondo piano con la sua voce stridula, arrochita e
il tipico accento dialettale sta parlando con qualcuno, non distinguo ancora, ma sì è
la Ricciardi : voce stanca, dimessa, sofferente e.. . pettegola. Ancora non capisco chi
abbia urlato e perché. "Qualcuno è rimasto intrappolato nell'ascensore al quarto
piano". Sapete chi è, avete chiamato qualcuno, magari i vigili del fuoco?" Fra tutte
queste voci concitate, mentalmente ho fatto il conto di quante persone ci fossero al
momento sui balconi e giù' in strada. Sicuramente c'era la sindachessa di via
Niceforo. E come non riconoscere il suo parlare veloce, nervoso, imperioso, da
"signora so tutto", "lasciate fare a me". Intanto ho riconosciuto la voce
dell'intrappolata: ma sì è proprio lei Teresa, la timida vedova del quinto piano. Da
non credere come la paura ed il panico possano aver trasformato la sua voce
sempre così garbata, monotona, sommessa, quasi inudibile della serie : scusate se
parlo. Richiudo gli occhi e tento di fare un sonnellino ma il suono delle sirene del
mezzo dei pompieri è riuscito a catapultare dalla scrivania alla strada il burbero e
scontroso signor Romito che, con il suo vocione robusto invita i presenti a ritornare
alle proprie abitazioni, ormai che il problema era in via di risoluzione. Ed ecco che
la signora Teresa, finalmente fuori dall'ascensore dà libero sfogo ad un pianto
stizzoso, senza ritegno, fra singulti e farfugliamenti. Le mie orecchie ora sono
disturbate da un cicaleccio che mi fa pensare ad uno squittio corale che, per
fortuna, va via via scemando: credo proprio che adesso farò un pisolino!

GIUDITTA - febbraio 2008






 
E' l'unico cimelio rimasto del primo studio fotografico attrezzato da mio padre, Francesco, nel 1923, in quel di Ceglie di Bari, in un locale prospiciente la "villa". L'operazione era stata avviata non appena era rientrato dalla Tripolitania, dove era stato inviato a fare il servizio militare di leva, servizio ritardato in quanto rimpatriato dagli U.S.A. alla fine della prima guerra mondiale.
Era emigrato negli Stati Uniti all'età di sette anni con il padre Tommaso, a Chicago, dove aveva imparato l'arte della fotografia. Dunque la" colonnetta" della quale parliamo faceva parte dell'arredamento dello studio di Ceglie. Trattasi di un oggetto di mogano, a spirale, alta un metro, con ampia base circolare, sovrastata da un piano di appoggio, anch'esso circolare, di minor diametro rispetto alla base, che doveva servire alla messa in posa di clienti impettiti e baffuti, gomito appoggiato sulla colonnetta, giacca aperta e mano in tasca, con una vistosa catenella sul panciotto e cappello in testa.
Codesta colonnetta ora arreda il mio ingresso e sopporta un cestino di raffia nel quale conserviamo le varie chiavi di casa ed è, quindi, quotidianamente sotto gli occhi. A parte il valore affettivo intrinseco all'oggetto devo aggiungere, cosa ben più importante, che la colonnetta, con il resto dello studio, assieme all'arte di mio padre e alla sua iniziativa, furono decisive per la mia venuta al mondo ! Vi spiego l'arcano : mio nonno materno, Domenico, anch'esso domiciliato a Ceglie con la famiglia, faceva il pendolare, utilizzando il tram, per raggiungere la stazione FS di Bari, quale ferroviere capo deviatore e, attraversando la "villa" nei due sensi a seconda che andasse o venisse da Bari, aveva occasione di osservare il nuovo studio fotografico e anche il giovane fotografo che all'epoca contava 25 anni e aveva una bella presenza. Un giorno mio nonno entrò nello studio e disse a mio padre che intendeva fare una fotografia di gruppo con moglie e figli, che all'epoca erano otto, quattro maschi e quattro femmine. Nel 1927 nacque l'ultimo della nidiata, zio Antonio. Ebbene la primogenita della famiglia di Domenico Vitucci era Anna, chiamata Nannine, che stava per compiere 18 anni ed era una ragazza bellissima. Il fotografo fece il suo lavoro, come si può constatare dalla fotografia allegata, con perizia e sollecitudine, conquistando la simpatia e l'apprezzamento del nonno. Il tempo trascorso per sistemare il gruppo fu sufficiente a mio padre per invaghirsi di Anna; e, per evitare che il rapporto si concludesse con il pagamento delle foto, chiese al severo capofamiglia il permesso di fotografare Anna, al fine di farne un ingrandimento da esporre nella vetrina esterna di modo che potesse esercitare richiamo per la futura clientela.
Permesso accordato, fotografia fatta ( anch' essa allegata ) e amore sbocciato. Mentre i due giovani incontrandosi clandestinamente nel giardino recintato della di lei abitazione rafforzavano il sentimento di amore e stima che alimentava una passione crescente, concordarono di sposarsi senza indugi, i genitori dei fidanzati non riuscivano a trovare un comune terreno di intesa sulle procedure, la data, la dote, e chiacchiere dicendo, in particolare i genitori di Anna. Fu così che mio padre ai primi di febbraio del 1924,
d'accordo con la sua ragazza, decise di rapirla e scapparsene. Una sera, ad ora avanzata, quando nei piccoli centri nessuno più cammina, egli emise un sibilo, segnale convenuto e Anna, che stava per diventare mia madre, aprì silenziosamente la porta di casa, raccolse il fazzolettone, con i pochi panni indispensabili, che aveva preparato e nascosto, uscì e si rifugiò sotto l'ampio mantello che nella circostanza mio padre aveva indossato e rapidamente raggiunsero il rifugio segreto che era stato preparato per trascorrere la notte ed i giorni seguenti, in attesa del matrimonio riparatore che fu celebrato nello stesso mese. Da quel momento cominciò l'operazione concepimento del sottoscritto che, alla fine della gestazione, aprì gli occhi nella colonia africana appena conquistata, anzi nella sua capitale, Tripoli. Era il 17 dicembre 1924! Ecco cosa mi racconta la colonnetta che arreda l'ingresso della mia abitazione e converrete con me che è un bel racconto.        

TOMMASO - Gennaio 2008 
Nell'arco della giornata il pensiero vaga e si concentra maggiormente sui problemi e
compiti da sbrigare e specialmente su quelli che preoccupano di più.
In particolar modo tali problemi si affacciano alla mente nel breve periodo dedicato alle
operazioni più intime .........in ritirata.

E' allora che si affacciano anche ricordi più o meno belli del tempo che fu.
Mi sono ricordato delle rituali purghe all'olio di ricino forzatamente ingoiate e prescritte
dai miei cari genitori, sentito anche il parere delle comare del vicinato ed anche del
medico di famiglia, in tutte le circostanze in cui accusavo un qualsiasi malessere: febbre,
tosse, mancanza di appetito, indisposizioni varie.
Fra tali ricordi è emerso uno veramente eclatante avvenuto in famiglia:
zio Palmo Verrone fu colpito da violenti ed insopportabili dolori di pancia. Il medico di
famiglia, dott. Acquafredda, dopo averlo seguito per un paio di giorni, essendosi
aggravato il male e trovandosi in difficoltà, chiese il consulto del Prof. Luigi Ambrosi,
famoso chirurgo bitontino che operava a Napoli e a Bitonto ove capitava periodicamente.
Il caso si presentava veramente grave e preoccupante. Tutti i familiari veramente in
fibrillazione. In tal caso si discute animatamente e ognuno ha da dire la sua e proporre
animatamente la propria risoluzione come unico e ultimo rimedio.
Il Prof. Ambrosi, dopo la prima visita accurata, ritenne il caso gravissimo e prospettò,
come ultima soluzione, l'intervento chirurgico e propose di seguire l'ammalato per uno o
due giorni nella speranza che si rilevasse un sintomo di miglioramento.
Il giorno seguente nella seconda visita accuratissima propose di assistere e controllare
l'ammalato ancora per la giornata in corso, nella speranza che emettesse qualche pur
lieve e flebile scoreggia.In caso contrario, il giorno dopo, come ultimo tentativo, avrebbe
dovuto operarlo. Il rischio era molto, anzi moltissimo. Le speranze di un buon esito,
all'epoca, erano pochissime.
Tale verdetto portò in famiglia una vera guerra. La malattia era chiamata "u miserere" E' da intendere che un ammalato di tale male lo si considerava già defunto. In chiesa sulla bara dei morti alla fine della cerimonia religiosa viene cantato il miserere. Le discussioni si accesero sempre più. Chi più sbraitava era Zia Maria, sorella dell'ammalato, donna mingherlina, analfabeta ed ignorante ma piena della saggezza popolare. Dopo accanita discussione, ad essere preciso più litigio che discussione, impose e mise in atto la sua soluzione: si trattava di un infuso di un'erba medicinale chiamata "SPACCAPIETRE" che vegeta spontaneamente in campagna sui muri a secco sul lato esposto a Nord, che in quell'epoca era reperibile in tutte le case dei contadini. L'azzardo era troppo, i medici avevano escluso la possibilità di impiegare purganti di qualsiasi genere perché si correva il rischio che l'intestino potesse rompersi o meglio scoppiare.
Tale motivo aveva dato adito alle accanite discussioni. Zia Maria la vinse. Preparò l'infuso e nel pomeriggio lo fece bere. Il patema d'animo durò per tutta la notte. All'alba Zio Palmo chiamò la moglie. "Mari Mari, portami il vaso". In pochi attimi si liberò del malloppo e riempì il vaso.
ERA SALVO.......La sorella l'aveva salvato da morte sicura

NICOLA - novembre 2007


 
Eri nel mio grembo e parlavo con te; ansie, gioie, speranze e illusioni : tutto
confidavo a te! Eri nel mio grembo e cantavo per te: inventavo buffe filastrocche e tenere ninne-nanne.
Eri nel mio grembo e accarezzavo te, ti sentivo piccina, presente e paziente. Ti ho cibata di amore che non mi era stato
chiesto.
Giovane, saggia, grande e salda donna sei tu, oggi, la mia unica e vera amica. Sei tu colei che in decoroso silenzio ha vegliato le mie notti; ti ho caricato di troppi fardelli e tu, in silenzio, mi hai insegnato il valore della
vera amicizia.  

GIUDITTA 19 febbraio 2008




Adagiata in poltrona, nello stato semibeato che si avverte mentre i sensi si assopiscono ma ta coscienza è ancora vigile, cullata dallo stormire lieve delle fogle del viale riposo.
D'improvviso il fruscio si tramuta in fragore, il vento, prima carezzevole brezza, ha aumentato d'intensità, la sua voce piacevolmente rilassante, ora imperiosa, ululante, non più conciliante, non più amica, scuote il mio sopore.
Mi avvicino atta vetrata prospiciente il viale, i rami degli alberi, scossi dat turbine impetuoso, sembrano gemere, quasi implorare, piegati datto schiaffo di Eolo, si spogliano della loro veste ambrata, con strappi violenti.
Le foglie accartocciate, si rincorrono netl'aria illividita, scivolando al suolo, scricchiolano al calpestio dei pochi passanti che sfidano la tempesta.
Il mare ha cambiato colore, il mormorare lento, dolce, della risacca è divenuto fragore assordante. Le onde si accavallano, schiumanti di rabbia, aggrediscono rumoreggianti la barriera frangiflutti spruzzi salmastri, aghi pungenti si spandono nell'aria, satura di ioni impazziti, le saette zigzagando fendono il cielo, il brontolio del tuono, prima sordo e lontano, è adesso urlio assordante.
Le forze detta natura, net volgere di pochi minuti, ha mutato un sonnolento pomeriggio autunnale.
Poi, quasi d'incanto, la tempesta si placa, un timido sole occhieggia tra le nubi, la vita sembra riprendere il corso normale.
(Posso esclamare con versi rubati al grande Giacomo Leopardi: "passata e la tempesta, odo augelli a far festa... " Non è più tempo di "siesta ".
Esco di casa, la strada e lavata dal recente diluvio, invita a passeggiare, passo dopo passo mi ritrovo davanti al Palazzo della Prefettura, sollevo lo sguardo, mi sorprende scoprire, quasi le vedessi per la prima volta, tante bandiere, variegate garrire festose, svettanti, in un cielo ormai terso.
Ascolto le loro voci. È strano, mi sembra parlino tutte la stessa lingua, un linguaggio universale che affratella culture, etnie, eventi storici diversi ma uniti al di là del colore politico del credo religioso. Vna lingua che da voce, alla fraternità dei popoli e alla pace. 

LICIA - febbraio 2008
Ascolto una voce : mi rassicura .
Ascolto una voce : mi consiglia .
Ascolto una voce : mi coccola .
Ascolto una voce : invoca il Padre Nostro e gli tende la mano Ascolto una voce : mi aiuta a sperare .
Ascolto una voce : mi addormenta con sollievo per ricominciare con gioia .
Ascolto una voce : è la mia voce quando prego .

 M. REGINA  - FEBBRAIO 2008
Penso ai poveri non udenti che , nel loro terribile silenzio , non possono udire alcun rumore , alcuna " voce " , tutti si aiutano gesticolando per farsi capire , magari vengono derisi dagli imbecilli , dai tanti imbecilli che non hanno  il senso della comprensione , della solidarietà , non hanno l'intelligenza si capire che " loro " sono felici , forse più di tutti noi , perchè vivono in quel silenzio sì triste e tenebroso , ma pieno di serenità perchè non odono quegli imbdcilli che schiamazzano , derodono , litigano , si rendono odiosi con la loro " voce " .

PIERO -  FEBBRAIO 2008
Avrei voluto donarti :
una maglia , un fiore , un profumo , un disco . 
Sono la maglia che ti riscalda ,  sono il fiore che ti dà gioia , sono il profumo che t'inebria , sono la musica che tirallegra .  Ti amo , vita mia !

GIUDITTA 14 FEBBRAIO 2008
   
Quando tu incombi

e mi prendi tra le tue  spire

ti odio SILENZIO , sì , TI ODIO !!!

A volte mi fai paura

  A volte mi dai pace  

Come convivere ?

Amo rifugiarmi in te

Solo se sono io a cercarti .

Ma spesso non sono in grado di sfuggirti

Tu sei capace di spianare i miei pensieri

di distendere le mie tensioni

Viceversa , mi opprimi

mi annulli , mi prendi ..........L'ANIMA !!!

   ELISABETTA - gennaio 2008
Cupo scende il silsnzio della sera , il cuore si colma di tristezza , alzo lo sguardo verso il cielo stellato e cerco la mia stella . E' lì che sembra attendere che io la guardi . La guardo , e intanto mi si intenerisce il cuore . Mi torna alla mente una persona a me cara che ora è tra quelle stelle . Lui , stringendomi a sè , mi diceva : " Vedi , lassù c'è una stella , è la più lucente e le ho dato un nome , Elisa , perchè per me tu sei quell'astro che splende ." Quando nelle ore buie di solitudine alzo lo sguardo in cielo , ti guardo " Stella " , incrocio il mio sguardo con il tuo e rivivo la sensazione di quel dì in cui , a lui abbracciata , alzai lo sguardo per conoscerti !!!!!!  -

 ELISABETTA - gennaio 2008

Un tempo , non molti anni fa , affermavo . " Beata solitudine , sola beatitudine !" -
Era la mia arma difensiva nei confronti di coloro che manifestavano una malcelata compassione , perchè essere soli era quasi una colpa ! -
La solitudine abita in ognuno di noi e veste fogge sempre diverse . -
La solitudine è una condizione dell'animo umano . -
Ma qual ' è la vera solitudine ? Quella che ti fa cercare un consimile per condividerne spazi e umori ? Oppure quella che ti fa apprezzare la tua stessa compagnia ? -
Essere soli vuol dire non parlare con gli altri ? Ebbene , parla con te stesso , quale migliore amico di chi ti conosce a fondo ! -
Capita , a volte , che la solitudine scelga per compagnia la malinconia . -
Ben venga un dolce torpore malinconico , se poi ne consegue un risveglio gioioso . -  Ma , talvolta , la solitudine elegge a propria compagna la depressione . -
Il tunnel della depressione è lungo , buio e non ti indica vie d'uscita . -
La disperazione prende allora il sopravvento : tutt'intorno è arido , non spira un alito di vento . - Il vento che è speranza , il vento che ti soffia addosso , il vento che ti scuote , che sbriciola l'anima in minutissimi frammenti . -
E quando senti che il mondo sta per crollarti addosso , che nessuno ti tende una mano , che rimani inascoltato , peggio , che ti senti invisibile nella folla , ecco che subentra l'istinto di sopravvivenza , oppure è la forza del coraggio ? O , semplicemente , non può essere la mano di Colui che tutto vede ?
Voglio pensare , anzi no , mi piace pensare che sia così .

GENNAIO  2008  - GIUDITTA

Ho nel cuore un sentimento  -  che da tempo è un tormento  -  Io non vorrei più pensare  -  che si debba ancora sognare  -  Ho un'età da rispettare !!  -  Anche se con me so stare , mi domando : " Tutto ciò è naturale ? "  -  Posso dire con certezza , che un sogno da accarezzare , ti dà la forza di sperare .  -  Perchè sognare, i giorni ti allieta e la vita ti allunga . -

 ELISABETTA - gennaio - 2008
Il silenzio lo abbiamo conosciuto sin da piccoli  -  Ci ha regalato fantasie sogni progetti .  -  Un silenzio amico  -  che abbiamo cercato  -  che ci ha fatto sorridere -  riportandoci a vecchi ricordi  -  quelli più nascosti , dimenticati  -  Poi quasi per caso arriva il giorno che ti ritrovi faccia a faccia con un silenzio diverso  -  un silenzio che fa paura  -  è il silenzio della resa dei conti -  che ti presenta il conto e ti sbatte in faccia la verità .  -  Il silenzio non è muto , ti parla ti urla  -  ti fa soffrire  -  ti fa piangere  -  ti fa stare male .  -  Così lo eviti , cerchi degli alleati, quelli più a portata di mano, -  come: la musica un libro un giornale un film in tv. -  Ti fai accompagnare da loro fino a che non sopraggiunge il sonno . -  Il silenzio è in agguato , ti aspetta .  -  Finalmente lo affronti , ti rivela quanto hai dato e quanto hai ricevuto   -  ti illumina , -  ti fa capire la vita ,  -  ti mette di fronte a tanti quesiti ,  -  ti dice quanto ti sei presa in giro ,  ti chiede spiegazioni .  -  Non hai risposte .  -  Cerchi un compromesso, che altro non è che il compromesso che facciamo con noi stessi. - Prenderci un pò in giro e......... la verità .  -  Il silenzio non è altro che la nostra coscienza .  -

A.C. gennaio 2008

Il vento  -
con la sua maestosa e impetuosa forza -
corre a spalancare le finestre del tempo -
Notte di vento -
porta via le parole e pensieri tristi -
nelle strade deserte -
nel pallore di luci -
Il fruscio degli alberi -
è come una musica dolce -
che sembra accompagni -
il sibilo del vento -
diretto per mete infinite.  -

Gennaio - 2008 - ANNAMARIA 

Amo il silenzio

il silenzio denso

di parole taciute 

di pensieri chiusi 

forti 

di pensieri vestiti a festa . 

Amo il silenzio 

soltanto se il cuore è affollato 

talvolta rotto 

dal sussurro del vento 

che su corde d'aria

soffia delicato .

Amo il silenzio 

soltanto se il cuore è affollato .

ANNA - gennaio 2008

Nel 1939 abitavo in via Podgora, nel rione Carrassi, proprio alle spalle del palazzo di cristallo, alias carcere, che ogni sera ci forniva un concerto di ferro e sbarre con

bravissimi ed attenti esecutori, i secondini. Codesti solisti entravano nelle celle dei detenuti e sbattevano la loro mazza ferrata sulle grate per valutarne la sonorità: se il

suono era cristallino significava che i ferri incrociati erano integri, se "fesso," quel suono segnalava che il carcerato aveva cominciato a segare le sbarre con le scontate

conseguenze disciplinari.
Quello era il dolce suono al quale mi addormentavo. Questo è solo un dettaglio ambientale. Quella strada presentava in quel periodo ancora ampi spazi di verde.

Poco più a sud, per via 28 ottobre, verso Carbonara- Ceglie, c'era la stazione di scambio dei tranvai provenienti o diretti a quelle frazioni, chiamata Padreterno. Un

chilometro oltre quella stazione, sul lato sinistro della strada, fra alcune altre ville ce n'era una molto bella nella quale abitava con la sua famiglia il chiarissimo professor

Scaramuzzi, docente alla locale Facoltà di Agraria.
Il figlio del professore, Nicola, era il mio compagno di banco al primo liceo scientifico "Scacchi" dove ero approdato dopo aver superato l'esame, sostenuto a

settembre, per saltare la quarta classe inferiore e al fine di recuperare un anno perso per una solenne bocciatura in seconda, inflittami per prolungate vacanze di intere

settimane decise dal sottoscritto assieme ad un gruppo di ragazzacci che della scuola non gliene importava niente.
Mio padre che aveva lasciato la Libia.per l'Etiopia, appena conquistata, e lavorava a Gondar, rientrò per trascorrere in famiglia un periodo di vacanza. Avendo

appreso delle mie brillanti performance e del lungo periodo balneare da me goduto nell'ultimo trimestre dell'anno della bocciatura, mare bellissimo nella zona

dell'attuale Pane e Pomodoro, mi sottopose ad una cura pressoche quotidiana di legnate e mi ricondusse sulla strada maestra. Di qui il proposito di recuperare l'anno

perso, impresa, come ho appena detto, perfettamente riuscita grazie ad uno studio intenso nei tre mesi estivi con la guida di un monaco carmelitano della vicina chiesa

dedicata alla Madonna del Carmelo.
Ho così brevemente descritto gli aspetti ambientali che fanno da contorno alla storia del mio primo innamoramento: ero un ragazzo quindicenne che fin d'allora ha

riservato interesse ed ammirazione per l'altra metà del cielo. Scoprii l'oggetto del mio silenzioso amore quando per la prima volta andai a studiare a casa del mio

compagno di banco, Nicola, che mi presentò la bellissima sorella, Nia Scaramuzzi, longilinea fanciulla sedicenne, bionda con gli occhi azzurri e con alcune accattivanti

efelidi ai lati del nasino, caratteri somatici condivisi con il fratello. Era appena un po' più alta di me, flessuosa, con le curve già abbastanza pronunciate e ben visibili,

allegra dolce e spigliata, Nia fu da quel momento la mia musa segreta. Come tutti sanno una ragazza sedicenne orienta i suoi interessi verso i rappresentanti dell'altro

sesso più grandi e navigati. I quindicenni con i pantaloni corti non rappresentavano attrattiva alcuna ed io non facevo eccezione alla regola. Cercavo di mettermi in

evidenza nei giochi che facevamo con il fratello, tipo scherma o ping pong, o con qualche battuta spiritosa che provocavano divertiti sorrisi con quelle labbra che,

schiudendosi, lasciavano intravedere denti perfetti, ma non si notavano, purtroppo, spiragli che lasciassero presagire sviluppi di incontri appartati e ravvicinati. Per

alcuni mesi ho coperto la distanza fra la mia abitazione e villa Scaramuzzi, diverse volte alla settimana, tre chilometri fra andata e ritorno, con frequenti rapide visioni

della mia fata che servivano a rafforzare il mio segreto amore e ad acuire il desiderio di stringerla fra le braccia. Nia occupò per molto tempo la mia mente ed il mio

cuore sollecitando i miei giochi erotici solitari da lei ispirati, fin quando l'amico Nicola fu messo in collegio e con la forzata separazione finì per spegnersi lentamente

questo per me doloroso rapporto. Non ho però mai dimenticato la bella Nia. L'attività lavorativa mi ha portato lontano da Bari per molti anni e quando, un giorno

d'estate mi trovavo qui in città per ferie, incontrai il mio amico e compagno di scuola Vincenzo Cernò, ormai entrambi adulti e sposati, più vicini a sessanta che ai

cinquanta. Chiesi a Vincenzo, brillante uomo di mondo, se avesse mai conosciuto Nia Scaramuzzi. Egli mi rispose affermativamente. Gli chiesi ancora di dirmi dove

avrei potuto incontrarla, giusto per rivederla. Cernò mi guardò perplesso e rispose chiedendomi da quanto tempo non la vedevo e sentendo che la ricordavo

sedicenne bellissima, aggiunse : Tommaso, è meglio che rimani con quel ricordo, senti a me » E così è stato : Nia è rimasta nella mia mente come la fata mitica di una

dolce leggenda.

 

Novembre 2007 - TOMMASO

Vorrei tanto incontrare il mare
in tutti i suoi colori e movenze :
mari sconosciuti e senza nome
in cui nascondere presunzione e vanità ,
mari pressochè immobili e sconfinati
in cui arrestare ansie e avidità ,
mari calmi e silenziosi
in cui spegnere rumori e clamori ,
mari lontani e dorati
in cui affogare paure e malinconie ,
mari aperti e briosi
in cui pescare amicizie e simpatie .
Mi adagio sulla spiaggia
e metto via le scarpe .......
perchè vorrei tanto incontrare il mare . 

 Dicembre 2007 - MARILENA

Non più guerre , non più shoà  -  Non più kamikaze , non più terroristi  -  Non più stragi , non più     distruzioni  -  Non più        
migliaia o centinaia di migliaia di vittime  -  Non più campi di sterminio , non più genocidi  -  Non più popoli in miseria e
affamati  -  Non più profughi e cittadini del terzo mondo  -  Non più forme di governo imposte  -  Non più bombe atomiche ,
bombe al fosforo , bombe più o meno intelligenti  -  Non più sopraffazioni e affamatori  -  Ma lotta alla fame , alla miseria ,  
alle malattie , alle epidemie  -  Lotta e opposizione sfrenata alle superpotenze  -  Fautrici di guerre , distruzioni ,  miserie , di
guerre civili e colpi di stato  -  Lotta sfrenata all'asservimento che umilia e impoverisce i popoli  -  Lotta sfrenata ai centri di
potere laici e religiosi  che subdolamente sfruttano e shiavizzano l'umanità  -  Lotta ai governanti ipocriti , falsi , servili , solo
succubi dei poteri più forti  -  Lotta alle holding giudaiche massoniche internazionali , all'apice di tutti gli intrighi mondiali...... -
Pace e fratellanza fra tutti i popoli in nome dell'unico Vero Dio che , accomuna tutta l'umanità . -  GIU' DAL PONTE NON SI
SALVA NESSUNO...........       

Novembre 2006 - Nicola 

In perfetta divisa da " avanguardista "  con tanto di moschetto , inquadrato assieme ai compagni della mia classe , 1° E dello " Scacchi " , in un tiepido pomeriggio del novembre 1940 , con la Patria che aveva appena dichiarato guerra alle potenze plutocratiche - così disse Mussolini dal balcone di palazzo Venezia a Roma il 10 giugno dello stesso anno - attendevamo sistemati dietro e lontani dalla statua di Piccinni l'arrivo dei manipoli di giovani fascisti universitari baresi che rientravano a Bari e a marce forzate . All'arrivo in piazza Prefettura erano stati piazzati davanti al teatro dove era stato anche allestito il palco dal quale il Federale dell'epoca avrebbe dovuto tenere fremente concione , grondante patriottismo e fedeltà imperitura al Duce , oltre che testimoniare il giusto riconoscimento di Bari fascista per l'impresa realizzata dai giovani goliardi baresi . Impettiti , in posizione di present' arm , cercavamo di percepire le parole profferite dal Federale che a noi arrivavano smorzate e distorte . Dopo alcuni minuti il mio compagno di classe Giacinto Festa , che mi stava a contatto di gomito , stanco di stare in quellq scomoda posizione decise di mettere il moschetto a pied'arm per fumarsi una sigaretta e così fece . Sbirciatolo gli dissi : << dopo di voi >> che nel nostro gergo significava che fumata mezza sigaretta me la doveva passare . Ho omesso di riferire che da un paio di anni avevo preso a tirare qualche boccata di sigaretta , di solito le Macedonia , che erano meno forti , naturalmente senza che mia madre sapesse niente . Spesso una sigaretta ce la passavamo in sei / sette ragazzi e l'ultimo esauriva la cicca tenendola con uno spillo per non bruciarsi le dita . Giacinto , dunque , fumatasi la sua mezza sigaretta me la passò e riprese la posizione di presentat'arm mentre io mi misi il moschetto tra le gambe e mi apprestai a godermi la mia parte di fumo . Non avevo tirato che un paio di boccate che un ufficiale della milizia che da lontano doveva aver visto gli sbuffi di fumo del mio amico Festa , avvicinandosi senza dar nell'occhio mi toccò la spalla e, senza gridare , mi chiese generalità e classe , mi squadrò come se fossi il peggior relitto umano , mi invitò a riprendere la posizione e se ne andò . Mentre Festa ridacchiava io cominciai a pensare alle conseguenze del mio comportamento , tanto in famiglia che a scuola , e le previsioni non lasciavano sperare niente di buono . Infatti nei primi giorni della settimana successiva fui convocato dal Preside - credo si chiamasse Longo - che , guardandomi in tralice e agitando un foglio che aveva appena letto , mi riferì che il Federale in persona gli segnalava il mio inqualificabile comportamento durante una manifestazione tesa ad esaltare la forza e l'entusiasmo dei giovani fascisti che avevano compiuto una impresa eroica sul piano dell'amore per la Patria e per il Duce quanto sul piano fisico atletico con particolare riferimento alla forza e alla resistenza . " Il Federale - mi comunica il Preside - mi riferisce che sei stato sorpreso con il moschetto fra le gambe mentre fumavi beatamente una sigsrette strafregandotene dell'esaltante contesto nel quale ti trovavi e denotando palese disfattismo e antifascismo . Sollecita una esemplare punizione che a suo modo di vedere deve prevedere l'espulsione da tutte le scuole del Regno; aspetta tempestiva informativa sulle mie decisioni ". Mi prese uno scoramento infinito , soprattutto pensando a quel che avrebbero detto e fatto i miei genitori , in particolare mio padre che stava per rientrare dall'Africa Orientale . Mi addolorava anche il giudizio del Federale in relazione al mio acclarato , secondo lui , antifascismo , dato che essendo nato e cresciuto oltremare , a Tripoli , ero stato educato ad amare appassionatamente tanto la Patria quanto il Duce ed ero un convinto fascista . In quel primo scorcio di anno scolastico mi ero segnalato all'attenzione dell'insegnante di lettere per il mio impegno nelle sue materie . Il mio professore si chiamava Pesce ed era cieco dalla nascita . Veniva a scuola accompagnato dal padre . Era molto bravo e amato da tutti noi e nessuno si permetteva di usare con lui quelle furbizie e sotterfugi caratteristici della vita scolastica . Egli aveva preso a stimarmi per le mie prestazioni in italiano e storia , difatti mi chiamava lo storico . Quando apprese il guaio che mi era capitato e delle conseguenze cui andavo incontro si rabbuiò parecchio e mi disse di non disperare . Si riunì il collegio di tutti gli insegnanti dell'istituto e alla fine della riunione , grazie alla appassionata difesa del prof. Pesce me la cavai con una sospensione di un mese e con sei in condotta alla fine del primo trimestre . Quell'anno scolastico lo conclusi con la media del sette e con otto in condotta . Il Federale , informato dell'esito del dibattito e della sentenza , mi convocò nei suoi uffici . Mi presentai con largo anticipo rispetto all'ora indicata ed attesi con pazienza di essere chiamato . Mi fece attendere per quasi due ore e poi mi fece chiamare . Fui introdotto alla sua presenza , feci un bel saluto romano e mi misi nella posizione di " attenti " , impalato come un salame e con il sudore che mi scorreva lungo la schiena . Il Federale non mi degnò di uno sguardo e continuò a firmare la corrispondenza che gli era stata portata per la firma . Quindi sollevò lo sguardo pieno di livore e disprezzo , si alzò si avvicinò e con rabbia gridò :<< vai fuori !, non farti più vedere , ragazzi come te Mussolini non ne vuole !>>. In famiglia , prima mia madre col bastone che usava per stendere la pasta per le tagliatelle e pio mio padre , che era rientrato dall'Abissinia per un periodo di vacanza , mi lisciarono il pelo nei due versi , contestandomi il fatto di aver preso a fumare . Così finì la triste istoria del mio martirio politico .      

Novembre 2007 Tommaso

Nel giardinetto di via Papa Pio XII , di fronte al Sanatorio , vi era un albero di GARRUBO , con relativi frutti  Sembrava una quercia , tanto era grande . Era il nostro rifugio quotidiano . Sembravamo tante scimmie , salivamo e scendevamo con facilità e facevamo capriole da acrobati da circo . I nostri genitori erano preoccupati , perchè dicevano fosse pericoloso . Eravamo così bravi e agili che non ricordo mai nessuno si fosse fatto male . Ricordo altresì la festa di San Nicola . Il Santo in processione entrava nel sanatorio per dare un pò di gioia ed alleviare il dolore dei numerosissimi ammalati . E noi ragazzi dove eravamo? Appollaiati sul nostro " GARRUBO " come tante scimmie ad osservare la processione . Per noi era la " tribuna d'onore " ad uno stadio.  Gli anni inesorabili passavano , partii militare nel 1968 e quando tornai congedato il " mio " il " nostro " GARRUBO , non c'era più . Una lacrima mi scappò , ero molto triste ed arrabbiato , non potetti fare nulla per bloccare l'avanzare della distruzione dei miei luoghi d'infanzia e dell'abbattimento di centinaia e centinaia di alberi , compreso il mio stupendo , immenso e indimenticabile GARRUBO !   

Novembre 2007 -  Piero

Fra poco entrerò in scena,il mio cuore batte all'impazzata, il mio stomaco è
un pugno.
Ecco, suona la campanella che annuncia l'apertura del sipario e quindi
subito dopo io entrerò in scena, il panico mi assale, sono sicura che quando
sarò sul palcoscenico la mia voce non uscirà, l'amnesia sarà totale. Tutto
intorno a me è ovattato, la mia emozione è così tanta che il mio respiro è
sempre più corto.
Ecco sento la battuta e io entro e parlo, l'emozione è sparita ed è tutto così
strano, sento le risate e gli applausi ed io sono felice di essere qui, mi sento
sicura, certo non è andato tutto bene ma io mi sono divertita e credo anche
il pubblico. E' stata la mia prima esperienza teatrale. 

Maggio - 2007 - ANNAMARIA

Fra le tante stampe ritagliate da giornali e sparse sulla scrivania, la Prof. Mariella, ci ha chiesto di sceglierne una o due per poi commentarle o trarre da esse considerazioni, pensieri, o ancora, andare a ritroso nel tempo fra rimembranze varie.
Ne avrei scelte due ma una signora mi ha preceduto per cui mi sono soffermato su quella  che avevo fra le mani: una piccola fotografia che illustrava un paesaggio marino. Una insenatura con mare calmo, scogli in primo piano, case basse lungo tutta la costa; una torre semi diroccata, forse resti di un antico castello e sullo sfondo, molto lontani e semi avvolti dalla foschia si intravedevano i profili di due monti di altezze diverse.
Soffermandomi e vagando nei miei ricordi, prevalentemente divertenti e buffi, mi sono ricordato di quando, preso dalla passione della fotografia, cedetti dinanzi all'affettuosa imposizione da parte di una giovane coppia di amici perchè effettuassi il servizio fotografico per il loro matrimonio.
Il giorno fatidico giunse con un cielo piuttosto grigio e una insistente pioggerella. Questo - dissero - porta fortuna !! Mi ricordo che quando gli sposi - entrambi alti - uscirono dalla chiesa pioveva a dirotto. Appena fuori, lui aprì l'ombrello, lei si strinse a lui e quasi di corsa scesero gli scalini per entrare subito in macchina. Scattai rapidamente: ne risultò una insolita, ma romantica fotografia.
All'interno della sala i due furono accolti da un fragoroso battimani. Seguì la rituale serie di fotografie; con testimoni, con i genitori, per i tavoli. I camerieri presero a servire. Seguirono diverse portate inframmezzate da brindisi improvvisati in onore degli sposi.
Venne il momento delle foto di gruppo. Ve ne era uno molto numeroso che richiese tempo per essere disposto in posa, evitare cioè braccia penzoloni, correggere la posizione frontale con quella cosiddetta " a ¾ ",  spostare persone non proprio alte in avanti fare assumere infine una espressione non seria ma "da festa" .
Prima di scattare mi accorsi però che il padre della sposa, vestito di scuro, impettito e con accanto la moglie, aveva i pantaloni parzialmente sbottonati con tanto di camicia che fuorusciva. Mi avvicinai con la scusa di accomodargli il bavero della giacca  gli sussurrai sottovoce: " Guardi che ha la farmacia aperta ". Allontanandomi udii la moglie che gli chiese: Cia ddit ??
E lui: C ssac.........Vol sapè na farmacì apert !!!........a chessor ?!?!
La moglie, conoscendo quanto distratto fosse il marito, sbirciò le parti basse del coniuge e con una occhiata che sembrava fulminarlo ringhiò: NNANZ !
Si spensero così le luci e inesorabilmente, ancora una volta, calò il sipario su quel palcoscenico ove quello che un tempo fu applaudito protagonista si ritrovava ora rassegnato e declassato al ruolo di modesto e semplice........operatore ecologico.

Maggio 2007 -  PASQUALE

 

Il mio nome è Lia Serravalle -
 e questa è la mia storia.
- Il 2 Agosto 1980 : consegnata alla memoria
- alla stazione di Bologna -
 una esplosione, una fiammata: 85 i morti
- fra questi le mie due figlie
-
Patrizia Sonia e mia sorella Silvana -
Che aspettava un bambino -
Che nel suo grembo sognava -

La stazione, fino a quel maledetto giorno, -
era il luogo vivo della partenza e dell'arrivo -
dell'andare e del ritorno -
delle speranze ...ciao !!! Arrivederci...dell'abbraccio...
 - oggi dico stazione e porto qui dentro la distruzione -

e penso all'unica stazione, quella del dolore, - della via Crucis, dietro nostro Signore -

Da quel momento -
Vorrei dimenticare. -
Non faccio che ricordare. -
...e questo è il mio -
Bisogno di dimenticare -
E paura di impossibile oblio. -

( Rcordare... ) -

Patrizia mia figlia solo pochi giorni prima - piglia la maturità. -
Quell'anno all'esame di italiano -
Sceglie la traccia numero uno -
Sul terrorismo. -
Chiusi gli anni settanta, con la morte di Moro. -
I terribili anni di piombo -
Anche il terrorismo si può piombare. -
I giovani a scuola ne possono parlare -
Scrivere sui banchi di scuola -
"la banalità del male". - Così mia figlia - con questa riflessione - chude la scuola - e...la sua breve stagione... -

Solo ieri il I° agosto: una sera di festa -
La partenza attesa e gioiosa per la vacanza. -
Eravamo una grande famiglia -
Io, mio marito - Patrizia e Sonia -
Franco il ragazzo di Patrizia - Mia sorella, il marito -
E le loro due bambine -
Mio padre e mia madre -
E la madre di mio marito. -
Alla partenza tutti insieme -
Una grande unita famiglia -
Come si usa qui da noi in Puglia -
Una tribù...poi...più. -


Sera di agosto.....ultima festa. -


E poi...ricordo... -
Tanti, troppi i morti -
Li vedo tutti lì nel reparto allineati -
Quanti giovani bellissimi -
La morte non riesce a sfigurare -
Ma solo a fissare in modo innaturale -
La loro govane bellezza. -
Patrizia...non c'è -
Ma sì...è l'ultima -
Lì allineata....con i vestiti bruciati. -
Che belli i suoi capelli -
E le labbra dischuise -
Come nella sillaba - Prima e ultima...ma... -
In ospedale la piccola Sonia -
L'emorragia interna -
La porta via - per sempre -

1980...2007: ventisette anni -
Disseminati di inganni -
La verità frantumata -
La giustizia smarrita -
A voi giovani il compito -
Di custodire la memoria -
E di consegnarla alla luce della storia. - 

Maggio 2007 - M.C.

Gli allievi un po' grandicelli del corso di " SCRITTURA CREATIVA " dell'Università " Eurolevante " di Bari ringraziano di cuore la docente Mariella Castoro per l'alta professionalità e l'umana disponibilità costantemente mostrate.

Un grazie sentito anche a tutto lo staff presidenziale

Un acrostico per Mara: Meravigliosa - Attenta - Risoluta - Amica 

Via Terranova a Tripoli nei primi anni trenta del secolo scorso.
Case nuove a due, tre piani,affacciate su una strada in terra battuta, polverosa.
Polvere e sabbia a piacimento, specie quando soffiava il " ghibli ". E caldo.
Quella via mi rimanda il canto dei ricamatori arabi che avevano il laboratorio di fronte al mio portone. Canto come nenia, che a furia di sentire avevo imparato e che su richiesta divertita degli artigiani cantavo facendoli sbellicare dalle risa. E non perchè fossi stonato. Solo qualche anno dopo riuscii a scoprire che si trattava di una canzone erotica e lasciva, che un uomo innamorato dedica alla donna dei suoi sogni. L'aspetto esilarante per loro era rappresentato dalla declamazione di termini non castigati da parte di un ragazzino italiano, di dieci anni, ignaro del significato di quel che andava cantando. La nenia è intitolata: " Tirilliri ia menna ".
La mia strada era palestra e luogo di scontro con i coetanei arabi con i quali ci scambiavamo pietrate, spesso avendo la peggio in quanto erano più abili e precisi di noi nei lanci. Vedi l'intifada in Palestina. Le ferite erano frequenti con l'aggiunta dei rimbrotti e delle ripassate da parte di mia madre. Mio padre, fotografo, lontano, a dorso di mehari, seguiva la colonna Graziani che perfezionava la conquista della Libia con il suo immenso deserto.
Fra noi si giocava spesso allo " scarnello ". Rimpatriando in puglia notai che lo stesso gioco si faceva anche a Bari e si chiamava " Mazza e pizzo " . Mentre noi a Tripoli utilizzavamoil manico di una scopa dismessa ricavandone una mazza di una quarantina di centimetri e lo scarnello di quindici, appuntito agli estremi, qui si usava una mazza piatta e uno scarnello simile. Il gioco consisteva nel lanciare lontano lo scarnello, colpendolo con la mazza, che dal giocatore avversario veniva rinviato al mittente che doveva colpirlo al volo e poi, picchiando su una delle punte e facendolo così rimbalzare, lo colpiva ancora inviandolo il più lontano possibile dalla posizione di battuta.
Gioco interessante che richiedeva abilità manuale ed occhio. Si  registrava spesso la rottura di qualche vetro e il contemporaneo fuggi fuggi dei giocatori.
Altro gioco : arco d frecce fabbricati con le stecche  di vecchi ombrelli. Altro ricordo indelebile di via Terranova che mi vede come arciere intimare ad un compagno abitante nello stesso palazzo, Ennio Ronge, di non muoversi, perchè, diversamente, l'avrei colpito con la freccia. Ennio irridendomi si mosse ed io gli infilai per tre centimetri buoni la stecca appuntita di ombrello nel polpaccio destro. Strilli,  pianti, scuse, rimbrotti e busse. Le budde hanno scandito la mia prima infanzia e adolescenza.
Ripassate benedette e sempre meritate.
Credo che il tempo trascorso  nella  polvere di quella strada abbia contribuito allo sviluppo della persona che sono, passata di esperienza in esperienza, facendo affidamento  prevalentemente sulle proprie forze, fino all'attuale condizione, tutto sommato per me apprezzabile.

TOMMASO 

Il bagno luogo privato per eccellenza.
Luogo di cura del proprio corpo, dove la mattina ci entri  stanca, brutta e maleodorante e ci esci  rigenerata bella e profumata.
Luogo quasi miracoloso.
Luogo di odori belli e ... poco belli, che convivono si confondono si intrecciano e scompaiono.
Il bagno luogo privato eppure il più visatato.
Il bagno diventa una cosa seria se ad entrarci si è in due.
Vuol dire che qualcuno ci ha chiesto aiuto o che lo abbiamo fatto noi.
Vuol dire che dobbiamo condividere i momenti di intimità, quelli che riguardano la cura del proprio corpo con un'altra persona.
Sono momenti di grande generosità, di amore, dedizione, affetto, discrezione che doniamo o chiediamo a chi ci è più vicino.

A.C.

Treni sfreccianti o in sosta e pronti per una nuova corsa, locomotive
ansimanti in stanche manovre, viaggiatori impacciati con bagagli
ingombranti, ferrovieri impegnati nello svolgimento delle proprie
mansioni, gente comune che semplicemente passeggia sui marciapiedi o
siede, immersa in un'amabile inerzia, sulle panchine.
E' lo scenario abituale della stazione, a ridosso della quale abito,
un'animazione varia e colorata che spesso sprona il mio umore e
ravviva i ricordi. Ecco, il lentissimo treno del tempo mi riporta
all'infanzia, quando mia sorella ed io, ad anni alterni, seguivamo la
nonna, che viveva con noi, nella sua estate molisana. La stazione
rappresentava l'avvio e la conclusione di un'avventura tanto attesa.
Un avvio, nella luce piena e avvolgente di giugno, fatto di
preparativi di valigie, borse e pacchetti, di mille progetti
personali, di caldi abbracci e pensieri affettuosi di saluto.
Una conclusione, nella luminosità settembrina ancora ancora intensa ma
più dolce e composta, fatta di carezze premurose e festose, di piccoli
e grandi regali, di una fittissima voglia di raccontare e sapere, ma
anche di riflessioni e propositi un po' più responsabili e
malinconici:un nuovo anno scolastico stava per inziare con i suoi
doveri e le sue promesse.

Marilena- aprile 2007

Il dolce ricordo della cucina della mia infanzia, in questo momento è così vivo,che mi emoziona. Io sono cresciuta con i nonni insieme al mio fratellino più piccolo perchè la mia mamma era morta, io non avevo ancora tre anni e mio fratello solo quattordici mesi, e il mio papà quindi era tornato con i suoi genitori, portandoci con sè.
La casa dei nonni era grande e la stanza che più mi piaceva era la cucina. Era una grande camera, il piano cottura prendeva una parete intera, era fatta tutta di mattonelle bianche con piccoli disegni rossi e blu, c'erno tre fornelli e una grande caldaia, che mi faceva paura quando la nonna la tirava su, perchè era tutta nera, però aveva il bordo e il coperchio di ottone che la nonna teneva sempre lucidi(lei era una donna veramente maniaca della pulizia).
Ricordo che la mattina presto era un rito, lei metteva legna, sotto la caldaia, attraverso uno sportellino di ferro battuto e l'accendeva e poi bisognava sventolare con un ventaglio per un bel pò e quello era un compito mio, io mi divertivo a vedere il fuoco che si ravvivava, la caldaia era piena di acqua,che calda sarebbe servita per tante cose, anche per fare il bagnetto a me e  mio fratello (dovevamo farlo tutti i pomeriggi sul tardi).
La stessa cosa faceva per i tre fornelli e ricordo uno strunento che la nonna usava per tostare l'orzo che aveva una manovella che io volevo girare ma ero troppo piccola e lei non me lo permetteva. A metà della parete più lunga, c'era un arco nel muro in cui era stata inserita la dispensa nella parte superiore, sotto invece era vuota e in quello spazio io e mio fratello mettevamo i nostri giocattoli creati da noi con la nostra fantasia e che la nonna assolutamente non voleva vedere in giro. La parete di fronte aveva una grande finestra che si affacciava sul nostro terrazzino dove c'erano galline e un gallo, nonna ogni mattina li puliva, preparava il pastone per loro e prendeva le uova e poi ci preparava lo zabaione e degli ottimi biscotti. All'angolo c'era una grande tinozza dove si faceva il bucato e anche quello era un rito, ricordo ancora nitidamente il profumo ( che nessun detersivo uguaglierà ) che si sprigionava quando nonna versava l'acqua bollente della caldaia sulla roba lavata su cui era stato messo un grande panno bianco con la cenere che lei prendeva da sotto la caldaia e le foglie d'alloro.Stupendo !!!.

Annamaria V. - aprile 2007

Dov'è quella bambina di cui sento ancora risuonare i clap clap degli zoccoletti nel marciapiede della strada? Un rumore vivace reso ancora più nitido nel silenzio irreale della controra estiva. E mi vedo correre a perdifiato per le altre strade del quartiere con tutte le compagne e giocare a nascondino, alle cinque pietre, la campana. Non mi stancavo mai, d'estate, d'inverno, sempre all'aria libera con la mantellina di gomma, se pioveva, gonna e camicetta nella bella stagione.
Ma il gioco che più mi esaltava era quello di scuotere con violenza i battenti di bronzo dei portoni chiusi e aspettare nascosti per vedere gli inquilini inveire contro i ragazzacci. Ricordo che la mia povera mamma doveva subire gli acidi rimproveri della mia madrina: "Non sta bene che una bambina ammodo viva sempre per strada".
Ma chi poteva togliermi il sole, il cielo, il vento, l'aria aperta; la strada era la mia vera casa.
L'unico obbligo era quello di rientrare la sera, almeno al rintocco della campana della chiesa vicina, che segnava la fine della funzione serale e mi rassegnavo a chiudermi tra le pareti domestiche.

Anna P. - aprile 2007

L'io, il nostro DNA, che ormai tutti noi conosciamo,almeno per sentito dire in questi ultimi tempi, sembra essere modellato fortemente dall'habitat dove ciascuno di noi muove i primi passi.

Questo luogo per alcuni sarà ststo lo studio notarile o medico del preprio papà, per altri una biblioteca o un mercato, per altri ancora, un laboratorio meccanico o di falegnameria, per me è stato " fòre ".

Non il foro,  il luogo dove l'autorità giudiziaria esercita la propria autorità, anche se ho conseguito la laurea in giurisprudenza, ma " fòre " intendo come campagna in senso lato,  un podere di nome " PEZZA PETROSA ",  detta così perchè ricoperta di pietre antiche.
Ed ecco un episodio,  che ha plasmato,  la mia persona al gusto per l'archeologia.
Luogo: Pezza Petrosa in agro di Villa Castelli (Brindisi).
Protagonisti: Pierino,  Euprepio e Don Ciro.
Ancora ragazzino, avevo otto anni, mentre aiutavo, come meglio potevo, mio padre nei suoi lavori,notai in fondo al podere un uomo.

PIERINO: "Papà, vedi là in fondo, un uomo col paniere e con l'uncino sta rubando i fichi!!! "
EUPREPIO: (sorridendo) " Vai a vedere meglio! "
PIERINO: (piano piano si avvicina,  vede un uomo elegante,  di gentile aspetto,  con paglietta,  paniere e bastoncino che procede lentamente scrutando il terreno): " Ma questo non è un uomo di fore..."
DON CIRO: " Vieni qui, ragazzino, ti farò vedere qualcosa di bello, come ti chiami? "
PIERINO: " Pietro "
DON CIRO: " Pierino, devi sapere che fu un grande santo San Pietro, il capo degli apostoli e della Chiesa ".
(Pierino vede con la coda dell'occhio che il paniere non era pieno di fichi,ma di muzzòrini).
DON CIRO: " Vedi, questi non sono fichi..."
PIERINO: " Vedo ah! Come mai quelle pietre?! "
DON CIRO: " Vedi, queste non sono pietre, questi cocci hanno più di duemila anni di storia... Qui, devi sapere che tanto, tanto tempo fa esisteva una città ".
PIRINO: " Veramente!? Ma io non vedo niente, che città era?  Come si chiamava?  Era grande? "
DON CIRO : " Rudiae era il suo nome,  famosa per aver dato i natali a Quinto Ennio ".
PIERINO: " E chi era Quinto Ennio? "
DON CIRO: " Piano,piano Pierino... Per ora ti basti sapere che questa città sorse nel lontano neolitico, raggiunse il massimo splendore nel III sec.a.C. e fu distrutta nell'alto medioevo ".
PIERINO" E questo è tutto? "
DON CIRO " Oltre un secolo fa il territorio fu tutto bonificato. Vedi, tutte queste  casedde e questi paretoni furono costruiti con tutto ciò che rimase della distruzione. Vedi, oltre questo paretone sorgeva l'acropoli e il tempio dedicato a Vesta, protettrice della città. In questo paretone, poi, non so dove ma sicuramente sotto si trva una chiccia con dodici pulcini d'argento e qui, qui sotto i nostri piedi una manciate di delfini d'oro e d'avorio ".
PIERINO:" E perchè non li prendiamo? "
DON CIRO " Piano,occorre prima studiare, cercare e scavare e per fare questo occorre competenza, tempo e denaro. Andiamo da tuo padre" PIERINO" Papà, questo signore mi ha detto che nel nel nostro fondo ci sono pulcini e pesciolini d'oro, perchè non li prendiamo? "
EUPREPIO" Don Ciro non illudere troppo il mio ragazzino. Tu che leggi i giornali che si dice di nuovo? "
DON CIRO :" Caro Euprepio, le cose non vanno bene. E' proprio dell'altro giorno la notizia che le truppe naziste hanno invaso la Polonia e, la Gran Bretannia e la Francia hanno dichiarato guerra alla Germania ".
EUPREPIO :"  E l'Italia? "
DON CIRO :" L'Italia,almeno per adesso, si è proclamata non belligerante ".
EUPREPIO :" Sarà un guaio per quella povera gente... Noi qui stiamo al sicuro ".
DON CIRO :" Caro mio, oggi giorno non è più come una volta. Già abbiamo avuto la prime guerra mondiale, non vorrei che questa invasione fosse l'inizio di una seconda ".
EUPREPIO :" E a Roma che dicono? "
DON CIRO :" A proposito di Roma sai della riforma Bottai? "
EUPREPIO:" Riforma come? "
DON CIRO :" Bottai, il ministro dell'educazione nazionale, ha condotto a termine la sua riforma; sono state approvate due nuove leggi, la prima, la n.1089, del primo gigno scorso, che riguarda la tutela delle cose di interesse artistico e storico e sostituisce la legge del 1909. La seconda, la n.1497 del 29 giugno, sulla protezione delle bellezze naturali ".
EUPREPIO :" Fosse che fosse la volta buona! "
DON CIRO :" Pirino, da ora in poi, quando vieni in questo fondo, cerca di raccoglire quanti più cocci è possibile e stai attento, quando trovi 'na cape de morte, avvisami subito, Ora vieni con me a casa mia, ti farò un regalo ".
Fu il più bel regalo della mia vita, un libro, il cui titolo era " Preistoria di Rudiae Tarantina."  Ma la curiosità iniziò nel leggere il nome di Ciro Cafforio e più ancora nel vedere stampati i nomi di Villa Castelli e Grottaglie e i nomi di mio padre e di mia madre: Euprepio Scialpi...Maria D'Urso.  _ 

  Pietro S. - aprile 2007

Non avevo mai pensato di essere una donna forte e coraggiosa fino al giorno in cui,diversi anni fa,non provai un brivido tremendo.
Una cugina,da tempo residente a Roma,mi aveva proposto di passare un breve periodo con lei.Le scuole erano chiuse e per me erano iniziate le vacanze da insegnante;il suo lavoro invece doveva continuare a pieno ritmo e dunque le mie mattinate da turista romana sarebbero state gestite in totale libertà di interessi e di svago.Con l'aiuto di guide cartacee e con una discreta dose di fantasia costruivo ogni giorno dei percorsi con visite ai musei,ai monumenti,alle chiese,riservandomi però del tempo anche per lo shopping,visto che era in corso la stagione dei saldi.
Proprio durante una di queste passeggiate,mentre osservavo incantata in vetrina una maglia di cotone dai colori vivaci,il mio sguardo credette di percepire un'ombra scura sul lato destro della mia persona,laddove penzolava la borsa a tracolla con gli effetti personali e le chiavi di quella casa che mi stava ospitando.Ma è bastato un lieve movimento della testa perchè quell'ombra prendesse corpo.Erano infatti tre zingarelli dell'apparente età di 12 anni che,tendendo la mano,mi chiedevano degli spiccioli.Con estrema naturalezza dissi loro che non ne avevo,pensando così di convincerli ad allontanarsi.Ma ero in errore;infatti i tre di fronte a questo rifiuto,iniziarono ad accerchiarmi,correndomi intorno sempre più velocemente,chiudendomi in un vortice di terribile paura e di paralizzante smarrimento.
Dopo i primi secondi di annebbiamento emotivo e mentale,l'istinto provato di fronte a quell'improvviso pericolo si è tramutato inaspettatamente in un urlo sovrumano e agghiacciante che veniva fuori proprio dalla mia persona,piegata su se stessa,nell'atto di proteggere quella borsa tanto agognata.
Incredula della mia stessa reazione,del conseguente rapido accorrere dei passanti e dell'altrettanto rapido fuggire degli zingari,potei realizzare che con impulsività animalesca avevo salvato quelle chiavi,guadagnandomi ulteriori possibili giorni di vacanza.

Marilena - aprile 2007

Spiaggia mia cara, sei rimasta nel mio cuore con tutta la serenità, che a me hai saputo donare.
Ricordi? Sedevo sul tuo scoglio piatto e comodo; eri piccola, solitaria, ma tanto bella.
Ricordi? Aspettavo la tua onda, che dolcemente bagnava le mie gambe stanche e pesanti, l'onda tornava da me puntuale, conosceva forse i miei pensieri, or tranquilli, or inquieti e a me sollievo offriva; su di essa mi chinavo per accarezzarla.

Mariannina - aprile 2007
Come era bello per il tuo popolo, Signore
pregare sulle alture di Sion
una volta !
Come era bello pregare
tra gli alberi della pace della mia terra !
Oggi non più.
Oggi mi dicono che bello pregare:
ma come posso io pregare
che sono tanto infelice.....
Come posso parlare con Te
nelle condizioni in cui mi trovo...
Sono triste, sono indignato
a volte, sono disperato....
Avrei voglia di imprecare
piuttosto che di pregare
fino a quando, o Signore,
non mi lascerai
inghiottire la saliva !!!

Pietro - marzo 2007

Si potrebbe scrivere un romanzo su un abbraccio.
Ma ci limiteremo a mettere su carta quanto abbiamo succitamente detto sull'argomento durante l'incontro di martedì 27 febbraio, alla nostra docente,Mariella,sulle modalità di tempo e di luogo,nonchè sui protagonisti di cui,ovviamente,soltanto uno era noto.
Nel mio caso,andando con la memoria a ritroso nagli anni e precisando che in virtù di un carattere aperto e comunicativo mi sono trovato spesso nella condizione di abbracciare,essendone corrisposto,parenti e amici,con sincero trasporto,più intenso se l'incontro con la persona avveniva dopo un lungo distacco,mi sono commosso ricordando l'arrivo di Nina,la mia fidanzata e attuale moglie,alla stazione centrale di Napoli,nel giorno dell'Epifania del 1953.
La mia ragazza aveva raccontato ai genitori che andava a trascorrere due giorni a Taranto presso la famiglia del cugino e invece viaggiando di notte,via Potenza,mi raggiunse a Napoli in una fredda alba di gennaio.Fu il primo dei numerosi abbracci di quel giorno,molto lungo e intenso,come ho già detto frammisto di amore e passione.Il luogo degli arrivi e partenze dalle stazioni a quell'epoca consentiva che due innamorati si strigessero e baciassero appassionatamente ignari di quanto succedeva intorno,fra l'andirivieni di persone allo stesso tempo comprensive e divertite.Adesso com'è a tutti noto,poco ci manca che si faccia l'amore per strada!
Concludo dicendo che nel gennaio successivo,in una giornata fredda e piovosa,io e Nina suggellammo nella vecchia Chiesa di S.Croce a Bari il nostro amore che tuttora continua.

Tommaso - marzo 2007

 

Seduti su una panchina in un giardino di Otranto,io leccavo il mio gelatone al pistacchio ed Anna il suo al doppio gusto di mandorla e pistacchio.A mezzo metro  da noi un sole di burro fuso spandeva in tutta la sua potenza la calura meridiana della costellazione leonina.Ecco che quasi come in un miraggio avanza verso di noi una giovane signora tutta svolazzante.
Mi guarda,la guardo e,ci lanciamo l'una verso l'altra in un abbraccio caloroso e facilmente palpante data la quasi nudità estiva.
- Ciao Antonio,lo sai che quasi me l'aspettavo d'incontrarti.Quanto tempo è trascorso,come stai?
- Bene,ma anche tu mi sembri in splendida forma.
- Diavolo!Come mai qui? Hai deciso di villeggiare in questo posto meraviglioso?
- No,sono solo di passaggio. Ma,ti presento mia moglie.
- ( Mia moglie affettando disinvoltura) molto piacere Anna.
- Margherita.
- Sai Margherita,questo è un periodo che è giusto che ci lasciamo un po' andare; ma, per l'autunno senz'altro programmerò una riunione per riprendere le attività sospese.
- Ma di quali attività stai parlando?
- Beh! Sai bisogna un po' rivedere titti gli aspetti del contratto lasciati in sospeso. E poi qualcosa ai capi d'istituto bisogna concederlo, anche se non se lo meritano. Nell'ultima riunione sono stato troppo duro nei loro confronti.
- Ma,aspetta un po', dimmi, a noi cosa ce ne importa di queste cose? Sono affari nostri?
- Come sarebbe? cosa ce ne importa, sono affari nostri,abbiamo litigato per tre anni su questi problemi ed ora...
- Guarda io in questi tre anni, tranne che litigare con mio marito, non ho litigato proprio con nessuno.
- Ma tu in quale scuola presti servizio?
- In quale scuola presto servizio? Io lavoro al comune.
- Santo cielo! Com'è potuto accadere?
- Margherita, Antonio, Anna e, giù a ridere. Diamoci un altro abbraccio tanto non porta sfiga.Anzi!!!!!!!!!!!!

 Antonio - marzo 2007  

 

Quando l'amico Pietro mi telefonò per chiedermi se ero disposto a fare un salto con lui in un posto nelle vicinanze di Bari, convinto si trattasse di un sito archeologico, accettai volentieri. Si trattava invece di un cimitero, quello cosiddetto "degli inglesi".Ne avevo sentito parlare ma non vi ero mai stato.
Prima di Valenzano una stradina a sinistra porta appunto a quel luogo. Un piccolo cimitero di guerra. Il cancelletto era aperto, entrammo.
All'ingresso alcune iscrizioni indicavano, sia pure sommariamente, circostanze, luoghi e date cui i caduti colà giacenti si riferivano.
La giornata piuttosto grigia e fredda fungeva da cornice a quella particolare visita.Non c'era nessuno, solo una persona in lontananza, forse il custode, intenta a sistemare parte di un muretto.
Da lontano tante macchie bianche su un prato verde. Erano le lapidi. Tutte candide, piccole, allineate nella loro semplicità, con accanto, per ognuna di esse, una piantina di rose rosse.
Il silenzio, la pace di quel luogo mi portò vicino, sia pure col pensiero,a quei parenti, fratelli, figli e forse a qualche genitore che ancora affrontano i disagi del viaggio per venire a porre, sia pure una volta l'anno, un fiore sulla tomba del loro caro.
Osservavo le lapidi. Nome, cognome, grado, appartenenza, età, religione e su alcune un pensiero,......quale ultimo commiato,..... una ultima carezza.
Mi venne da toccare ognuna di quelle lapidi come a voler stringere loro la mano.
Per alcune di esse provai una stretta al cuore e con la vista quasi annebbiata pensai soprattutto a quei ragazzi, sui quali i genitori avevano riposto progetti, speranze, sogni. Per loro quante cure, premure, sacrifici, rinunce.Poi, all'improvviso, tutto finito.
Tutto stroncato, spezzato, infranto dalla follia umana.
Di loro non rimangono che ricordi, fotografie, che il tempo, inesorabilmente, porta a sbiadire. Che rabbia, che tristezza!
Come ripagare questo loro sacrificio? Impossibile !!!
All'uscita, ancora commosso, mi limitai a salutar loro, su un apposito registro, con un grazie di cuore e un grande, immenso, sentito....ABBRACCIO

Pasquale - marzo 2007

Abbraccio per mia madre inferma.
Abbraccio per mia madre novantaseienne.
Abbraccio non piu' pieno e avvolgente per un corpo esile e piegato su se stesso.
Abbraccio deludente, povero.
Abbraccio, che raccoglie con delicatezza e dolcezza mia madre, ugualmente bella, cara, dolce, importante per la mia
Esistenza.

Mariannina - marzo 2007